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Confusione e decantazione

di Gianfranco La Grassa - 01/07/2009

 

So però da che parte stare affinché venga sempre più scalfito, logorato, magari finalmente sgretolato un giorno, il predominio unipolare degli Usa ...


 

Le vicende degli ultimi giorni (diciamo magari un paio di settimane) hanno creato una gran confusione – e procurato perfino a me, pessimista, sorprese anche peggiori di quanto mi aspettassi – e nello stesso tempo un chiarimento: di quelli per certi versi definitivi e irreversibili. Mi permetto di prenderla molto alla larga.

Intanto, credo poco alla categoria dei “cari amici”. Ne ho avuti un bel po’ (oggi ne restano non molti, soprattutto per ragioni “biologiche”, se è possibile dire così), e la vicinanza politica o ideologica influiva in definitiva poco sull’intensità dell’amicizia. In ogni caso, credo che, se e quando avessero preso posizioni di netta contrapposizione rispetto a quale pensavo (e in buona parte penso) fosse la scelta migliore in campo politico, non avrei mai esitato, se del caso e se mi fossi trovato in certe contingenze, ad essere molto netto nei loro confronti. Magari con rincrescimento e malinconia, ma senza por tempo in mezzo.

Noto poi che si fa veramente molta difficoltà ad abbandonare definitivamente la distinzione tra destra e sinistra. La comprendo nell’uso corrente per evidente comodità linguistica, per non fare continuamente giri di parole, ma non la capisco quando ancora si vuol usarla per fare dei distinguo di maggior benevolenza per i sinistri; addirittura graduando quest’essere a sinistra: dal moderato via via verso quello più radicale. Sarebbe intanto ora di ricordarsi che chi fu comunista non aveva nulla a che vedere con la sinistra. Un comunista, se lo era veramente e non per spirito caritatevole da “fra Dolcino”, aveva in antipatia (per non dire odio) i sinistri più ancora che i destri. Ricordo che si rispettava di più un Malagodi che non un Saragat (o, poco più tardi, un Nenni). Se qualcuno non ne capisce i motivi, non starò qui a spiegarglieli, perché per me costui non è mai stato evidentemente un comunista, ma, appunto, un “buonista”, uno che era per i poveri e i diseredati, per gli umili e oppressi, e basta. Non è proprio affatto sufficiente per pretendere di essere stati seriamente comunisti.

I comunisti, negli anni trenta, scelsero di allearsi, obtorto collo, con i socialdemocratici (sinistra) contro il nazifascismo. Con il senno di poi, mi permetto di dire che fu una corbelleria; da quella scelta balorda (forse causa, forse effetto) si proseguì comunque sulla via del continuo indebolimento dei comunisti, in specie nei paesi capitalistici avanzati. Essi stessi diventeranno, nel giro di mezzo secolo e anche meno, sinistra, cioè forze fiancheggiatrici della riproduzione dei rapporti capitalistici nella loro versione più reazionaria. Del resto, il motivo che spinse, prima della seconda guerra mondiale, all’alleanza con la marcia socialdemocrazia (dei rinnegati) fu una svista colossale, foriera di molte degenerazioni successive; ed in particolare della politica del Pci, il peggiore di tutti i partiti sedicenti comunisti europei (non a caso, quello che si salvò dal “crollo del muro” divenendo, pur cambiando nome, il miglior allevamento di sicari dei predominanti statunitensi e dei loro conniventi e subordinati della finanza e dell’industria arretrata italiana). Ci si alleò con le sinistre contro il nazifascismo, pensando che quest’ultimo rappresentasse il “reazionario” capitale finanziario e, in Italia, anche quello agrario. Una vera inversione di senso, poiché, soprattutto il nazismo in Germania, fu il partito della rinascita industriale contro la finanza di Weimar succube di quella americana e, tramite questa, dell’intera potenza statunitense, ormai divenuta la prima del mondo (pur se sarà necessaria la guerra mondiale per chiarire senza più confusione e incertezza questo primato).

