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Il documentario Home: manipolazione o informazione?

di Elisabeth Zoja - 15/06/2009

Durante la giornata mondiale dell’ambiente più di 130 paesi hanno trasmesso il documentario ecologista “Home”. Il film, composto esclusivamente di panoramiche, racconta la storia del nostro pianeta e ne affronta i problemi più urgenti. Evoca tristezza, ma allo stesso tempo speranza, come traspare nella frase finale “È troppo tardi per essere pessimisti”.



 

documentario ecologista
Il documentario ecologista Home
Home non vuol dire solo casa, il luogo in cui abitiamo, ma anche il luogo a cui si appartiene. È una parola intraducibile: forse per questo i realizzatori Yann Arthus-Bertrand e Luc Besson hanno lasciato da parte l’orgoglio nazionale francese e hanno dato un nome inglese al loro documentario sulla Terra. Un pianeta che non ci appartiene ma a cui tutti noi apparteniamo.

 

"Si tratta di un film girato per sostenere la candidatura di Monsieur Bové e di Monsieur Cohn-Bendit [del partito Europe Ecologie]” sostiene il presidente del Fronte nazionale Jean-Marie Le Pen. E' "una manipolazione", assicura Marine, figlia e vice del leader di estrema destra. Il documentario ecologista è stato trasmesso sul canale nazionale France 2, solo due giorni prima delle elezioni. È stato visto da otto milioni di francesi e in seguito le liste ecologiste hanno avuto un buon successo.

Il 5 giugno però, data di diffusione del film, era la giornata mondiale dell’ambiente. Bertrand stesso precisa che la trasmissione "era stata pianificata da due anni". Il documentario è andato in onda in più di 130 paesi del mondo intero; improbabile, quindi, che si trattasse di un tentativo di manipolare le elezioni europee.

“Considerando oggetto e termini del documentario, la sua diffusione non ha infranto il principio di pluralismo, né l’esigenza di equità che si impone ai media audiovisuali in periodo elettorale”, assicura il Consiglio Superiore dell’Audiovisione francese (Nouvel Observateur del 10/6).

Quali sono dunque “oggetto e termini” del film?

 

grattacieli
Grattacieli che popolano intere città
Non è un documentario tradizionale, è privo di statistiche e di interviste, non mostra volti umani, ma solo piccoli corpi. Il film, girato dal fotografo Yann Arthus-Bertrand, è composto esclusivamente di panoramiche. “Quello che vedi non è solo un paesaggio, ma il volto amato della nostra Terra”, ricorda la voce calma di Jacques Gamblin, che accompagna lo spettatore attraverso i 50 paesi sorvolati dalla pellicola.

 

La voce fuori campo racconta la storia del pianeta, prima e dopo il nostro intervento: “Quattro miliardi di anni fa iniziò la vita […] milioni di anni dopo apparse l’homo sapiens, e in soli 200.000 anni scombinò l’equilibrio di tutti gli esseri viventi”. Manca però un tono di accusa, onnipresente nelle opere che riguardano l’ambiente. La musica evoca talvolta timore, mai rabbia.

Le vedute aeree di giungle urbane e monumenti naturali distrutti fanno scorrere qualche lacrima, ma non lasciano spazio ad immagini brutali. In uno squarcio su Dubai, ad esempio, viene mostrata la base di un grattacielo: lentamente la videocamera sale, la musica aumenta, ma quando si è raggiunta la fine del grattacielo manca la parte terminale dell’edificio, ancora in costruzione come la metropoli stessa. Dubai rappresenta la tipica “città orientale a modello occidentale: lontanissima dalla natura, ma enormemente dipendente da essa”.

Il film affronta i problemi più urgenti, dall’energia all’agricoltura, dal petrolio alla carne bovina, dai trasporti alla pesca, dalla scomparsa dei ghiacciai a quella della biodiversità.

“Stiamo distruggendo l’essenziale per creare il superfluo”, avverte la voce pacata.

 

foto yann arthus bertrand
Il film, girato dal fotografo Yann Arthus-Bertrand, è composto esclusivamente di panoramiche
Solo nell’ultima parte il film si permette di “alzare l’indice”, di fare i conti. Lo schermo diventa nero e appaiono alcune scritte bianche: “Il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse”, spendiamo e sprechiamo quello che neanche ci spetta.

 

La scritta sparisce e ne compare un’altra: “Un miliardo di persone soffre perennemente la fame”, mentre la metà dei cereali prodotti nutre mucche e motori (sotto forma di biocarburanti).

“È troppo tardi per essere pessimisti” è la frase centrale, ripetuta numerose volte. “Viviamo in un periodo cruciale: gli scienziati ci dicono che abbiamo dieci anni per cambiare stile di vita”.

Negli ultimi dieci minuti Jacques Gamblin cambia modulazione: parla in prima persona. Dice di aver visto coi propri occhi pannelli fotovoltaici, turbine eoliche e serpenti marini. Appaiono paesaggi con sole, vento e onde, con tanta speranza.