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L'agenda politica degli americani

di Gianni Petrosillo - 09/07/2009


Il Presidente Emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, si è fatto suggestionare (ovviamente
si fa per dire) dalle nostre teorie, tanto da metterle in bocca ad un ignaro Marx. Quest’ultimo difatti,
contrariamente a quanto sostenuto da Cossiga, in un’intervista concessa a Il Giornale dell’8 luglio,
non pensava affatto che i conflitti più duri fossero quelli dei capitalisti fra di loro. Anzi, tanto nel
Manifesto, come già scritto da La Grassa in un commento ad un post di ieri, che nel terzo libro del
Capitale, il pensatore tedesco afferma esplicitamente che il motore della storia è la lotta di classe,
quella tra capitalisti e proletari. Certo, Marx vede anche il conflitto tra agenti dominanti ma lo
relega nella sfera produttiva e in quella concorrenziale, come si evince dalle sue stesse parole: “La
produttività particolare del lavoro in una specifica sfera della produzione o in una impresa
individuale di questa sfera interessa unicamente i capitalisti che vi prendono parte diretta, giacché
essa dà alla sfera specifica o al capitalista singolo la possibilità di realizzare un profitto extra nei
confronti del capitale complessivo o della sfera di produzione. Quanto esposto sta a dimostrare con
una precisione che potremmo definire matematica i motivi per cui i capitalisti, i quali si comportano
come dei falsi fratelli allorché si fanno concorrenza, rappresentano ugualmente una vera e propria
massoneria nei confronti della classe operaia nella sua totalità.”
Marx, quindi, non considera come principale il conflitto strategico interdominanti in nessuna
sfera sociale, e men che meno in quella politica laddove, invece, secondo il nostro approccio teorico
si sviluppano le dinamiche fondamentali di tale conflitto.
Dopo questa precisazione c’è un'altra intervista a Cossiga che vorrei segnalarvi, pubblicata sul
quotidiano il Riformista. Qui il senatore a vita, dichiara senza contorcimenti verbali, quel che pensa
del G8 e delle velleità che lo animano.
In sostanza, l’ex presdelrep nega l’utilità di questo summit ed, evidentemente anche quella dei
suoi duplicati ristretti o allargati, in quanto il caos geopolitico della fase storica non consente più di
elaborare decisioni concordate, nemmeno in apparenza.
Detto altrimenti, sulle questioni strategiche che riguardano lo scacchiere mondiale gli Usa
imporranno la loro visione del mondo, soprattutto a quei paesi che sono sotto la sua diretta
egemonia o influenza politico-culturale. Dice il politico sardo: “[Obama]Sull'Iran non permetterà a
nessuno di esprimere alcuna condanna. Sulla questione israelo-palestinese decide lui. A parole farà
la solita scena. Dirà d'essere pacifista. E poi porterà avanti la sua politica che prevede 4mila marines
da subito in Afghanistan. Manco fosse il Vietnam. All'Italia ha chiesto aiuti militari che manco
Bush. E chiudere Aviano non esiste proprio”. Ecco dettata l’Agenda politica di questa Europa così
debole e servile.
Paolo Rodari per "Il Riformista"
Presidente Cossiga, The Guardian spara sull'Italia a proposito dell'organizzazione del summit
dell'Aquila: «Italia fuori dal club del G8». Hanno ragione?
Certo. Ma fuori dal G8 andranno tutti, non solo l'Italia.
COSSIGA
Perché?
Il G8 è finito. Non interessa a nessuno. È stato da tempo scavalcato dal G20. E poi lo sa cosa gliene
frega a Obama del summit dell'Aquila?
Niente?
Esattamente. Sull'Iran non permetterà a nessuno di esprimere alcuna condanna. Sulla questione
israelo-palestinese decide lui. A parole farà la solita scena. Dirà d'essere pacifista. E poi porterà
avanti la sua politica che prevede 4mila marines da subito in Afghanistan. Manco fosse il Vietnam.
All'Italia ha chiesto aiuti militari che manco Bush. E chiudere Aviano non esiste proprio.
Parliamo del suo G8, quello che lei presiedette (allora era G7) a Venezia nel 1980. Ebbe un senso?
Fu importante perché feci approvare un documento che riconosceva la soggettività politica,
specifica con un proprio territorio, ai palestinesi. E poi risolsi una questione diplomatica non da
poco.
Quale?