Ai comunisti europei andò al momento bene perché, per loro fortuna, tra le potenze vincitrici ci fu l’Urss (anzi l’unica veramente vincitrice assieme agli Usa), che era pensata come la “patria del socialismo” e quindi la guida nella transizione verso una società comunista, quella che avrebbe dovuto sotterrare il capitalismo. Sarebbe anche ora di capire che non ci fu mai, in alcun momento del ‘900, socialismo né transizione verso il comunismo. Non ci fu lo scontro tra “borghesia e proletariato”, questo mito ottocentesco coltivato per tutto il XX secolo; ed oggi lo è ancora da sempre più esigue ed esangui minoranze, ridicole e penose nelle loro convulsioni agoniche. Ci fu una grande rivoluzione come quella del ’17; e altre seguirono, e vanno tutte considerate (per quanto mi concerne) come grandemente positive, come eventi che hanno cambiato completamente il mondo in una direzione da considerarsi, sempre per quanto mi concerne, decisamente migliore di quella esistente in precedenza; almeno valutando all’ingrosso e nel suo complesso la situazione sociale nel mondo.

Tutto questo, però, lasciando stare per favore il socialismo e il comunismo, l’affrancamento dall’oppressione, l’avanzamento di una pretesa, e invece falsa e ipocrita, democrazia, la fantasticata crescita di potere dei dominati (o non decisori) rispetto ai decisori. Questi ultimi sono mutati, nei loro rapporti di forza interni e come strati sociali, ma sempre fermo restando che al mondo vi sono gruppi assai minoritari di dominanti e decisori effettivi, mentre le grandi maggioranze continuano ad essere in posizione di netta debolezza; continuamente subornate, oppresse pur con vari gradi di visibilità dell’oppressione, avendo tutt’al più la finta “libertà” di decidere come meglio autoingannarsi in merito a chi decide e comanda effettivamente: questa essendo la sostanza della democrazia di tipo occidentale.  

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Da ormai oltre trent’anni, esistono soprattutto nell’occidente capitalistico avanzato sempre più esigui e meschini residui dell’epoca che fu. Alcuni continuano a denominarsi comunisti, altri si mettono molte altre variopinte e ridicole denominazioni; tutti però si sentono sinistra ma però “radicale” o “estrema” o non so quale altra bugiarda definizione. Se vogliamo, possiamo accettare che sono sinistra, in quanto questa è sempre stata l’accozzaglia politica dei rinnegati e di coloro che semplicemente fingono di essere sempre gli stessi fieri oppositori del capitalismo, al cui interno vivono invece beatamente (quelli che vivono effettivamente peggio, da un pezzo hanno abbandonato ogni finzione e ogni fantasia così cretina) ed esercitano mestieri per lo più gratificanti. Essi nutrono però qualche senso di colpa per quanto pensavano in passato, continuano a ripetere che gli altri non capiscono nulla, non hanno moralità sufficiente per volere un cambiamento (decisamente in peggio se si attuassero le loro ormai balzane idee); e si stringono in sempre più ristrette schiere, a parlarsi addosso e fra loro per scaldarsi, alla guisa degli ultimi uomini di cui parlò Engels con riferimento a quando il Sole sarebbe entrato in fase di progressivo spegnimento.

Quelli che non sono alla ricerca dei voti degli ultimi scemi per avere qualche posticino, possono anche far pena, ma nulla più. In ogni caso, sono comici e disgustosi insieme quando vorrebbero essere denominati sinistri estremi o radicali. La radicalità è tutta nella loro ormai accelerata fase di demenza. Arriva però un momento in cui non si può più avere pena di questi individui. E gli ultimi avvenimenti – la visita di Gheddafi, le elezioni in Iran sono fra questi – hanno ormai segnato l’estremo confine possibile per continuare a scusarli credendo nella loro, vera o presunta, buona fede. Le elezioni “colorate” (Ucraina e Georgia, tanto per ricordare i casi più eclatanti), come tutta una serie di manovre (tipo quelle nelle Repubbliche centroasiatiche, ma anche in Venezuela o altri paesi sudamericani; per non parlare dell’aggressione, guidata, dell’Etiopia alla Somalia e di altri avvenimenti in Africa), hanno chiarito oltre ogni dubbio quale sia la tattica di predominio imperiale degli Usa.

