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Il veleno nel nostro cibo

di Ernesto Ferrante - 09/06/2009

 

 

In Italia si continua a fare uso di Procimidone, Vinclozolin o Captano, tutti pesticidi che per l’EPA sono possibili cancerogeni. Lo dice il Rapporto annuale di Legambiente. “Pesticidi nel piatto 2009”, che analizza i residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia, presentato da Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura dell’associazione, Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del cittadino e Francesco Panella, presidente UNAApi (associazione nazionale apicoltori). Il rapporto di Legambiente “Pesticidi nel piatto 2009”, mostra come nel nostro paese vi sia un incremento dei campioni irregolari per concentrazioni troppo elevate di residui di agrofarmaci rispetto ai limiti stabili dalla legge.
Complessivamente le analisi svolte dai laboratori pubblici provinciali e regionali hanno preso in considerazione 8764 campioni, di cui 109 sono risultati irregolari, pari all’1,2% del totale, in leggero aumento rispetto al 2008 (1%), mentre su 2410 (il 25,5%) è stata rilevata la presenza di uno o più residui. Nei campioni più “trattati” sono stati trovati residui di Procimidone, Vinclozolin o Captano. La frutta si riconferma la categoria “più inquinata”, con un aumento, rispetto all’anno scorso, delle irregolarità. Basti pensare, infatti, che su 3507 campioni di frutta, 81 (il 2,3%) sono irregolari con residui al di sopra dei limiti di legge (+ 0,7% rispetto al 2008). Invece, i campioni di frutta regolari con uno o più residui chimici risultano pari al 43,9%.
Quindi solo un frutto su due (il 53,8% per la precisione) che arriva sulle nostre tavole è privo di residui chimici. Le cose non vanno molto meglio per i vini: su 639 campioni analizzati, 191 presentano uno o più residui, che spesso si ritrovano sia nell’uva che nel suo derivato, con i casi record di un campione di uva analizzato in Sicilia che presentava ben 9 diverse sostanze chimiche; e uno analizzato in Puglia, contaminato da 7 diversi residui. Casi analoghi si riscontrano nei campioni di mele analizzate in Campania e di fragole in Puglia rispettivamente con 6 e 4 differenti residui chimici. E non mancano casi di multiresidui anche nelle verdure. Le mele sono il prodotto più frequentemente contaminato: su quasi il 90% delle mele analizzate in Emilia Romagna è stata rilevata la presenza di residui chimici, ma non sono migliori i risultati delle mele trentine, di Bolzano della Campania o della Sardegna. Preoccupante anche il dato sugli agrumi: in Friuli Venezia Giulia, il 40% dei campioni presenta più di un residuo, nelle Marche il 35,3%, a cui si aggiunge un 47,1% con un solo residuo. E ancora, in Toscana su 145 campioni, il 38,6% presenta più residui. Su 3474 campioni di verdure analizzati lo 0,8% è addirittura irregolare (residui oltre i limiti di legge), un valore più o meno stabile rispetto all’anno precedente quando si attestava sullo 0,7%, mentre 565 campioni (il 16,3%) sono regolari ma con residui, in aumento dell’1,6% rispetto all’anno scorso (14,7%). Stesso aumento per i campioni contaminati da uno o più residui tra i prodotti derivati (19,5% rispetto al 18% dello scorso anno).
“Gli ultimi dati Istat - ha dichiarato Rossella Muroni - ci dicono che già nel 2007 la quantità totale dei fitosanitari distribuiti per uso agricolo in Italia era aumentata del 3% rispetto al 2006, passando da 148,9 a 153,4 mila tonnellate. Un dato questo, abbastanza preoccupante, perché sembra indicare che lo sforzo sinora sostenuto dall’agricoltura italiana per offrire ai consumatori prodotti sempre più sani e per ridurre l’inquinamento abbia subito uno stop”.
“Siamo preoccupati per l´inversione di tendenza dei risultati delle analisi sui campioni esaminati - ha sottolineato Antonio Longo - ci auguriamo che non ci sia un allentamento dell’attenzione da parte delle aziende agricole sull’ uso delle sostanza chimiche. Come associazione dei consumatori, dobbiamo rilanciare campagne di informazione sui comportamenti corretti nell’utilizzo di frutta e verdura e campagne di sensibilizzazione sull’acquisto di prodotti biologici”.
“Gli effetti sinergici sulla salute dell’uomo e sull’ambiente del multiresiduo andrebbero adeguatamente verificati - ha concluso Francesco Ferrant - Pur avendo infatti decisamente migliorato la normativa sui pesticidi con le nuove direttive del 2008 tese ad armonizzare valori e limiti nei diversi paesi, manca ancora una corretta valutazione dei possibili effetti sanitari della dose minima cumulativa”.