Quella giapponese.
Cioè?
Ogni delegazione aveva due posti al tavolo. Poco prima l'inizio dei lavori morì il primo ministro
giapponese Masayoshi Ohira. Il vice ministro e il ministro degli esteri del suo Paese pretendevano
l'assegnazione di un terzo posto a tavola. Volevano metterci una foto di Ohira con dei lumicini.
Riuscii a mediare: aggiungemmo un posto a tavola ma mettemmo soltanto dei fiori bianchi.
Venezia era blindata come L'Aquila oggi?
Molto di più. Oggi al confronto sono dei dilettanti. Eravamo in pieno terrorismo. La laguna venne
completamente chiusa. Fuori una flotta americana era in posizione su una portaerei con tanto di
missili.
Condivide la scelta di L'Aquila?
Non ne capisco il motivo. E poi, con tutto quel via vai, sa come s'incazzano gli aquilani? Tanto
lavoro per due giorni di nulla. Io avrei passato la mano. Avrei rinunciato al G8 e avrei usato i soldi
per ricostruire la città. Oppure avrei scelto un'altra località. Che ne so: Sirmione o Cernobbio. Un
posto a caso nei laghi del Nord. Comunque il mio motto mi consola.
Quale motto?
Quello che ho coniato per questo G8: «Dura poco e passa presto».
Non crede che può giovare a L'Aquila che i grandi del mondo vedano cosa è successo?
Ai grandi del mondo il terremoto di L'Aquila non fa nessun effetto. Obama è abituato a New
Orleans. I giapponesi hanno un terremoto al giorno... E poi la carità - glielo dico io che di summit
internazionali ne ho frequentati più di Andreotti - non appartiene alla politica internazionale.
Un po' cinico...
Ma cinici siamo pure noi italiani. Guardi cosa stanno facendo le opposizioni in questo paese.
Cosa fanno?
Sperano che il premier cada grazie al fatto che al G8 gli scandali sessuali del premier potranno
divenire di dominio internazionale.
Agli altri Paesi interessa la vita privata di Berlusconi?
Poco o nulla. Ma interessa ai giornalisti e nostre opposizioni. Franceschini è andato in queste ore al
santuario del Divino Amore. Marini a Montecassino. Bressa in qualche santuario austro-tedesco.
Dove sono andati?
Nei santuari a pregare che al summit arrivi qualche scossa che non faccia danni alle persone ma
costringa tutti i grandi a scappare. Anche Prodi sta pregando, ma per un altro motivo.
Quale?
Perché Obama inviti a L'Aquila il politico italiano che ha fatto di più per lui, Veltroni. Così se
scappano tutti in mutande vedrà anche Walter scappare sotto braccio a Obama.
Torniamo a noi. Il premier è vittima d'un complotto?
Può darsi ma, ripeto, agli inglesi, ai francesi e agli altri non interessa.
Davvero?
Per loro i politici debbono fare bene la politica. La vita privata dei politici non frega niente a
nessuno (giornalisti a parte). E poi Berlusconi rispetto agli altri è il più immacolato. Mitterrand
aveva piazzato le sue tre amanti una al Consiglio D'Europa, una a ministro della Cultura e un'altra ai
musei. Per non parlare dei Kennedy, di Clinton, delle quattro mogli di Schroeder.
L'altro ieri però anche la Chiesa per voce di monsignor Crociata ha usato parole di rimprovero.
Credo sia stata un'iniziativa estemporanea. Figurarsi se il suo superiore, Bagnasco, ex cappellano
militare, intende alzare la voce contro colui che, militarmente parlando, è a sua volta suo superiore
(Berlusconi intendo).
No?
No. E, infatti, in questi giorni il Papa al posto di riprendere Berlusconi se l'è presa pubblicamente
con coloro che nella Chiesa criticano il premier, ovvero i cattolici adulti. E poi alla Chiesa,
diciamolo pure, il sesto comandamento interessa sì ma non in questo modo così ossessivo.
Davvero?
Certo. Pensi che Hitler da quel punto di vista era integerrimo, eppure ha fatto quello che ha fatto.
Però le critiche da parte dei vescovi italiani, pur estemporanee, restano.
Sì. Ma se continuano mi toccherà chiedere l'abolizione del Concordato. Così questi vescovi
dovranno fare come avviene in altre parti del mondo: cercarsi, se sanno trovarseli, dei benefattori
privati che li sostengono.