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Le profezie

di Piero Pagliani - 23/06/2009

Le profezie
Libertà vai sognando, e servo a un tempo vuoi di novo il pensiero
Giacomo Leopardi: “La ginestra, o il fiore del deserto”
Le profezie facili. I ..................................................................................................1
Le facili profezie.....................................................................................................2
Le profezie facili. II .................................................................................................3
Quarta quartina (conclusiva). La Libia e l’Iran.........................................................3
Le profezie facili. I
Prima quartina
In maggio avevo previsto - e scritto - che Berlusconi, sarebbe stato presto oggetto di
un attacco internazionale.
Pochi giorni dopo, l’attacco c’è stato, intrapreso dal Times, dal Financial Times, da
El País e qui da noi soprattutto da La Repubblica.
Avevo letto nella sfera di cristallo? No! Molto più semplicemente avevo seguito un
ragionamento politico: Berlusconi sarebbe stato ritenuto reo di avere difeso la Russia
durante la crisi dell’Ossezia del Sud, di fare avanche autonome all’Iran in politica
estera e di aver favorito la firma degli accordi strategici tra ENI, ENEL e Gazprom, e
quelli con la Libia, ovvero sarebbe stato ritenuto colpevole di avere strattonato il
guinzaglio USA proprio su quei temi geostrategici sui quali il nostro “migliore e
maggiore alleato” non ha mai ammesso alcuna autonomia e men che meno la
intendere ammettere ora che la crisi attuale degli assetti di potere internazionali
intercapitalistici fa di ogni mossa in campo geopolitico ed energetico un evento che
può risultare fatale per un contendente o per l’altro.
Gli sarebbe stato rinfacciato questo? Solo velatamente, è ovvio: mafia oblige.
Obama lo aveva richiamato urbanamente invitandolo a starsene zitto e a cuccia
sulle alleanze energetiche e su quelle internazionali, l’avvertimento aveva avuto la
sponda della sinistra politica e mediatica italiana, e della fronda interna alla stessa
coalizione del premier, capeggiata dal Presidente della Camera, ex fascista e ora idolo
di una sinistra totalmente allo sbando.
Ma non c’era stato verso.
Ora, si poteva forse dire agli Italiani: “Diamogli addosso perché ha fatto firmare alle
nostre aziende contratti vantaggiosi per il Paese”? No, ovviamente. E così sono saltate
fuori la sentenza del processo Mills e subito a ruota una ragazzetta che lo chiama
“papi”, la fine del suo matrimonio con Veronica Lario e soprattutto le foto di ragazze
in tanga nella sua villa al mare con contorno di piselli di ospiti stranieri in bella
evidenza.
Tutti al mare, tutti al mare a mostrar le chiappe chiare da slogan goliardico è
diventato politico è ciò si sta rivelando fatale. Good timing: dopo gli inascoltati
richiami diplomatici e mafiosi.
L’importante, infatti, non è che io abbia previsto questo attacco, né lo sono le sue
(squallide) modalità. Né che il Berlusca sia irrefrenabilmente propenso a dare armi
pecorecce in mano ai suoi avversari (in realtà da un premier che mette un Paese in
mezzo a - doverose - battaglie internazionali, sarebbe gradito un tantinino di serietà
e di morigeratezza in più).
L’importante è il perché io (e ovviamente non solo io) lo abbia previsto. La risposta
è: per un elementare ragionamento antimperialista che una volta sarebbe stato
appannaggio del primo liceale un po’ vispo con un’infarinatura dei classici del
movimento comunista. Insomma, non ci voleva una gran scienza.
Non ci voleva però neppure il velo di Maya dell’ideologia falso-imperialista-in-realtàbuonista
(o “Ideologia della Lamentatrice Liturgica Internazionale”). Tolto questo velo,
tutto il resto era elementare.
Seconda quartina
All’inizio di giugno avevo previsto un inasprimento degli affondi contro Berlusconi.
E nemmeno fatto in tempo a dirlo, eccoci ai nani e alle ballerine di Bari che saltano
fuori subito a completamento dello stop elettorale a Berlusconi a favore dell’altro
membro infido della sua coalizione, ovvero la Lega.
Ah, se D’Alema potesse sostenere ancora che la Lega è una costola della sinistra!
Che bel ribaltone! Ma questa carta l’ha già giocata tempo addietro, per cui occorre
un’altra tattica.
