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Stop alla deforestazione: il Brasile contro le fattorie che distruggono l’Amazzonia

di Miriam Giudici - 24/06/2009

Finalmente iniziano tempi duri per le multinazionali dell’allevamento che fanno scempio della foresta amazzonica: i supermercati brasiliani boicottano la loro carne mentre vengono bloccati i finanziamenti al gigante Bertin. Molte materie prime frutto di crimini contro l’ambiente, però, arrivano ugualmente in tutto il mondo, Italia compresa.



 

amazzonia deforestazione
Iniziano tempi duri per le multinazionali dell’allevamento che fanno scempio della foresta amazzonica
Buone notizie in Brasile sul fronte della conservazione della foresta amazzonica: le azioni contro i produttori di carne colpevoli di impiantare allevamenti intensivi, distruggendo la foresta e riducendo alla fame e alla schiavitù le popolazioni che vi abitano, continuano a moltiplicarsi. E le istanze portate avanti dal governo locale vengono raccolte anche dalla grande distribuzione.

 

Le tre più importanti catene di supermercati che operano in Brasile – i giganti Wal Mart, Carrefour e Pao de Azucar – hanno preso la decisione di non acquistare più la carne proveniente da allevamenti coinvolti nella distruzione della foresta.

Questo dopo che il Ministero dell’Interno brasiliano ha decretato che i distributori che acquistano carne dagli allevamenti incriminati devono pagare una multa di ben 250 euro per ogni chilo di carne illegale comprato.

Uno dei produttori bersaglio di questa azione è Bertin, che rifornisce di carne e di pelle non solo il Brasile, ma anche tante altre aziende del mondo. A questo gigante dell’allevamento è stato anche cancellato un prestito di 90 milioni di dollari da parte dell’IFC, International Finance Corporation – che è una branca della Banca Mondiale che si occupa di sostegno ai Paesi in via di sviluppo.

Queste azioni sono anche il risultato della campagna di Greenpeace Amazzonia che macello: un rapporto appena pubblicato, frutto di un’inchiesta di tre anni, che fornisce nomi e cifre sullo scempio che si sta compiendo nella foresta amazzonica, dove gruppi industriali come Bertin, JBS e Marfirg persistono nel rifornirsi da allevamenti che operano una deforestazione illegale con incendi dolosi e taglio degli alberi oltre i limiti consentiti dalla legge.

 

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A rifornirsi di materie prime (principalmente carni e pelli) provenienti da veri e propri crimini sono aziende che operano e distribuiscono i propri prodotti in tutto il mondo, Italia inclusa
I risultati di questi crimini sono devastanti. Prima di tutto per la foresta stessa e per le popolazioni che la abitano: oltre duecentomila persone che vedono a rischio la loro casa e il loro stile di vita e che spesso non hanno altra scelta che mettersi alle dipendenze degli allevatori, con condizioni di lavoro ai limiti della schiavitù. E poi devastanti per l’intero pianeta: oltre ad essere un tesoro di biodiversità, le foreste dell’Amazzonia giocano un ruolo fondamentale per la stabilità del clima; sono il “polmone verde” della Terra e sono anche un’immane riserva di carbonio, che se immesso nell’atmosfera a causa degli incendi accelera il riscaldamento globale.

 

Il Brasile sta dunque muovendo alcuni passi decisivi per fronteggiare una situazione diventata davvero preoccupante: ma non possiamo illuderci che risolvere il problema sia di responsabilità esclusiva dello stato sudamericano.

Perché a rifornirsi di materie prime (principalmente carni e pelli) provenienti da veri e propri crimini sono aziende che operano e distribuiscono i propri prodotti in tutto il mondo, Italia inclusa. Nel nostro Paese, infatti, diverse aziende sono clienti di Bertin, JBS e Marfirg: sul fronte della produzione alimentare il rapporto di Greenpeace cita Kraft Food Italia e Gruppo Cremonini, mentre il settore conciario è dominato dalle aziende della famiglia Mastrotto, che a loro volta riforniscono diversi marchi italiani leader del settore delle calzature, della pelletteria e della tappezzeria.

Sono tutti nomi noti: sta anche a noi consumatori finali, ora informati, fare una scelta che non ci renda complici di uno dei peggiori crimini ambientali dei nostri tempi.