Per un decennio e più, essi hanno pure mostrato una più decisa aggressività (Irak, Jugoslavia, Afghanistan, ecc.). Oggi, tuttavia, mi sembra sempre più vero che la nuova presidenza non rappresenta un reale mutamento di strategia per tenere conto dell’impossibilità di proseguire l’iniziale progetto (susseguente al crollo del “socialismo” e dell’Urss), accettando che la lotta si dovrà sviluppare in un mondo multipolare, in cui gli Usa saranno solo, almeno per una fase storica, il polo più potente. Non è proprio così. Si fanno sorrisi e discorsi di prammatica; intanto, però, si inviano altre truppe in Afghanistan, si accentua la pressione (soprattutto) sulla Russia, si continua con le mene per cercare di creare disordini interni nei paesi che più si oppongono al predominio Usa. La vecchia aggressività bushiana era solo più scoperta; quella attuale è, come detto più volte, da serpente. Sui civili afgani (negli ultimi mesi, due massacri “ufficiali” per “errore”, costringendo perfino il fantoccio Karzai a protestare) nessuna commozione e nemmeno un minimo di scuse come paravento. Circa le torture ad Abu Ghraib idem come sopra, con la proibizione di pubblicare altre foto e di indire processi ai colpevoli. Altrettanto per quanto riguarda gli orrori di Guantanamo. Ed è inutile continuare. Invece, grande commozione per una singola giovane uccisa a Teheran, la cui immagine ci verrà riproposta per i prossimi decenni come quella del “ragazzo davanti al carro armato” nella Tien An Men.

Ci sono state le elezioni in Libano, perse per un’incollatura dagli Hezbollah, che tuttavia hanno accettato il verdetto, senza chiedere nuovi conteggi. In Iran ci sono 11 milioni di voti di differenza tra il vincitore e il “filoamericano” (non 11 per il primo, ma di differenza tra i due); ciononostante si vorrebbe arrivare ad una guerra civile per “brogli”. Non ci sarà, perché i filoamericani non sono per nulla così numerosi come si dice. Nei primi due giorni di manifestazione, l’inglese Reuters parlava di decine di migliaia di manifestanti, l’Ansa di centinaia di migliaia, Rainews24 (e i nostri “liberi” giornali, di “destra” e “sinistra”) di due milioni (più o meno la moltiplicazione che avviene quando ci sono le “grandi” manifestazioni della CGIL o della “sinistra”). Ma avete visto bene le foto, le riprese di quelle manifestazioni filoamericane? Sempre le stesse, con gli stessi identici roghi. Non ci si ricorda proprio della “fossa comune di Timisoara”, passata in tutte le scuole di giornalismo come esempio preclaro di manipolazione dell’immagine? Poche decine di vecchissimi cadaveri fatti passare per 700 massacrati (“freschi freschi”) da Ceausescu.

E che dire delle scritte sui cartelli dei manifestanti, messe in primo piano nelle foto giornalistiche, in “perfetto iraniano” dei traditori del proprio paese, cioè in inglese? Ed io sospetto anche la manipolazione della foto dell’uccisione che tanto ha commosso Obama; ma anche i nostri rifondatori e sinistri “radicali”, e gli sciagurati dei centri sociali ecc. E’ l’unica ripresa “non mossa”, perfettamente organizzata come quando si riprende una scena in un film. Comunque, il problema cruciale non sta evidentemente qui, ma nel fatto che gli antimperialisti di ieri, gli antiamericani, i coglioni immani che non più di 4-5 anni fa gridavano ai no global come alla seconda potenza mondiale contro gli Stati Uniti, tutti questi – che sono coglioni ma anche farabutti di primaria grandezza, questo va da sé – adesso urlano contro la repressione in Iran; contro lo strame che si fa della “democrazia” (11 milioni di voti “inventati” dai cattivi che indicano in americani, inglesi e israeliani i peggiori imperialisti, aggressori e massacratori, dell’attuale epoca storica). Dimenticando completamente Georgia e Ucraina e via dicendo.