Prevedevo infatti anche la possibilità (che chiamavo “Scenario A”), che Berlusconi
incalzato dai fantasmi dei suoi peccati veniali, sarebbe stato consigliato a tirare un
po’ i remi in barca, chiedere scusa agli Americani (s’intende, quelli che stanno da noi
e quelli che stanno dall’altra parte dell’Atlantico), al fine di garantire la gestione del
suo business as usual.
E così in parte è stato: intanto la visita nell’Iran pre-elezioni (persiane) non si è più
tenuta e in compenso con l’invito a Washington-Canossa, il nostro premier si è
lanciato in promesse di maggior coinvolgimento in Afghanistan, maggior
coinvolgimento che fino all’altro giorno era stato escluso sia dal ministro della Difesa,
La Russa, sia dal ministro degli Esteri, Frattini.
Non solo, è tornato promettendo di tifare per FIAT nella telenovela tedesca riaperta
dalla Merkel su insistenza di Obama, ovvero di lavorare per il partito degli Americani
in Italia.
Con ciò forse decretando il proprio declino, a meno che non trovi qualche coniglio
nel cilindro, o forse in questo caso sarebbe meglio dire “qualche cilindro nel coniglio”.
Infatti, fedeli giustamente al detto cinese “Bastonare il cane che affoga”, i suoi
avversari stanno pestando a più non posso.
Le facili profezie
Fra le varie profezie si distinguono le cosiddette “self-fulfilling prophecies”, ovvero le
profezie autoavverantisi. Quelle profezie, cioè, fatte dal soggetto stesso che poi le
realizzerà.
La “previsione” del famoso “scossone” contro il governo, preannunciato da D’Alema
(il noto bombardatore della Serbia) a Lucia Annunziata (la quale sembra iniziare ad
essere un po’ sconcertata da certe “coincidenze”) poche ore prima della “confessione
di Bari” di nani e ballerine, mi sembra una di queste. Il che, scusate la mia
malfidenza, mi fa un po’ dubitare del carattere super partes della Magistratura. In
realtà questo potentissimo organo è in stretto collegamento con altri potentati. Anche
questa ovvietà una volta sarebbe stata bagaglio di qualsiasi liceale un po’ vispo e
provvisto di un minimo di cultura marxista, mentre ora, anche col massimo della
semi-cultura, col massimo della benniana “kual kultura” di sinistra, è una rivelazione
degna dei segreti di Fatima. Perché gli antiberlusconiani tarantolati sono tarantolati
proprio per questo: non sanno più distinguere il dito dalla Luna.
La “profezia” dalemiana autorealizzata indicava in modo preoccupante la Luna
delle liaisons dangereuses tra politica e magistratura (alla faccia dei tre poteri
autonomi!), dietro alle quali bisognava quindi scavare per scoprire il perché di quella
autorealizzazione (ritornando magari così alle mie due elementari quartine). Invece se
uno era solo dotato di una semi-kual-kultura di sinistra, guardava il dito
antiberlusconiano e si metteva a rotare come un Derviscio danzante fino all’estasi
“antifascista”, “costituzionalista” (si è appena visto quanto!) e - ovviamente -
“libertaria” se non addirittura “anticapitalista”.
Le profezie facili. II
Terza quartina
All’inizio di giugno prevedevo anche che la fronda filoamericana all'interno del PDL
avrebbe forse puntato su un rimescolamento politico con l'apertura di un fronte
centrista formato da una parte del PD, una parte del PDL e incollato dal mastice
dell'UDC. Con verosimile appoggio esterno della sinistra radicale in nome
dell'antifascismo, della democrazia, dei fronti uniti, della Guerra di Spagna, della
Resistenza e delle magnifiche sorti e progressive. Ovviamente, avvertivo, si sarebbe
trattato in questo caso della “resistenza di Novella 2000” contro il “fascismo delle
Veline”.
Va da sé che questo rimescolamento dovrebbe scontare sfridi e ritardi dovute alle
lotte per spartirsi il potere e alle sedimentazioni ideologiche dei vari schieramenti che
non potrebbero affrontare senza preparazione i propri elettorati (“ma come, fino a ieri
ci avevate detto che .... e ora ci dite invece che ...”). Il ribaltamento e la
ricementificazione va preparata, collaudata, e la sua necessità deve essere abilmente
insinuata (la “lotta per la democrazia e la libertà” fa sempre la sua “porca figura” in
queste cose, ma stiamo anche pronti a sentirci ripetere a tambur battente che la
FIAT è indispensabile per il benessere del Paese).
