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Il meccanismo antiumano. Jacques Ellul e l’alienazione autodistruttrice di un’epoca

di Lorenzo Fazzini - 06/07/2009

Fonte: tempi

Così, mezzo secolo fa, Jacques Ellul diagnosticò l’alienazione autodistruttrice di un’epoca che ha eletto il progresso tecnico a giudice unico delle proprie vicende

«Siccome la tecnica è il solo mediatore oggi riconosciuto, in realtà sfugge a ogni sistema di valore. Non essendoci altro mediatore, chi prenderà la decisione a favore o contro di essa, chi troverà il modo di sottometterla? L’uomo? Quale uomo? Quello già inserito nel sistema. Lo Stato? È già diventato tecnico». Scritte nel 1977, queste parole sembrano la fosca previsione della società ipertecnologizzata di oggi, dove ogni fatto tecnicamente possibile rischia di diventare automaticamente lecito sul piano morale.
Jacques Ellul è un nome che nella cultura novecentesca d’Europa non ha trovato molto spazio. Ha iniziato da poco a farsi strada nel Vecchio Continente, sebbene negli Stati Uniti sia molto più noto: Oltreoceano vi sono corsi universitari e un’associazione dedicati al suo pensiero. Era stato Aldous Huxley, il celebre autore de Il mondo nuovo, a scoprire e far pubblicare negli States il suo testo di riferimento, La tecnica rischio del secolo (edito in Italia da Giuffré). Tuttavia Ellul resta ancora emarginato nel milieu intellettuale europeo, francese soprattutto: «Dato che criticava il progresso tecnico, veniva classificato di destra: per definizione, secondo i dogmi dell’epoca, chi criticava l’ideologia progressista era necessariamente di destra!», annota Patrick Chastenet, amico del pensatore di Bordeaux e docente all’università di Poitiers. In riva alla Senna per lungo tempo “intellettuale” e “destra” sono stati termini considerati incompatibili. E certamente Ellul, pur partendo dall’analisi di Marx e ritenendola ancora decisiva per comprendere il nostro tempo, non si accodò mai ai peana del barbuto di Treviri in voga sulla rive gauche nel secondo dopoguerra. Perché a suo modo di vedere «l’ortodossia marxista porta a negare la realtà», visto che nell’era attuale «l’alienazione non è più capitalista: è tecnica».
A rendere marginale questo profeta moderno contribuirono due dislocazioni di ordine diverso, una geografica, l’altra religiosa. Infatti Ellul – prima dislocazione “sbagliata” – rimase in provincia, a Bordeaux, e non frequentò mai i caffè culturali alla Sartre della capitale. «Non si fa largo tra la stampa parigina. Non appare mai in televisione. Non fonda scuole, non si finge guru, non si è mai trasferito a Parigi», riconosce Jean-Luc Porquet, autore della recente monografia Jacques Ellul, l’uomo che aveva previsto (quasi) tutto (Jaca Book).

Il coraggio di affrontare le tenebre
E per di più lo storico antitecnica si presentò coraggiosamente e senza infingimenti un cristiano (protestante) – seconda imperdonabile dislocazione. Convertitosi a 17 anni, si trovò spesso lacerato tra la sua matrice marxiana (alquanto eterodossa, però) e il Vangelo. Come annota Porquet, per lui «il messaggio di Gesù è: Dio si è riconciliato con tutti gli uomini». Ancora: «Tutte le teologie moderne (quelle che, per esempio, privilegiano la politica come la teologia della liberazione) si conformano al sistema tecnico che tenta di convincerci che non ci sia nulla al di là di esso». E per Ellul vale quanto il teologo Ivan Illich gli disse un giorno: «Il suo profondo radicamento alla fede gli permette di affrontare le tenebre che coloro che non sono ben saldi preferiscono evitare».
Ora, proprio grazie a Jaca Book, che ha appena pubblicato il monumentale Il sistema tecnico. La gabbia delle società contemporanee, almeno in Italia si può prendere confidenza con questo poliedrico pensatore che a suo tempo fece “perdere la testa” a Giuliano Ferrara, che sul Foglio pubblicò a puntate il suo Islam e cristianesimo. Una parentela impossibile, poi edito da Lindau. E davvero, in un tempo in cui la tecnica si è fatta “sistema”, come radiografò a suo tempo Ellul, pare quanto mai adatto nutrirsi delle riflessioni “antimoderne” del pensatore francese. Il quale mette il dito nella piaga della “volontà di potenza” che, a suo dire, è uno degli elementi fondamentali dell’uomo “tecnico”: «Ciò che sembra caratterizzare più profondamente l’uomo che vive nell’ambiente tecnico è la crescita della volontà di potenza. La tecnica è una realizzazione, e quindi un compimento, e quindi un accrescimento dello spirito di potenza, il che porta l’uomo a polarizzarsi sulla potenza. (…) Ci troviamo davanti a una straordinaria mutazione dell’essere umano, cosa che sicuramente si ripercuote, ad esempio, su quella che viene chiamata cultura. In effetti l’impatto tecnico ne causa una trasformazione». Per questo succede che diventa «essenziale sostituire la cultura generale, insipida e senza importanza, con una cultura tecnica, con la formazione permanente, ad esempio. È il concetto stesso di cultura a essere cambiato».
Scottante attualità di un pensiero che sbatte in faccia la realtà: non è forse vero che le nuove acquisizioni nel campo delle tecnoscienze rendono gli scienziati delle provette quasi nuovi “superuomini” che usano la forza acquisita a furia di nuovi procedimenti e scoperte (cioè con la tecnica, appunto) come leva per imporre sempre e comunque inediti traguardi? Prima la clonazione della pecora Dolly, poi lo studio del genoma umano (“il linguaggio di Dio”), poi la clonazione “terapeutica” dell’uomo e, un giorno, quella riproduttiva: tutto questo non è forse sintomo di un’autogenerativa “volontà di potenza”? E che dire della trasformazione del concetto di cultura, classicamente inteso come qualcosa a servizio dell’uomo, oggigiorno assurto a principio per cui l’uomo pare a servizio del progresso tecnico?

La “bomba” è solo un assaggio
Ellul ha la forza del pensiero critico che non si ferma di fronte ad alcun timore reverenziale. Se ne era accorto il grande monaco e scrittore Thomas Merton, il quale, nel dicembre del 1964, in una lettera al teologo redentorista Bernard Häring lodò così il pensiero elluliano: «Penso che il monumentale lavoro di Jacques Ellul sulla tecnica è qualcosa che non debba essere ignorato dai padri conciliari se essi vogliono vedere tutti gli aspetti della questione cruciale della Chiesa e del mondo». Merton, nella stessa lettera, annotava una riflessione – inedita in Italia, tratta da Thomas Merton. A Life in Letters (HarperOne) – che attinge a piene mani dal pensatore transpalpino: «L’intero sistema della tecnologia, che oggi raggiunge ogni aspetto della vita sociale, implica un’enorme organizzazione di ciò che nessuno ha veramente sotto controllo, e che detta le sue proprie soluzioni senza riguardo dei bisogni umani o anche della ragione. La tecnologia oggi possiede ragioni interamente proprie che non prendono per forza in conto i bisogni dell’uomo e quest’enorme meccanismo inumano, che l’intera razza umana sta ora servendo invece che comandare, sembra in maniera abbastanza certa predisposto per una sistematica distruzione del mondo naturale, a prescindere dalla questione della “bomba” (atomica, ndt), che è, in effetti, solo uno dei sintomi dell’intero disastro».