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Il fronte del nord

di Massimo Franco - 08/06/2009

L’Italia riemerge dalle urne euro­pee meno bi­partitica e appa­rentemente meno berlusco­niana. Non c’è stato il plebi­scito a favore del presiden­te del Consiglio, temuto e sbandierato dall’opposizio­ne; e accreditato dallo stes­so Silvio Berlusconi. Emer­ge invece il riequilibrio dei rapporti di forza nel centro­destra fra Pdl e Lega: col partito di Umberto Bossi proiettato verso il primato nel nord; e capace di infil­trarsi con un risultato a due cifre anche a sud del fiume Po. E’ la conferma di un Carroccio in ascesa e il presagio di un’ipoteca sul governo, foriera di tensio­ni interne.

Probabilmente, ha pesa­to l’astensione alta: ha vota­to il 67%, con punte mini­me a Sud e nelle isole. E può avere influito la pole­mica, in parte strumentale, nata sull’onda dei proble­mi privati e coniugali del premier. Ma il verdetto po­litico forse nasconde qual­cosa di più. Quella che veni­va definita «sottocultura le­ghista », ormai appare in grado di far proseliti oltre il proprio bacino geografi­co e ideologico; e di propor­si a una parte dell’elettora­to con una determinazione che il Pdl è costretto ad as­secondare, di fatto suben­dola. Il governo «egemoniz­zato dalla Lega» nella pole­mica dell’opposizione, è stato percepito come tale.

Il risultato è che un an­no dopo le elezioni politi­che, la maggioranza sem­bra poter contare su con­sensi più o meno immuta­ti; ma distribuiti diversa­mente. Significa un avallo popolare alle misure prese di recente contro l’immi­grazione clandestina, e ri­vendicate come proprie da Bossi in competizione con Berlusconi. E si intravede un’affinità, non un’anoma­lia italiana rispetto ad un’Europa dove richiesta di sicurezza e pulsioni razzi­ste si mescolano; e fanno lievitare i partiti che le in­terpretano. L’affermazione leghista legittima una poli­tica che la accomuna alle forze xenofobe in crescita un po’ dovunque: soprat­tutto in Olanda e Austria. Ma la novità è che non so­no più residuali come nel passato.

La radicalizzazione degli elettori è un dato di fatto: per come votano, e per il ri­fiuto di andare a votare. A guardar bene, quanto è ac­caduto nel centrosinistra è un fenomeno simmetrico e opposto a quello della mag­gioranza governativa. An­che lì è stato ridimensiona­to nettamente il Pd (orfano dei radicali però); e ne ha tratto vantaggio non la vec­chia sinistra antagonista, quella sì ormai residuale. A ricavarne un piccolo utile è stata l’Udc centrista di Pier Ferdinando Casini. Ma so­prattutto ne ha approfitta­to l’Idv di Antonio Di Pie­tro, che, guarda caso, si de­finisce da tempo una sorta di «Lega dei valori»; e con­sidera Berlusconi il «disva­lore » per antonomasia. So­no loro, Bossi e Di Pietro, gli interpreti più autentici di un’Italia stanca di tolle­ranza e tentata dalle solu­zioni di forza.