Un’anteprima sul terreno è stata la reazione alla visita del colonnello Gheddafi:
quelli là presi da esecrazione per la “dittatura” del colonnello (e ancor più presi dai
conflitti interni al PD), quegli altri invasi da amor patrio retroattivo e avvelenati per
l’arroganza della ex-colonia (perché serva è nata e serva deve rimanere), e questi qua
accesi dal fuoco dei diritti dei migranti e, essendo privi di memoria storica, anche
arrogantemente privi di vergogna.
Quarta quartina (conclusiva). La Libia e l’Iran
1. Non vorrei che la stessa storia si ripetesse approfittando delle turbolenze in Iran.
Avvisaglie ce ne sono già state a Venezia, grazie ad un centro sociale molto
immaginifico e all’avanguardia.
Quale storia vorrei che non si ripetesse?
La storia della visita di Gheddafi sulla quale invito a riflettere non già la,
chiamiamola così, sinistra istituzionale, bensì quella che ancora si pensa come
sinistra antagonista, o di classe o antimperialista. E specialmente i giovani e gli
studenti.
Infatti, io nutrirei molti dubbi su leaderini che:
a) non hanno certo chiesto agli studenti di stracciarsi le vesti in occasione della
visita ufficiale del 29 aprile a Roma del fascistoide filoamericano Uribe, presidente
della Colombia;
b) hanno fatto passare sotto silenzio la visita ufficiale in Italia il 4 maggio scorso del
sionista razzista e fascista Lieberman, ministro degli Esteri di un Paese che si è
appena (ri)macchiato di orrendi crimini.
c) non hanno chiamato alla mobilitazione dopo il massacro del 6 giugno che ha
coronato la repressione degli indios peruviani minacciati dagli accordi bilaterali
Perù-Usa,
d) ma, guarda caso, hanno chiamato l’11 giugno gli studenti a boicottare
fragorosamente la visita di Gheddafi, facendo, guarda ancora caso, sinergia con
Radicali fanaticamente filoamericani e filosionisti, giustizialisti dell’IDV, veltroniani,
fascisti ed ex-fascisti.
I diritti umani sono più umani se si può tirare in ballo Berlusconi? Siamo sicuri
che la “mobilitazione” dell’Onda non c’entrava nulla con quella degli altri loschi
figuri? Io, se fossi uno studente che si ispira al Che, all’anticapitalismo e
all’antimperialismo, inizierei a pormi dei dubbi seri, per la tempistica e per i
contenuti: il Presidente della Camera, l’ex-fascista Fini, voleva consegnare a
Gheddafi la provocatoria richiesta per poter mandare in terra di Libia una
commissione parlamentare italiana sui campi profughi. Stesse preoccupazioni e,
soprattutto, stessa arroganza: né i sedicenti rivoluzionari né l’ex-fascista si sono
preoccupati del fatto che erano pur sempre di fronte a un leader che ha fatto uscire il
proprio popolo dall’ignominia del colonialismo e del neo-colonialismo, mentre proprio
loro che lo contestavano erano cittadini del Paese che si era dedicato al genocidio del
popolo libico, allo stupro delle sue donne e delle sue fanciulle, alla sua
gassificazione, all’impiccagione dei suoi resistenti (tra cui uno zio del colonnello).
Contestatori che ora pretendevano di dare lezioni sui diritti umani e di richiedere in
termini arroganti una commissione d’inchiesta dell’ex padrone coloniale e criminale
su un paese diventato sovrano. Ma già, dimenticavo, Paese sovrano ma pur sempre
ex-colonia, mentre noi siamo un Pese di ex-fascisti e di ex-comunisti.
Senza memoria o senza vergogna. Una bella scelta.
Sissignori, nutro molti dubbi su siffatti leaderini che in sintonia con sputtanati
reazionari (ma con altri intendimenti! ovviamente: non ci si può sputtanare da soli
davanti a tutti) riescono a manovrare un popolo di sinistra senza più uno straccio
d’idea, senza più uno straccio di bussola politica (salutiamo come una gradita, ma
ahimè isolata, sorpresa la nota del PdCI contro la “canea indecorosa [che] si è
scatenata su giornali e televisioni contro la visita del premier libico Gheddafi”).
