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Voto di protesta che punisce soprattutto (ma non solo) la sinistra

di Marcello Foa - 08/06/2009


Dal voto di ieri nei Ventisette Paesi della Ue emergono chiaramente queste tendenze:

1) Una profonda disaffezione verso un’istituzione, l’Europarlamento, che i cittadini europei non sentono propria e soprattutto non sentono vera, consapevoli che le vere decisioni, a livello continentale, vengono prese altrove. Da qui l’astensione record al 40%

2) Una dura punizione per la sinistra, non tanto per le sue politiche europee, quanto per la sua incapacità di proporre soluzioni convincenti contro la crisi. Se l’economia va male, gli europei preferiscono affidarsi, paradossalmente, ai conservatori, che vengono considerati più credibili e affidabili, proprio perché i progressisti hanno smarrito la propria identità politica e, passata la sbornia del blarismo, non riescono più a recuperarne una. Anche l’ultimo resistente, Zapatero, ieri ha dovuto subire una sconfitta significativa.

3) Il nuovo europarlamento premia il centrodestra, per quanto possano valere queste formule a Strasburgo, dove i liberali sono divisi dai popolari e dove proliferano le liste minori. Complessivamente i grandi equilibri, tuttavia, non cambiano.

4) Quello di ieri è stato un voto soprattutto di protesta, contro la crisi e contro i partiti al governo. Quelli di centrosinistra sono stati puniti più severamente di quelli di centrodestra, ma anche dove i conservatori hanno vinto non mancano segnali di malcontento. Il 35% del Pdl in Italia è inferiore alle aspettative, in Francia l’Ump di Sarkozy è giunta in testa con il 28%, ma questo significa che il 72% dei francesi ha votato per i partiti di opposizione, in Germania la Cdu-Csu della Merkel stacca i socialisti, ma sommando i voti di un partito liberale in ascesa non arriva al 50% e dunque non è sicura di vincere le elezioni politiche di settembre.

L’affermazione di molte liste minori, dalla Lega a Di Pietro, dai Verdi francesi di Cohn-Bendit ai partiti nazionalisti, fino a quelli di estrema destra, rappresenta un monito per i grandi partiti, anche di centrodestra. La battaglia contro la crisi non è vinta, mente si diffondono la paura per l’immigrazione e un disagio sociale che l’aumento della disoccupazione accentuerà nei prossimi mesi. La tentazione di votare per partiti piccoli e molto profilati potrebbe crescere ulteriormente. I grandi leader sono avvisati…