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Perù, gli indios salvano la loro terra: il governo ha ceduto

di Salvina Elisa Cutuli - 22/06/2009

Continua la cronaca sulle sommosse che hanno agitato il Perù. Dopo circa due mesi di proteste il governo peruviano ha finalmente revocato i decreti che avevano scatenato l’ira degli indios per la difesa della loro terra. I nativi sono così riusciti a tutelare i propri diritti sull’Amazzonia.



 

protesta indios
Gli scontri tra le forze dell'ordine governative e gli indios hanno provocato numerosi morti e dispersi
Circa dieci giorni fa il governo peruviano aveva invitato la Chiesa a compiere una proposta di mediazione per cercare di arginare, almeno in parte, le rivolte degli indigeni scatenati da una grande ira funesta a seguito della legge forestale che il direttivo di Lima aveva adottato consentendo lo sfruttamento di un’area di 45 milioni di ettari di foresta per cercare gas e petrolio.

 

Strano, ma vero. A distanza di poche settimane la protesta si è placata. Gli indios sono riusciti ad avere la meglio, e i due decreti controversi, causa di numerosi morti, sono stati revocati dal Governo. Il Congresso di Lima ha spazzato via le leggi contestate con un'ampia maggioranza, 82 voti contro 12, al termine di cinque ore di dibattito.

Queste leggi, che permettevano investimenti stranieri per lo sfruttamento di miniere e foreste in Amazzonia, erano state approvate nel 2007 e nel 2008 nell'ambito dei poteri concessi dal Congresso al presidente Alan Garcia per permettere l'applicazione dell'accordo di libero commercio con gli Stati Uniti.

Alla notizia del voto favorevole l’Aidesep (associazione interetnica di sviluppo della foresta peruviana), che riunisce 1.350 comunità indigene dell’Amazzonia, ha fermato i blocchi stradali e l’occupazione dei giacimenti petroliferi.

Purtroppo non si conosce bene il numero delle vittime; secondo diverse organizzazioni umanitarie, i morti sarebbero una sessantina, molti dei quali disarmati, mentre centinaia di persone risultano ancora disperse.

 

alberto pizango
Alberto Pizango è considerato uno dei leader della rivolta dei nativi
Lo scontro più sanguinoso è stato quello avvenuto lo scorso 5 giugno durante il quale 20 indigeni sono stati uccisi dalle forze governative che, dagli elicotteri, hanno sparato sulla folla.

 

Un massacro ancora oscuro, così come resta oscura la versione ufficiale dei fatti fornita dal governo che in molte parti appare poco credibile; pertanto l’organizzazione Survival International chiede l’apertura di una inchiesta per comprendere il vero svolgimento dei fatti.

Secondo “il governo peruviano invece - almeno rispetto a quanto è stato scritto sul quotidiano peruviano La Repubblica - alcuni indigeni armati di lance e frecce hanno ucciso 25 poliziotti armati di kalashnikov, camionette blindate ed elicotteri, spogliandoli di tutte le loro armi, e uscendo dallo scontro con solo tre morti nelle loro file. Se fosse vero, dovrebbe dimettersi mezzo governo, a cominciare dal ministro dell’interno, perché significherebbe che il Perù ha le forze di sicurezza più incapaci del mondo”. La resa del governo è stata una vera rivincita per gli indigeni e soprattutto per la loro terra che, almeno per il momento, non piangerà dei disastri e degli scempi di esplorazione e sfruttamento.

Uno dei pochi esempi in cui il buon senso vince sulla distruzione e sull’annientamento. Una vittoria della terra e dei suoi diritti, di una vera coscienza che spazza via la speculazione in nome del rispetto verso la Madre terra. Il trattato del libero commercio tra Perù e Stati Uniti, infatti, avrebbe privatizzato uno dei patrimoni mondiali più importanti per la biodiversità dell’intera umanità, l’Amazzonia peruviana, aprendolo allo sfruttamento da parte delle multinazionali del petrolio, del gas, dell’acqua e del legname e sottraendolo alle popolazioni indigene che lo considerano loro assegnato per diritto ancestrale.

 

foresta amazzoniaca peruviana
L'Amazzonia peruviana si è salvata dalla deforestazione e dallo sfruttamento delle multinazionali
Il trattato, inoltre, avrebbe sottratto completamente alla sovranità peruviana il territorio, perché le multinazionali avrebbero sfruttato il territorio liberamente senza alcuna mediazione con le popolazioni che vi abitano.

 

Nell’Amazzonia peruviana non si è combattuto, dunque, un semplice conflitto per la terra con le popolazioni native espulse dalle loro terre ancestrali per far posto al latifondo, alle enclosures, allo sviluppo capitalista di terre libere.

In questa lotta, le popolazioni native, considerate generalmente residuali e assimilabili, si sono mostrate sempre più coscienti di sé e dei propri diritti e per questo più combattivi, e sono stati i portavoce di tutti coloro che pensano che il pianeta, la vita, la natura e la biodiversità non possano essere assoggettati a nessun tipo di trattato come quello firmato dal governo di Lima che, senza pensarci, stava per vendere nelle mani degli Stati Uniti la risorsa più preziosa del suo paese.