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Natura grande maestra: il messaggio di Tiziano Terzani

di Gloria Germani - 09/07/2009



Chi è stato Tiziano Terzani? E’ stato un laico, formatosi in una cultura marxista, , un
inviato di grandi quotidiani internazionali, un corrispondente di guerra ? Oppure è stato
un saggio, vestito di bianco, con la lunga barba, che aveva fatto suo un modo di sentire e
di vivere profondamente religioso e spirituale? Quando affascinava tanti giovani,
all’indomani dell’11 settembre, parlando nelle assemblee, nelle scuole, era forse un
ecologista, un no global, un pacifista?
La linea interpretativa che ho seguito in Tiziano Terzani, la rivoluzione dentro di noi1, è
stata quella – semplicissima - di leggere in progressione i nove libri a cui Terzani ha
affidato la sua esperienza di uomo, corrispondente dall’Asia per 30 anni. A partire dai
primi: Pelle di leopardo,Diario vietnamita di un corrispondente di guerra 1972-1973; Giai
Pong, la liberazione di Saigon a la Porta proibita dedicato agli anni vissuti in Cina a
Buonanotte Sig Lenin, fino a In Asia - il volume in cui Terzani ha raccolto i migliori pezzi
scritti sul continente asiatico per suggellare la fine del suo rapporto con il giornalismo -
fino ai libri che segnano la svolta della sua visione del mondo che inizia con Un indovino
mi disse, prosegue con Lettere contro la guerra, e si conclude con Un altro giro di
giostra. Postuma è invece la registrazione del dialogo con il figlio Folco, quando a 2 mesi
dalla morte non era più in grado fisicamente di scrivere: pubblicata con il titolo La fine è il
mio inizio.
Da questa semplice lettura, il suo percorso mi è apparso in maniera chiarissima come
un’ evoluzione estremamente coerente.
La chiave più semplice e più sintetica per capire la sua evoluzione sono forse le parole
con cui Terzani presentò il 19 aprile 2004 Un altro giro di Giostra, all’emittente radiofonica
fiorentina: ControRadio. Il libro era uscito a marzo, ma questa fu l’unica presentazione che
rilasciò perché la sua volontà era quella di ritirarsi in solitudine nella sua piccola casa
dell’Orsigna, sulle montagne pistoiesi, per aspettare serenamente la propria morte.
Ai microfoni di Controradio disse: “Un altro giro di giostra” è il mio ultimo grande viaggio. È
l’ultimo libro che ho scritto e che scriverò. Non voglio più scrivere niente perché il libro è la
summa di tutto quello che in questa vita sono riuscito a capire. Il libro racchiude tutto il
senso della mia vita ecco perché non scriverò più una riga”2.
Il punto saliente del suo discorso è il seguente:
“ Il grande male del nostro tempo è che abbiamo messo la materia al centro di tutto e non
consideriamo niente al di là della materia. Questo si giustifica con il capitalismo, si
giustifica con la ricerca esclusiva del profitto e con la nostra aspirazione ad avere piuttosto
che a essere”.
Dopo avere individuato il male che segna la nostra epoca e il nostro vivere, Terzani
suggerisce anche una soluzione, una via di uscita. Infatti, prosegue: “Nel libro “Un altro
giro di giostra” mi metto alla ricerca non di una medicina per il cancro ( che non esiste)
ma per una medicina della malattia che è di tutti: la mortalità. Perché – e questo è il senso
di tutto il libro - la vera medicina è la mente, il vero potere curativo è la mente”3.
1 Milano; Longanesi 2008 a cui rimando per tutti gli approfondimenti .
2 I brani sono tratti dalla sbobinatura integrale dell’intervento che è leggermente diversa dal testo
che è stato pubblicato sulla rivista dell’emittente “ Rosso Fiorentino”.