Nutro molti dubbi e invito a nutrire molta diffidenza.
2. Risuccederà con l’Iran? Già, perché la repressione è repressione, così come il
capitalismo è capitalismo e gli oppressi sono oppressi. Senza se e senza ma, senza
tempo e senza confini. E l’internazionalismo è internazionalismo, per Giove!
C’è gente che già si sta muovendo nella direzione di questa notte in cui tutte le
vacche sono nere e che serve a dissimulare le manovre più reazionarie: appoggiamo
il liberale Mousavi contro quel fondamentalista di Ahmadinejad che impone il chador
alle donne e non fa ascoltare il rock ai ragazzi (detto incidentalmente: come mai al
Conservatorio di Teheran c’è anche l’insegnamento di musica rock?).
Wow! Qui sì che si misura la funzione antimperialistica di un Paese e la sua
politica nei confronti delle classi!
Nossignori. Al di là di mille altre considerazioni, il mio invito è: “Andiamoci piano!”.
3. In Iran innanzitutto se c’è lo scontro tra la Libertà e l’Oppressione, è quella
ottenuta tramite “morphing” dalla lotta bushiana del Bene contro il Male.
Perché nella realtà c’è innanzitutto un redde rationem tra i poli contrapposti e
litigiosi di un delicato equilibrio di potere: tra l’entourage politico della Guida
Suprema Alì Hoseyni Khamenei, esemplificato da Ahmadinejad, e quello del
Presidente del “Consiglio d’Esame Rapido” Alì Rafsanjani, già avversario di
Ahmadinejad alle presidenziali del 2005, entourage rappresentato da Mir Hossein
Mousavi.
Costui non è uno stinco di santo da nessun punto di vista. Già Primo Ministro
sotto Khomeini, fu uno degli artefici della famigerata triangolazione Usa-Israele-Iran
chiamata “Iran-Contra” in cui gli Stati Uniti con l’intermediazione israeliana vendeva
segretamente armi all’Iran per ricavarne fondi con cui foraggiare gli squadroni della
morte antisandinisti in Nicaragua, i cosiddetti “Contras”.
I giovani non si possono ricordare, ma quelli della mia età dovrebbero avere bene in
mente lo schifo che ci faceva il colonnello dei Marines Oliver North, coordinatore
statunitense del torbido inciucio segreto e che ci ricordava d’appresso gli agenti della
CIA che contribuirono all’assassinio del Che.
Ma questi possono essere ricordi e sensazioni personali.
Quello che tutti possono capire, a patto che si liberino dall’Ideologia della
Lamentatrice Liturgica Internazionale, è per l’appunto che in Iran per prima cosa in
ballo c’è uno scontro di potere politico e personale (Khamenei e Ahmadinejad da una
parte e Rafsanjani e Mousavi dall’altra si detestavano già ai tempi di Khomeini).
Il sostenitore di Mousavi, Rafsanjani, è una delle persone più discusse dell’Iran e
c’è chi afferma che sia il politico più corrotto del Paese e capo della “mafia del
petrolio”.
Sul lato della politica internazionale vediamo Ahmadinejad sostenere posizioni di
netta autonomia nei confronti degli USA e di appoggio ai Palestinesi, mentre
Mousavi, da sempre più propenso verso Occidente, vuole rapporti distesi sia con gli
USA sia, implicitamente, con Israele (è innanzitutto per questo che dalle nostre
cancellerie e dai nostri media è salutato come moderato, riformista e liberale).
In realtà chi ha perfettamente capito cosa c’è in ballo a livello internazionale è
proprio il ministro della difesa israeliano, Ehud Barak: per lui gli avvenimenti di
Teheran sono la conseguenza “del tentativo dell'Iran di imporre la propria egemonia
come potenza regionale”.
Ecco svelato il busillis. Ecco perché l’Occidente (politico) sta apertamente o
segretamente con Mousavi: con lui rientrerebbe questo pericolo per la politica
regionale israeliana e per la politica globale statunitense in Medio Oriente e in Asia
Centrale (si pensi a quanto sono vicini all’Iran la Russia, l’Afghanistan, il Pakistan e
la Cina, cioè il nucleo delle future tensioni dovute alla presente crisi - e sembra che
questa Estate ci sarà un netto peggioramento con baricentro gli USA e la Gran
Bretagna: tenetevi forte!).