La stessa cosa accadde con Hamas quando vinse le elezioni; ma accade sempre, ogni volta che non si vota come ha deciso chi ha le effettive capacità di decidere “democraticamente”. Perfino quando alcuni paesi votarono contro l’entrata nella UE una prima volta, si disse che i loro popoli avevano sbagliato, che non avevano capito bene i vantaggi di far parte di questa accolita di banditi di tipo “supereuropeo”. E li si fece votare una seconda volta cosicché, per evitare ulteriori fastidi, quei popoli dissero “si”. Tutto questo è dimenticato? No, cari miei; è che quando si comincia a degenerare, come ormai da anni fanno i falsi comunisti (idioti ma anche farabutti e vermi), come fanno i reali sinistri (cioè rinnegati e traditori, per definizione storica di sinistra) che si autodenominano “radicali”, non si può non finire così malamente. Pensate a questi rifondatori e …. quegli altri “di Vendola” (chi si ricorda come si chiamano): per ragioni personalistiche, per “baruffe chiozzotte”, si sono presentati alle elezioni europee separati, perdendo la possibilità di entrare nel Parlamento (e meno male, altrimenti la loro puzza sarebbe stata insopportabile). Tuttavia, in una cinquantina si sono presentati uniti per manifestare a favore dei filoamericani di Teheran. E dobbiamo fare dei “distinguo”, dobbiamo considerarli con particolare attenzione rispetto agli “altri”? No, sono dei puri e semplici mascalzoni, e non capirò mai più chi cerca ancora di scusarli. Nessuna distinzione più nei confronti di questi sicari maleodoranti di dollari e di merda a stelle e strisce.

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Qualcuno, ma credo veramente pochi, vorrebbe ancora pensare che nel movimento iraniano c’è del buono. Si tira in ballo il povero Lenin – ci sarebbe veramente da incazzarsi a questo punto – per elucubrare sulla potenziale carica rivoluzionaria di quel movimento, al cui interno lavorare e…. non saprei più proseguire tanto mi fa schifo una simile porcheria o quanto meno demenza. Che cosa si vuol sottintendere? Che in quel movimento, ben diretto da “padrini” mafiosi come Rafsanjani e il “candidato” della “opposizione”, a loro volta ben pagati e manovrati dagli Usa esattamente come lo sono quelli di Georgia, Ucraina e altri, ci sarebbero oggettive possibilità di rivoluzione proletaria, di tornare ancora all’ormai morto comunismo, mai creato in nessuna parte del mondo (a 150 anni dal Manifesto di Marx, o stolti che non capite più nulla!)? Questo avete in testa? Non ci si rende conto del ridicolo in cui si cade? Dobbiamo perdere tempo, dopo un secolo e mezzo, a pensare alla buona fede di chi afferma stoltezze simili?

Non ho alcuna particolare predisposizione per l’islamismo. Ho ripetuto fino alla nausea che non sono un antiamericano culturale, per principio, per preconcetto o non saprei cos’altro dire! Prendo però atto che un’epoca è finita, che non sussiste più alcun movimento comunista, quello che si basava su possibilità oggettive che si era convinti – ma in modo realistico, non sognando come fanno alcuni “residuati bellici” attuali – fossero insite nelle specifiche dinamiche di un capitalismo, pensato sempre come lo aveva pensato Marx studiando il caso (il primo caso) del capitalismo inglese (dopo la rivoluzione industriale, non nell’epoca della manifattura). Quel capitalismo era già esaurito all’epoca della prima guerra mondiale; nessuno si è preso la briga di studiare a fondo ciò che lo sostituì, quello americano. Troppo complicato, meglio vivere sempre di rendita su borghesia e proletariato, su classe dei proprietari dei mezzi di produzione e classe operaia (che fra l’altro non era quella teorizzata da Marx come operaio combinato, come produttore associato, sintesi collaborativa di lavoro direttivo ed esecutivo, trattandosi invece soltanto di bruto lavoro manuale, divenuto taylorista-fordista nel nuovo capitalismo predominante affermatosi negli Usa e poi vincente su scala mondiale).