3 Ibidem
2
Queste parole circoscrivono il fulcro del messaggio di Terzani ed infatti intorno ad esse ho
costruito i capitoli centrali del libro. Chiaramente non si tratta di riflessioni personali ma di
un messaggio che ha una grande valenza per tutti noi, perché è innegabile che siamo
immersi in una visione del mondo collettiva che determina in grandissima parte il nostro
pensare personale, il nostro agire personale, la nostra stessa vita.
Attraverso la sua esperienza diretta della storia del Vietnam, della Cambogia, della la
Cina, della Russia, Terzani aveva assimilato il completo fallimento del comunismo ma
aveva ugualmente afferrato il completo fallimento del capitalismo, tanto che oggi- di fronte
alla crisi economica dell’Occidente - le sue parole risuonano come profetiche:
“Tanto marxismo che capitalismo – scriveva -si basano sulla fondamentale nozione
“scientifica” che esista un mondo materiale separato dalla mente, dalla coscienza… tutte e
due sono fondati sulla stessa fiducia nella scienza e nella ragione: tutte e due sono
impegnate nella dominazione del mondo esteriore senza alcun riguardo per quello
interiore della gente”4.
Solo se capiamo questo, afferriamo il vero nocciolo della questione. Lo sguardo di Terzani
era davvero profondo perché trenta anni in Asia gli avevano conferito una prospettiva
privilegiata per comprendere la nostra stessa modernità occidentale, in altre parole, il
nostro modo di pensare di cui - in verità- siamo ben poco consapevoli.
Terzani aveva dunque capito che tutta la nostra visione del mondo rimane ancorata al
paradigma scientifico che studia il mondo come qualcosa di materiale, di oggettivo,
esterno all’Io che lo studia.
Dagli albori del pensiero scientifico, l’uomo moderno non ha più sperimentato se stesso
come parte di un tutto, della natura, ma come una forza esterna, destinata a studiarla,
dominarla e così conquistarla. Questa visione del mondo risale al Seicento: a quella
grande avventura del pensiero che inizia con Galileo, Newton, Cartesio. Come ha ben
dimostrato Fritjof Capra però si tratta di paradigma fallace che è stato contraddetto dagli
esiti più moderni della fisica: dalla teoria della relatività e dalla fisica quantistica che, tra
l’altro, presenta sorprendenti affinità, con la concezione orientale del cosmo e della vita5.
Terzani ne era consapevole6. La fisica subatomica ci insegna infatti che non esiste nessun
mattone fondamentale esterno, nessuna materia oggettiva, ma tutto è interrelato ed
interagisce con tutto, compresa la nostra mente e la nostra coscienza. La concezione del
mondo che scaturisce dalla fisica subatomica è incompatibile con l’attuale visione del
mondo frammentaria e meccanicistica che invece dà forma al nostro paradigma di
pensiero e al nostro attuale modo di vivere.
Per questi motivi, Terzani era giunto a posizioni radicali e infatti affermava nell’intervista a
ControRadio:
“L’ultimo libro che ho scritto [Un altro Giro di Giostra] è un’abdicazione dalla politica.
Le soluzioni ai problemi dell’umanità non verranno dalla politica.
Non ce le possiamo aspettare nemmeno dalle religioni istituzionalizzate.
Per cui io mi aspetto una sorta di silenziosa rivoluzione che passa a volte persino
attraverso il mondo mussulmano, che passa attraverso l’Asia, l’Africa. Dai no global – che
nella loro simpatica diversità nel loro pot pourri di esistenza fanno convivere la difesa delle
balene con l’idea della bicicletta a cinque ruote – arriva un anelito al nuovo, al quel
cercare il come. Io dico per esempio il prossimo Premio Nobel dovrà essere dato a
4 Un altro Giro di Giostra, p. 255 ( corsivo nostro) .
5 Cfr. gli importantissimi lavori di F. Capra: Il Tao della Fisica ( 1975), Il punto di svolta ( 1982) Verso una nuova
saggezza ( 1988) La rete della vita( 1996) . Su questi argomenti cfr. il cap. 5 del mio Tiziano Terzani, la rivoluzione
dentro di noi, cit.
