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Che afa fa

di Pietro Cambi - 30/05/2009

Fonte: crisis.blogosfere

ximeniano

DI PIETRO CAMBI
crisis.blogosfere.it

Non importa dove abitate, in Italia.

Nei giorni passati, se avete messo il naso fuori casa, avete boccheggiato.

L'ondata di caldo anomala, peraltro i fase di rientro, ha fatto notizia, con l'immmancabile consiglio a bere molto, evitare le ore più assolate etc etc, su tutti i media.

Al solito, però, ci si è dimenticati di inquadrare queste giornate di afa nella giusta prospettiva, a parte l'immancabile breve intervista al Professor Maracchi, con cui peraltro ho pure collaborato, uno zilione di anni fa.

Almeno a Firenze, per quel che ho potuto vedere, non hanno precedenti negli annali climatologici locali.



Ad esempio si potrebbe dare una occhiata ai dati dell'osservatorio Ximeniano, che ha la centralina a forse 200 metri da casa mia, in pratica dall'altra parte del Duomo ( e sopra il tetto del mio Liceo, ai tempi circolava una leggenda su un pallonetto piuttosto potente che si raccontava avesse danneggiato un sensore provocandole le vibrate proteste del Padre-direttore in persona con la nostra preside).

La temperatura massima che mediamente ci sarebbe stato da attenderci in città è di circa 24 gradi.

Il 25 Maggio, la temperatura ha raggiunto invece i 34.7, una temperatura più alta delle medie di Luglio, senza precedenti negli annali. Ciascuno di voi si può divertire a verificare l'anomalia locale delle temperature di questi giorni, baloccandosi con i dati storici e attuali della stazione più vicina a dove risiede a partire da questo sito.

Ovviamente il clima è mutevole, una rondine non fa Primavera, vi sono naturali escursioni, nell'artico la banchisa è tornata ai bei vecchi tempi...

Certo.

Potrà interessarvi, però che il record precedente, di circa un grado più basso, è del 2007.

Il grafico che illustra questo post è invece ricavato dai dati trentennali della stazione di Firenze Peretola.

Niente che abbia una enorme valenza stastica, intendiamoci, ma qualche cosa vi si intravede.

Certo, potrebbe essere un caso, ma "anche no" come ormai si usa dire.

Dubbi, sul fatto che NON sia un caso, personalmente non ne ho, come non ho dubbi sul fatto che, di fronte all'evidenza di un sempre più violento e catastrofico riscaldamento globale si negherà fino all'inverosimile, cercando poi, di fronte all'evidenza, di convincere che in fondo è una buona, anzi ottima cosa.

Se si scioglierà l'intera banchisa polare, potrebbe succedere entro venti anni, con conseguenze ancora largamente imprevedibili,  diranno che è una ottima cosa, dato che le portacontainer potranno finalmente percorree la rotta diretta Tokyo-Rotterdam, senza passare fare il giro intorno all'Africa, la Siberia diventerà coltivabile e si libereranno enormi quantità del pregevolissimo metano intrappolato nel permafrost, sotto le tundre artiche.

Se l'Italia diventerà una arida steppa diranno che anche questo è ottimo, visto che diminuiranno le spese di riscaldamento e l'esposizione ai ricatti sulle forniture di metano dei russi.

Se i ghiacciai alpini scompariranno, lasciando a secco fiumi e impianti idroelettrici, beh questo diventerà un incentivo alla costruzione di centrali nucleari e alla cementificazione delle ormai inutili aree ex-irrigate e coltivate...

Tutto, tutto tutto verrà tentato, pur di non abbreviare l'inevitabile transizione ad una economia sotenibile, localizzata e energeticamente autosufficiente.

Perchè?

Ma perchè ormai TUTTO e mercato e il "locale" non esiste più.

TUTTO è mercato e TUTTO si lega.

Male, purtroppo, in un disgustoso nodo gordiano dove, nell'inseguimento del tornaconto multinazionale e privato si perde di vista il banale punto che le rogne toccheranno a NOI, non ai nostri figli e, soprattutto, che i disoccupati non consumano e senza consumatori il consumismo è morto.

Nel frattempo il malcostume, da conato, domina.

In attesa di ricominciare a scavare alla ricerca di petrolio, c'e' chi, toccato il fondo, riesce a trovare un nuovo livello di cattivo gusto alquanto promettente, dal punto di vista commercial/mediatico.

Vedere (se non l'avete già visto)  per credere.