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L'America e i bambini

di Marco Della Luna - 06/06/2009

I miei genitori, i miei nonni, altri parenti e conoscenti che avevano vissuto la Seconda Guerra Mondiale, mi narravano di gesti generosi e premurosi dei G.I. americani verso la popolazione civile italiana – donare cibarie, dolciumi, vestiario, sigarette.

Mi riferivano però anche che, prima dell’arrivo degli Alleati, gli aerei americani lanciavano sui campi delle nostre zone padano-venete piccole mine antiuomo per mutilare od uccidere i contadini, nonché giocattoli, matite e penne esplosive per mutilare e accecare i bambini. Ricordo di aver giocato a lungo con pezzi di quelle mine, da piccolo.

Raccontavano anche che gli Americani avevano lanciato dai loro aerei la dorifora – un coleottero giallo e bruno che mangia le foglie di patata – e altre specie animali per danneggiare i raccolti.

Tutte le notti, nei cieli, incrociava Pippo, un cacciabombardiere che mollava una bomba su ogni luce che vedesse dall’alto. Colpiva quasi solo civili – soprattutto agricoltori che accendevano una candela o una lanterna per mungere o nutrire il bestiame prima dell’alba.

Mia madre, nel 1944, all’età di 12 anni, al ritorno da scuola, fu mitragliata da due caccia americani Lightning, e si salvò gettandosi in un fosso. Ho sentito altri racconti di bambini mitragliati.

Mi sovviene dei 300.000 morti civili del bombardamento americano su Dresda, città non industriale, che essi distrussero col fosforo, il quale si attacca alla pelle e ai vestiti e brucia le persone. Lo hanno usato anche in Iraq. Hanno usato sostanze ancor più micidiali contro i civili serbi. Hanno usato armi di distruzione di massa dovunque abbiano combattuto. E hanno combattuto per costruire e mantenere un loro ordine mondiale. Certo, ciò vale per la classe dirigente, non per la popolazione, per i soldatini che, in parte, credevano e credono di esportare la democrazia, anche se talora non disdegnano di sterminare i civili e  i bambini.

Mi sovviene anche della strage dell’asilo infantile di Gorla, con circa 100 bimbi morti sotto le bombe, e la strage della giostra di Grosseto, dove piloti americani fecero carneficina dei bambini che si trovavano su una giostra, mitragliandoli a bassa quota, il giorno di Pasquetta del 1943.

Alla memoria di tutti questi bambini, che non ebbero la fortuna di poter giurare eterna riconoscenza agli USA, come invece fece il piccolo Silvio, va questa poesia scritta poco dopo l’eccidio di Grosseto da Maria Baroncelli, poetessa popolare fiorentina:

 

Sulla giostra convegno s’eran dati

uno sciame di bimbi spensierati,

uno sciame di garruli uccellini.

Riccioli d’oro, amor di cherubini

rideano ignari della mala sorte,

rideano ignari di dolor, di morte,

tutti protesi nel gioco innocente

ché vita è lieta al cuor che non sa niente.

Gli occhi estasiati fissavano il Sole,

come può farlo chi ancor non si duole,

occhi sereni che non sanno il pianto

quando la madre si sentono accanto.

Ed ecco: da quel Ciel tanto ammirato

piombò la morte, mostro scellerato,

dal sacrilegio d’empia man portata

piombò sovr’essi livida, spietata.

E sopra alla giostra distrutta, contorta,

ogni creatura giacque inerte, morta,

con dentro agli occhi un baglior di sorriso

che vive eterno adesso in Paradiso.

Sulla giostra convegno s’eran dati,

ma li hanno uccisi quelli scellerati.

Eran bambini, erano innocenti,

niente avean fatto, eppur furono spenti.

 

Maria Baroncelli, 1943.