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La sindrome da "Truman Show"

di Massimiliano Viviani - 22/06/2009

Il modello di vita occidentale -che nella visione dell'uomo comune moderno rappresenta il punto di arrivo di tutti gli stili di vita possibili- ha dentro di sè una componente onirica perversa. Questo mondo "da favola" che ne viene fuori contribuisce a rafforzare quella "prigione" senza pareti che l'uomo moderno si è costruito e nella quale si trova rinchiuso senza saperlo. E dalla quale evidentemente non può uscire, in condizioni normali.
Una recente notizia di cronaca è molto eloquente. Secondo un'inchiesta del sito di notizie hollywoodiano The Wrap, infatti, almeno undici persone convolte nei reality in varie parti del mondo si sono già suicidate. Altre due ci hanno provato, ma forse ce ne sono altre. Sono persone di varia estrazione sociale, uomini e donne che in qualche modo sono rimaste deluse dalle enormi aspettative dei reality.
Le motivazioni sono le più varie: chi è stato escluso, chi sperava di ottenere un successo che invece non è arrivato ed è ricascato nell'anonimato, chi viene colpito dai direttori col pelo sullo stomaco dei giornali spazzatura....Queste le più note, le più ovvie.
Ma ce ne sono anche altre di più insolite, che incutono tristezza e anche rabbia: chi partecipando a un format di nome "Cambio moglie" -non sappiamo esattamente di cosa si tratti ma non facciamo fatica ad intuirlo- aveva perso la donna e il lavoro, e si è lasciato morire tra alcol e farmaci. Oppure casi di pentimento, tra l'aberrante e il patetico, di gente convinta a fare e a dire cose che in condizioni normali non si sarebbe mai sognata, magari anche in buona fede. Una donna brutta infatti aveva deciso di partecipare a "Extreme Makeover", programma americano che promette bellezza ai brutti tramite la chirurgia plastica: la sorella di costei era stata convinta dai produttori a dire cose orrende sull'aspetto della partecipante: quando questa è stata esclusa -a quel punto non c'erano più nemmeno i presunti consolanti vantaggi della fama o dei soldi, rimaneva solo il rimorso terribile di avere umiliato la sorella in televisione- ha preso una dose fatale di pillole e alcol e si è uccisa.
Sono morti squallide, tristi, penose, che non hanno niente di nobile, di vero, di vivo. Solo la voglia di uscire da un tetro anonimato abbagliati da un mondo scintillante che è solo il riflesso della nostra angoscia. Nessun valore, nessuna rinuncia, nessun nobile ideale. Nemmeno in chi muore nella foresta, colpito da infarto nelle Filippine cercando di sopravvivere da solo nell'edizione bulgara di Survivor. E' il caso più recente, tre settimane fa. Ma anche qui niente di vero, di vivo. C'è sempre lo squallore e il fetore dell'ipermercato e del parco dei divertimenti, anche se si è migliaia di chilomentri lontano.
Questi sono i casi estremi, i più evidenti. Eppure di loro si preferisce tacere, o si parla distrattamente. Ma altri casi ancora più nascosti gemono di disperazione, anche se non sono giunti fino al gesto estremo. Recente e popolare è il caso della crisi emotiva di Susan Boyle, la quarantottenne "cantante fenomeno" scozzese arrivata seconda a Britain's Got Talent ma diventata "instant celebrity" mondiale e crollata psicologicamente all'apice del suo breve ed effimero successo. Altri, disillusi, faticheranno a riprendersi, altri forse non si riprenderanno mai più.
In ogni caso possiamo anche solo limitarci ai casi estremi di suicidio: sono tanti, tantissimi se paragonati alla popolazione di riferimento, cioè di coloro che hanno partecipato ai reality show in tutto il mondo. Enormemente superiori alla media statistica mondiale: all'incirca 10 suicidi su 100.000 nei Paesi ricchi, 10 su 500.000 in quelli più poveri. I partecipanti ai reality in tutto il mondo sono tanti, ma certamente molto meno di 100.000. La tendenza al suicidio che ne viene fuori è altissima. E segue la vertiginosa tendenza all'aumento che hanno avuto i suicidi negli ultimi secoli (per es. la stima di Massimo Fini è che essa sia decuplicata dal 1600 ad oggi!).
Il problema quindi non sono tanto i reality show in sè: i decerebrati che vogliono affogarsi nell'illusione perpetua e a buon mercato possono anche buttare via la propria vita. Entro certi limiti però. Perchè costoro -per quanto in minoranza- rappresentano il "nocciolo duro" della società moderna e "democratica". Tali fenomeni dilagano per la forza e la coesione di chi li sostiene, anche se sono relativamente pochi. Poi si diffondono a macchia d'olio presso coloro che non hanno la sensibilità per capire e la forza di opporvisi. Così condizionano l'intera società, fino a colpire gli innocenti e coloro che non hanno chiesto nulla.
La "sindrome da Truman Show", come la chiamano gli "esperti" che si occupano in ritardo di cose ovvie e facilmente intuibili, non è oramai limitata al solo mondo dei reality nè a quello dello spettacolo. Dilaga ovunque, da Youtube a Secondlife, dalla pubblicità ai prodotti finiti, dalle riviste all'arte, dalla musica alla letteratura. E' tutto il mondo che sta diventando un colossale reality.
Ora infatti non si può parlare più di "reale", nel senso di vero, vivo, umano. Il mediato, il controllato, l'indiretto, il fasullo è entrato nelle nostre teste a partire dai nostri stessi desideri, da quello che vogliamo fare e vogliamo essere, sicchè uscire da soli da questi circoli viziosi suona come chi volesse uscire da una palude tirandosi da solo su per un braccio.
Il piacere, il lucchichìo, la perfezione, il possesso...nel lavoro, nel sesso, nell'amore, nel divertimento, in ogni atto della nostra vita quotidiana, hanno raggiunto dimensioni tali che rinunciare alle loro lusinghe sembra impresa colossale, mentre per un uomo di altra epoca sarebbe bastata un'alzata di spalle. Oggi per noi uomini moderni, civili, evoluti -appartenenti alla civiltà che consideriamo modello e fine ultimo di ogni civiltà umana- è impresa che occupa un'intera vita.