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L’attacco all’Italia

di F. D’Attanasio - 30/05/2009

 

Anche oggi, Venerdì 15 maggio, sul quotidiano Libero c’è un interessante articolo a firma di Fausto Carioti avente per oggetto l’attacco al premier Berlusconi, che in realtà sappiamo provenire da più parti, sia internamente e sia da poteri extra nazionali. Carioti, in detto articolo si sofferma in particolare sul secondo aspetto, iniziando nel mettere in evidenza come anche Lucia Annunziata, sulle pagine della Stampa, ieri abbia parlato del possibile “complotto Bilderberg” : «un club dei potenti della terra che si riunisce ogni anno sotto la guida spirituale di Henry Kissinger e traccia l’indirizzo che dovrà prendere il mondo nei dodici mesi seguenti. Inutile dire che l’impronta del circolo è spiccatamente anglosassone». Appunto anglosassone, un aspetto fondamentale questo, che mai, almeno per quel che mi è capitato di leggere a proposito (in verità molto poco, dato che i canali ufficiali e più accreditati dell’informazione si guardano bene dal parlarne) è stato seriamente preso in considerazione con tutte le logiche conseguenze che ne possono discendere. Difatti la riunione del Bilderberg, non è la riunione strettamente segreta del potere mondiale oramai “globalizzato” (secondo appunto le interpretazioni più in voga, un’autentica sciocchezza che sembra ancora resistere nonostante il mondo appunto si stia incamminando secondo direttrici del tutto diverse), ma il vertice del potere a guida americana, il cui fine non è decidere le sorti dell’intero pianeta, ma più realisticamente, le contromisure più generali e complessive da adottare per rintuzzare gli attacchi che i nuovi poli in ascesa sullo scacchiere del potere internazionale in maniera sempre più convinta intendono portare avanti. «E visto che il governo italiano è visto a Washington come la testa di ponte mediterranea della Russia di Vladimir Putin e Dmitry Medvedev, la quale oggi è ai ferri corti con gli Stati Uniti tanto quanto lo era ai tempi di George W. Bush, la voglia di tirare le somme e dire che per la Casa Bianca (e per il “circolo Bilderberg”) Berlusconi è un ostacolo da rimuovere è forte.» Carioti, proseguendo la lettura del suo articolo, dice una cosa del tutto condivisibile, vale a dire ciò che sta creando problemi agli Stati Uniti non è la Fiat, come qualcuno potrebbe pensare, ma la politica estera ed energetica italiana. Difatti, come abbiamo messo in evidenza su questo blog, soprattutto con gli scritti di La Grassa, viene da pensare che l’amministrazione americana, in queste ore, stia facendo di tutto per appoggiare la Fiat nella sua corsa all’acquisizione di Opel; quale migliore alleato-subalterno potrebbero aspirare di avere gli USA in questa fase? Il successo della Fiat sarebbe per gli USA una garanzia notevole, significherebbe poter contare su di un gruppo del tutto affidabile, in grado di costituire un’autentica zavorra – non solo per l’Italia ma anche per la Germania, e di conseguenza per l’intera UE – in grado cioè di attrarre in proprio favore il grosso delle risorse, non solo finanziarie, ma anche e soprattutto politiche, penalizzando così i settori industriali più moderni che costituiscono il futuro dello sviluppo dei paesi maggiormente industrializzati, ma soprattutto condizionando le linee politiche di questi paesi, in maniera da non costituire un intralcio per il mantenimento ed il rafforzamento delle quote di potere internazionale in mano ai “padroni” d’oltre Atlantico.

Carioti, ancora una volta, ribadisce l’importanza e quindi la preoccupazione per l’amministrazione americana, che costituisce il recente accordo fra Eni e Gazprom; in base a tale accordo la portata del gasdotto South Stream sarà aumentato da 31 miliardi di metri cubi l’anno a 63 miliardi, quanto basta, in teoria, per fornire all’Italia i quattro quinti del suo fabbisogno di metano. L’enorme infrastruttura minaccia seriamente di uccidere il gasdotto rivale, ancore in fase di progettazione, Nabucco, fortemente voluto e sponsorizzato proprio dagli USA, ma in chiave del tutto anti-russa; difatti farebbe arrivare in Europa il gas di Turkmenistan, Kazakistan e paesi vicini attraverso l’Ucraina, scavalcando la Russia stessa, e ciò porterebbe ad un significativo ridimensionamento del peso politico di quest’ultima sull’intera Europa. «L’Unione europea (e gli Stati Uniti) avrebbero preferito invece mantenere in gioco l’Ucraina. [come si potrebbe altrimenti spiegare la rivoluzione “colorata” in questo paese? nota mia] A Marzo, proprio per questo motivo, la UE aveva siglato un’intesa con il governo di Kiev per ammodernare i gasdotti ucraini. “Una perdita di tempo e di mezzi finanziari” aveva commentato Scaroni, perché quell’intesa escludeva “chi il gas lo produce, cioè la Russia”. Insomma, le certezze sono che il patto tra Roma e Mosca è davvero d’acciaio, e che l’intesa non è solo economica, ma – per ammissione dei protagonisti – politica.» Carioti conclude dicendo, in maniera del tutto condivisibile, che chiaramente gli Stati Uniti non staranno a guardare, reagiranno, anche se non possiamo assolutamente sapere fino a che punto vogliano e possano spingersi; però un fatto è certo, non possiamo essere così ingenui nel pensare che, giacché adesso comanda un afroamericano democratico, certi “atteggiamenti” ed “abitudini” della classe dominante americana stiano cambiando.       

E per concludere, è bene che io faccia una precisazione, a scanso di equivoci: Libero, nonostante queste “fiammate”, rimane quel che è, fondamentalmente filo americano e filo israeliano, convintamente anti-arabo, su posizioni, per intenderci,  quasi del tutto coincidenti con quelle di una Fallaci; se dà spazio ad articoli del genere non lo fa per spirito patriottico o nazionalistico, ma perché deve difendere questo governo ed in maniera particolare Berlusconi; se quest’ultimo si fosse attestato, in politica internazionale, su ben altre posizioni, sono convinto che Libero l’avrebbe seguito con la stessa tenacia e convinzione di oggi.