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Quella catena di Sant’Antonio dei derivati…

di Marcello Foa - 18/06/2009

  
 
Li chiamo sinking fund: letteralmente fondi che affondano. E sono diventati un’autentica catena di Sant’Antonio dei derivati, a carico di noi cittadini, come dimostra la bella inchiesta di Morya Longo sul Sole 24 Ore di oggi. Purtroppo ho ritrovato solo un ritaglio in Pdf, che potete trovare qui, ma ne raccomando la lettura. L’articolo spiega come Ubs e Merril Lynch abbiano violato ampiamente le norme etiche e di trasparenza, “assistendo” la Regione Lombardia e altri enti italiani nella creazione di un debito che in teoria avrebbe dovuto tutelare la cittadinanza e le casse pubbliche.

Il sistema, per sommi capi, funziona così:

- L’ente locale emette un bond a 20 o 30 anni e la legge impone la creazione di un fondo di ammortamento per evitare di scaricare sulle generazioni future l’intero onere del rimborso.

- A questo punto intervengono le banche che stipulano con l’Ente un contratto derivato, in teoria trasparente: l’Ente versa l’ammortamento nel corso degli anni, le banche si impegnano a rimborsare l’importo alla scadenza.

- le banche investono i soldi nel sinking fund in obbligazioni varie. Tuttavia è l’Ente locale a garantire la banca contro il rischio di default dei titoli acquistati dal sinking fund.

- Dunque: se qualche bond è andato in default l’Ente incassa la perdita, ma se il sinking fund ha realizzato un rendimento, il guadagno lo incassa la banca.

- E che cosa hanno fatto le banche in questione, Merril Lynch e Ubs? Hanno riempito il sinking fund di obbligazioni da loro emesse o su cui avevano un interesse. In particolare, nel caso della Lombardia, bond di altre regioni (Lazio, Sicilia) di altri Paesi (la Grecia) o di società come la Telecom, naturalmente senza che la Lombardia ne sapesse nulla.

- insomma, hanno creato una catena di Sant’Antonio che introduce un forte rischio sistemico tra le regioni e gli enti italiani. Se solo uno va in default, tutti ne risentono.

- nel 2006 è entrata in vigore una riforma che limita la libertà dei sinking fund, ma il rischio sui contribuenti rimane, perchè il derivato è ancora valido.

La vicenda dimostra da un lato gli effetti dell’ipnosi collettiva o se, vogliamo dello spin delle banche, che, approfittando dell’apatia delle istituzioni di controllo, hanno diffuso prodotti finanziari perlomeno furovianti che gli Enti non erano in grado di valutare ma che sottoscrivevano perchè presentati come sicuri e moderni. Della serie così fan tutti…

D’altro canto dimostra per l’ennesima volta la spregiudicatezza predatoria delle banche d’affari, che, tra l’altro, stanno riprendendo a speculare allegramente, come dimostrano l’enorme volatilità dei mercati finanziari (vedi prezzo del petrolio) e certi dati oggettivi (ma poco pubblicizzati)

Negli Stati Uniti continua a calare l’elargizione dei crediti, contrariamente a quanto richieso dal governo americano. I soldi dei contribuenti sono usati per nuove operazioni di ingegneria finanziaria, anzichè ridare linfa all’economia reale.

Sì sta tornando tutto come prima, e i governi lasciano fare. Ma così, dalla crisi, non si esce…