6 Terzani, Un altro giro di giostra, p. 126 “La scienza sta accettando che, contrariamente a tutto ciò che ha pensato
fomora, non esiste una osservazione oggettiva, in quanto persino gli oggetti più inanimati non restano indifferenti
all’essere scientificamente osservati: reagiscono!”.
3
qualcuno che troverà un sistema economico più consono al benessere dell’uomo. Allora,
piccoli passi, piccoli passi. Non possiamo aspettarci delle rivoluzioni immediate: l’assalto
al palazzo d’inverno [ rivoluzione russa] l’assalto alla Bastiglia [rivoluzione francese] la
vittoria a Saigon [rivoluzione vietnamita] tutte queste cose così spettacolari alla fine non
hanno risolto granché. Allora aspettiamoci una rivoluzione silenziosa a lungo termine,
l’umanità ha una grande storia, e forse un lungo futuro a cui lavorare”.
Questo è quello che ripeteva in continuazione durante il suo pellegrinaggi di pace in
seguito all’ l’11 settembre 2001:
“Tutte le rivoluzioni fatte finora sono rivoluzioni esterne (la rivoluzione cinese, francese,
russa, vietnamita, cambogiana…) che hanno cercato di portare giustizia, cambiare il
mondo, ecc..ma non hanno fatto che spaventosi massacri. Il risultato finale: una grande
miseria, sia spirituale, che materiale. Forse è il momento di pensare che la grande
rivoluzione da fare non è quella fuori, ma quella dentro; che in verità le radici della guerra
non sono fuori, ma dentro di noi, nelle passioni, nelle voluttà, nel nostro voler arraffare
tutto, nel nostro pensare che noi possiamo controllare la natura, la conoscenza, uccidere
animali, terra, mondo animale e poi rifarlo artificialmente…Se le vere ragioni della guerra
non sono fuori, ma dentro di noi, cominciamo a fare la rivoluzione dentro di noi, forse è
quella meno violenta, che non fa massacri e forse, alla lunga, crea quelle condizioni in cui
tutti ci troveremo meglio. Prendiamo coscienza di chi siamo e incominciamo a riflettere:
non siamo solo corpi, non siamo solo materia. Dobbiamo ricominciare, chi sa, a pregare,
chi non sa, a fare altro. L’unica rivoluzione oggi veramente possibile è quella dentro di noi,
ma ci vorrà tempo, molto tempo”7.
Sia nelle interviste che negli scritti, le parole di Terzani rispecchiano una presa di
coscienza puntuale e estremamente acuta. In Lettere contro la guerra, esprimeva con un
altro registro lo stesso concetto: “Il grande progresso materiale non è andato di pari passo
con il nostro progresso spirituale. Anzi: forse l’uomo non è mai stato tanto povero da
quando è diventato così ricco. Di qui l’idea che l’uomo coscientemente inverta questa
tendenza e riprenda il controllo di quello straordinario strumento che è la sua mente.
Quella mente finora impiegata prevalentemente a conoscere e ad impossessarsi del
mondo esterno, come se quello fosse la sola fonte della nostra sfuggente felicità, dovrebbe
rivolgersi anche all’esplorazione del mondo interno, alla conoscenza di Sé.8
All’indomani di quell’ evento cruciale della storia che è stato l’11 settembre, Terzani
indirizzavò simbolicamente queste sette Lettere ( dall’Orsigna, da Firenze, da Peshawar,
da Quetta, da Kabul, da Delhi, dall’Himalaya) a ciascuno di noi perché, attraverso un
processo di presa di coscienza, cominciassimo a pensare ed a agire diversamente.
L’ultima delle lettere si intitolava «Che fare?».