4. Sul lato della politica interna, Ahmadinejad è sostenuto dalle classi inferiori e
medio-basse per le quali la globalizzazione - arma non ancora del tutto spuntata
degli USA - sarebbe un disastro, mentre Mousavi è sostenuto da quelle superiori e
medio-alte attratte dalla globalizzazione.
E’ per questo motivo che i nostri studenti, espressione di ceti privilegiati in termini
economici e/o culturali, si possono sentire attratti dal praticare forme di solidarietà
con i sostenitori di Mousavi coi quali condividono atteggiamenti e idealità. Per certi
versi è il richiamo della foresta. E in mancanza di una visione politica generale, in
mancanza di una elaborazione politica anticapitalistica e antimperialistica seria, non
è escluso che lo faranno, affidandosi a termini che sembrano tanto più belli tanto più
si assolutizzano: la libertà, la democrazia, il corpo e l’anima (o la coscienza); e quanto
più si assolutizzano, tanto più, per paradosso necessario, li si vogliono imporre per lo
meno idealmente agli altri, agendo come parenti poveri ma servetti sciocchi degli
esportatori di democrazia.
Già perché questa è stata ed è ancora la tentazione degli Stati Uniti, non più
tramite un’improbabile campagna di bombardamenti (ma non escluderei colpi di
coda israeliani se la dovesse spuntare Ahmadinejad) ma attraverso un’altra tecnica
collaudata: le “rivoluzioni colorate” (e infatti questa è colorata di verde).
La Cina ha messo esplicitamente in guardia gli USA dal tentare questa mossa,
brogli o non brogli (può essere anche per questo che Obama sembra per ora aver
fatto un passo indietro).
5. Ma ci sono stati questi brogli? Una dose di brogli, probabilmente ampia,
sicuramente c’è stata. Tuttavia i sondaggi, anche statunitensi, pre-elettorali davano
comunque previsioni molto vicine a quelli che sono poi stati i risultati ufficiali.
Addirittura un’inchiesta del giornale israeliano Yediot Ahronot ha rivelato attonito
che la comunità ebraica iraniana avrebbe votato compatta per Ahmadinejad.
Sono fatti interni all’Iran.
E’ una posizione dovuta, non è né cinica né pilatesca.
Vogliamo invece prendere posizione?
Bene. Allora siamo a favore dell’ultimo, assieme alla Siria altro noto “stato
canaglia”, sostegno statale nella zona alla causa palestinese oppure saremo a favore
di chi potrebbe (ripeto: potrebbe) essere disponibile a tener bordone a personaggi
come Abu Mazen? Come ci giustificheremo (innanzitutto di fronte a noi stessi) dopo
la prossima strage israeliana? La sinistra internazionalista dovrebbe farsi queste
domande se vuole prendere posizione.
Siamo a favore di chi ha deciso iniziative di micro-credito per le lavoratrici dei
tappeti fino allora tagliate fuori da ogni assicurazione sociale (Ahmadinejad) o siamo
dalla parte di chi ha detto che questa è stata una dissipazione di ricchezza
(Mousavi)? La sinistra no-global dovrebbe farsi queste domande se vuole prendere
posizione.
Siamo a favore di chi vuole un salutare ruolo dell’Iran come potenza regionale,
indispensabile per passare a una situazione di policentrismo (come per tutto il
periodo delle guerre di Bush la sinistra intera ha auspicato a parole e ha fatto
gridare nelle piazze) o siamo a favore di chi questo ruolo sembra (ripeto: sembra)
voler ridimensionare. La sinistra antimperialista dovrebbe farsi queste domande se
vuole prendere posizione.
Certo, chi mai in Occidente ama l’ingerenza politica sui costumi (velo, musica,
inclinazioni sessuali, ...)? Nessuno. Nemmeno io. Ma i fattori in gioco vanno molto al
di là di questa singola dimensione valutativa e poi le guerre di civiltà di recentissima
memoria ci dovrebbero imporre un minimo d’umiltà e di riflessione.
In Iran c’è uno scontro di potere, è in gioco forse il suo ruolo internazionale e di
sicuro c’è in atto uno scontro di classe molto pericoloso. L’URSS implose perché non
riuscì a capire che la crescente classe media alla quale il sistema sovietico aveva dato
vita non poteva più sopportare i vincoli “proletari” imposti da un potere ingessato. La
Cina dopo la crisi di piazza Tiananmen ha capito la lezione.
Cosa farà l’Iran?