Nessuno ha studiato che cos’era divenuto il capitalismo; tutti dietro alla “costruzione del socialismo” in Urss; poi il “tradimento” di quest’ultima, ma c’era subito in sostituzione la grande “rivoluzione culturale” in Cina, sempre proletaria per definizione e sempre avviata al comunismo, per le teste bacate di tutti noi. Adesso sta finendo anche l’epoca del capitalismo americano (quello che definisco dei funzionari del capitale); e alcuni ancora pensano di poter lavorare in movimenti – pagati e mossi dai declinanti del momento, gli statunitensi – perché in questi sarebbero potenzialmente contenute le contraddizioni da far esplodere per tornare ….. a oltre un secolo fa. Basta con questa stupidità. Non so se è in buona fede, ma non mi interessa. Marx trattò con grande rispetto e reverenza scienziati (ideologi) dei dominanti della grandezza di Smith e Ricardo. Disse però peste e corna, e li offese con tutti i peggiori epiteti, dei proudhoniani, degli anarchici e di tutta la genia del genere che rappresentava il passato, aveva ancora in testa la manifattura e l’artigianato, ecc. A quelli, che ancor oggi credono esista il capitalismo del Manifesto, rivolgo idealmente tutti gli epiteti marxiani. E della loro buona fede mi faccio una “palla di sterco”. E poi non credo affatto alla buona fede se non in pochi casi isolati, di rari “giapponesi nell’isola” (isola = fuori di testa) che non sanno che la guerra è ormai finita da decenni e decenni.

Oggi siamo in un’altra epoca di conflitto multipolare in crescita; e sono convinto che anche questo condurrà, alla fine, a nuove ristrutturazioni delle varie società (delle diverse aree socio-culturali), con nuove stratificazioni sociali e quindi nuove acute frizioni del tipo di quelle che chiamammo (e non intendo più chiamare se non per vaga analogia) “lotte di classe”. Però, si crede forse che, mettiamo nel 1820, qualche pensatore e rivoluzionario potesse anticipare il Manifesto marxiano, scritto quando erano ormai giunti a completa maturazione quei sommovimenti che condussero alla decantazione dei processi in corso nel Terzo Stato, consentendo quindi di teorizzare la presenza della borghesia e della classe operaia? Si crede di poter riproporre questo nel presente passaggio storico? Allora si gioca ai profeti, dediti alla fantasia, quella dei predicatori invasati, che credono di leggere nel futuro, quelli “apocalittici”. Oggi come oggi sono in corso grandi processi di riconfigurazione della formazione mondiale e della sua articolazione in quelle particolari: in sviluppo ineguale con alcune di loro quali nuove potenze (in crescita), che si riaffronteranno nel conflitto multipolare.

In quest’ambito – oggi, non ieri e tanto meno domani – dobbiamo seguire i movimenti che sono provocati, e diretti nella loro sostanza primaria, dalle potenze in lotta fra loro. Non ho più simpatia per la Russia o la Cina di quanto ne abbia per gli Usa. Non sono innamorato né di Chavez né di Ahmadinejad e tanto meno del Mullah Omar o dei talebani. So però da che parte stare affinché venga sempre più scalfito, logorato, magari finalmente sgretolato un giorno, il predominio unipolare degli Usa. Desidero che si accresca la potenza delle potenze in crescita: e quei deficienti – ma io credo soprattutto ormai degenerati in volgari sicari prezzolati, opportunisti e mentecatti insieme – che appoggiano l’opposizione iraniana, o fanno can can per un Gheddafi che viene in Italia, sono da considerarsi nemici a tutti gli effetti; senza distinguo di sorta! Basta con il “veltronismo”, non se ne può più di (falsi) sentimenti mielosi!