Senza dubbio la sua risposta era tantissime cose, e proprio ora, adesso, ma, in sintesi,
possiamo dire che Terzani ci indica tre grandi sentieri da seguire: il digiuno, una nuova
educazione, una nuova economia.
1. Per prima cosa digiuniamo. Terzani riprende la pratica usata dal Mahatma Gandhi e la
attualizza nel nostro mondo: il digiuno come strumento di lotta non violenta, ma non nel
senso di smettere di mangiare, ma nel senso di digiunare dai desideri e dal consumismo
«Oggi il mondo è pieno di cose orribili», diceva agli studenti, «pieno di cose che vogliono
intrappolarvi e fare di voi dei consumatori. Consumate sciocchezze, banalità. Allora
difendetevi, digiunate. Ricordatevi queste parole che io voglio mettere nel vostro
subconscio… Ad ogni passo che fate, domandatevi perché lo fate? La coscienza, amici
miei, la coscienza…di tutto. Ragionate, non vi fate fregare. Il mondo di fuori vi vuol fregare,
7 Intervista a Italialibri maggio-giugno 2002 (corsivi miei)
8 Terzani, Lettere contro la guerra, cit., p. 174
4
vuol far di voi dei consumatori. Il modo per non farvi diventare come dei polli in batteria è
non mangiare. Digiuno! Coscientemente dire: questo no, questo non lo faccio».9
In La fine è il mio inizio Terzani ripeterà che «l’unica maniera per resistere è col
gandhismo, il digiuno, la rinuncia ai troppi desideri».10 E al figlio Folco racconta: «Leggevo
religiosamente Gandhi per vedere di trovarci non una chiave che aiutasse l’India dei
villaggi o delle mucche, ma un messaggio per la nostra civiltà… io l’ho identificato nel
digiuno, nel ritorno alla semplicità».11
L’intera evoluzione dell’esperienza e del pensiero di Terzani può essere racchiusa infatti
nel passaggio da Mao a Gandhi, “ due diverse soluzioni per uno stesso problema- come
egli stesso le definì -, due opposte scommesse sui destini dei due più grandi popoli del
mondo; due ipotesi di filosofia sociale».12 Dall’amore e dall’entusiasmo per l’utopia Maoista
e per la rivoluzione cinese – che, negli anni giovanili, fu il motore che lo fece approdare in
Asia– egli giunse ad una completa e radicale adesione alla posizione di Gandhi. Lettere
contro la guerra, Un ‘altro giro di giostra, La fine è il mio inizio rappresentano, da questo
punto di vista, un tributo di amore sempre maggiore nei confronti di Gandhi.
“Quel Gandhi che - come dice Terzani, «si vestiva come un contadino, viveva di nulla e
sognava un paese libero e indipendente, né capitalista né comunista, un paese che fosse
l’espressione di milioni di villaggi, che per lui rappresentavano la vera, eterna, anima
dell’India. Gandhi era per il piccolo, non per il grande; per l’uomo, non per la macchina; per
ciò che è naturale e non artificiale. «Quando il trattore potrà essere munto, quando il suo
sterco potrà essere usato come concime e come combustibile, lo preferirò alla vacca»
diceva.13
Perché Gandhi, che pur aveva studiato legge a Londra e sarebbe potuto diventare un
avvocato di successo, non si fece mai sedurre né dal mito del progresso comunista, né da
quello del progresso capitalista? Perché Gandhi proveniva dalla visione non dualista del
mondo, da una visione induista, giainista, comunque orientale, che non ha mai creduto al
paradigma scientifico del mondo per cui il mondo è qualcosa di esterno che l’io prima
studia e poi domina.