Soprattutto pregherei di evitare affermazioni che magari non stonerebbero in bocca a Frattini o magari anche a Fassino o altri consimili. Non bisogna isolare l’Iran per evitare bagni di sangue. Spero si stia scherzando. L’Iran non è isolato per nulla, ne è minimamente isolabile! Le mene di Usa, Inghilterra e Israele lo faranno semmai avvicinare sempre più alla Russia. Avete visto la presa di posizione di tale paese al G8? E non è questo che si dovrebbe volere per indebolire gli Usa? Che l’Iran sempre più si avvicini alla Russia. E ciò ha ulteriori effetti. Non si sa forse che, fra gli altri motivi (senza dubbio più importanti), gli Usa vogliono un “diverso” Iran per mettere in mora il Southstream (Eni-Gazprom) e favorire il loro Nabucco? Non c’è quindi da temere alcun pericolo di isolamento; si approfondiranno anzi quelle contraddizioni tra dominanti sul piano internazionale in grado di riconfigurare geopoliticamente i rapporti di forza a sfavore degli Stati Uniti. Non ho alcuna predisposizione ai pietismi sui “bagni di sangue”. Nessun bagno di sangue, ma semmai resa dei conti dalla quale potrebbe scaturire, con buone probabilità, il completo esautoramento dei manovratori mafiosi filoamericani già citati.

Isolamento dell’Iran e bagni di sangue rappresentano per me, lo confesso, un linguaggio quanto meno sgradevole. Mi sembra di leggere Repubblica o Il Corriere. Non Libero e Il Giornale, che si augurano una rivolta con intervento di qualcuno di esterno per scacciare Ahmadinejead. Tutto sommato, però, li preferisco: sono lì contro di me, a viso aperto, senza “buonismi” veltroniani. Accettiamo un dato di fatto della fase odierna: tutto ciò che spingerà l’Iran verso est, è buono; tutto ciò che lavora di fatto per rovesciare l’attuale governo, lavora per il nemico. L’Iran non sarà mai isolato. Sarà semplicemente o di qua o di là. E il bagno di sangue che – purtropponon si verificherà, sarebbe soltanto un’ottima resa dei conti che accelererebbe certi processi. Naturalmente, però, se determinati compromessi sono ancora al momento necessari – e questo lo possono sapere solo ai vertici dell’Iran – ben vengano. Non certo però per pietismo verso quelli che si prestano alle manovre filoamericane; solo per questioni di rapporti di forza forse non ancora maturi per la resa dei conti definitiva.

L’Iran è in fondo la spia di un’enorme confusione, dalla quale si sta però decantando chi sta di qua e chi sta di là. Per il momento restiamo fermamente contro ogni potenziamento della strategia “globale” americana e favorevoli a tutto quanto la indebolisce o rafforza gli altri poli; non perché migliori, non perché annunciano un più radioso futuro per l’Umanità o altre vecchie chincaglierie da suk. Semplicemente perché un’epoca è finalmente finita, azzerata; un’altra avanza e non possiamo che capirne alcuni dettagli, come sempre accade all’inizio. Perciò agiamo, nei limiti delle nostre possibilità, affinché quest’epoca avanzi e i resti rancidi della vecchia, sangue o non sangue, siano spazzati via. Le nuove epoche sono sempre aperte dai conflitti policentrici e iniziano quindi con lo scontro tra i dominanti: sul piano internazionale più ancora che su quello nazionale, poiché la lotta all’interno è fortemente influenzata e orientata dall’altra. In una simile epoca di conflitti però, come la storia ci insegna, si vengono formando nuove stratificazioni sociali e dunque nuove “lotte tra classi” (usando il vecchio linguaggio). Si vuole o non si vuole questo?

Torneremo ormai spesso su questi problemi, e batteremo sempre in breccia sia il “vecchio” che il “buono”. Noi siamo per il “nuovo” e il “cattivo”: è sempre quest’ultimo a lavorare e a far procedere la Storia, anche nei suoi lati peggiori; proprio quelli che produrranno infine le rivoluzioni, il rinnovamento sociale.