La visione non dualista che forma il nucleo di tutta le civiltà orientali, si basa
sull’annientamento dell’io - che sempre divide, separa, domina - al fine di far emergere
quel Sé che è presente in ciascuno di noi, ma che al tempo stesso coincide con l’essenza
indivisa del cosmo e di tutte le cose. La saggezza dell’India è il non dualismo. Terzani lo
aveva colto benissimo e scriveva: «L’India, a meno di odiarla al primo impatto, induce
questo senso di esaltazione: fa sentire ognuno parte del creato. In India non ci si sente mai
soli, mai separati dal resto. Alcuni millenni fa i suoi saggi, i rishi, ‘coloro che vedono’
ebbero l’intuizione che la vita è una. Questa esperienza rinnovata di generazione in
generazione è il nocciolo del grande contributo dell’India all’incivilimento dell’uomo e allo
sviluppo della sua coscienza. Ogni vita, la mia e quella di un albero, è parte di un tutto
dalle mille forme che è la vita. In India questo pensiero non ha più bisogno di esser
pensato. È nel comune sentire della gente. È nell’aria che si respira».14
Quel paradigma scientifico che da corpo alla civiltà dell’Occidente da almeno tre secoli –“
il pensiero newtoniano- cartesiano” come lo chiama Capra – non aveva dunque presa sul
modo di pensare indiano e quindi di Gandhi, perché esso, da tempi immemorabili,
sapeva che tutto il mondo è Uno, che tutto è collegato. Non si può capire, d’altronde, il
9 Cfr. l’intervento di Terzani a Scandicci, il 21 febbraio 2002.
10 Terzani, La fine è il mio inizio, cit., p. 442.
11 Ibid., p. 396. cfr Un altro giro di giostra, p. 245.
12 Terzani, Un indovino mi disse, cit., p. 107.
13 Terzani, Un altro giro di giostra, cit., p. 381.
14 Ibid., p. 153.
5
vero senso della nonviolenza gandhiana se non a partire da questa incrollabile fiducia che
tutto il Mondo è Uno: compresi gli altri, compresi i nostri nemici.
Per Gandhi era perfettamente chiaro ciò che l’europeo Terzani aveva dovuto faticare una
vita per capire: tanto il comunismo quanto il capitalismo sono ugualmente «l’espressione
della moderna civiltà materialistica. La sua insensata adorazione per la materia ha dato
origine ad una mentalità che guarda al progresso materiale come alla meta ultima, ed ha
perso la nozione dei veri fini del vivere».15
Agli occhi di Gandhi, la visione materialista moderna nasce, alla radice, da un
atteggiamento di massima indulgenza verso se stessi. La sfrenatezza degli egoismi che è
stata in tal modo sancita, si propaga a dismisura in un mondo dominato sistematicamente
dalla violenza e dalle guerre. Anche la religione dell’Occidente, il cristianesimo, aveva
esaurito la sua funzione perché – nelle parole di Gandhi – non aveva avuto il coraggio di
combattere la violenza con l’amore, e i suoi valori etici erano diventati delle verità astratte
che non hanno alcuna influenza sulla vita degli individui.16
Ma torniamo al Digiuno gandhiano che Terzani considera la nostra prima arma non
violenta. Consideriamo quando i cinquanta anni che ci separano dalla morte di Gandhi
abbiamo enormemente aggravato la situazione.
Il marketing, la pubblicità, l’informazione e la comunicazione ci bombardano con nuovi
bisogni, nuovi desideri. Immagini sfavillanti insieme ad un nuovo tipo di linguaggio - fatto
sostanzialmente di ipocrisia e di palesi bugie, a cui ci siamo tristemente assuefatti - ci
seducono al meccanismo di provare ogni giorno nuovi desideri, che, una volta soddisfatti,
lasciano un vuoto incolmabile che cerchiamo di arginare di nuovo con nuovi desideri. In
questo meccanismo inesorabile, se quelli che per i nostri padri erano dei lussi, sono
diventati per noi necessità, cosa diventeranno per i nostri nipoti?
Il principio del marketing è: indurre un desiderio-bisogno che prima non c’era. Rendiamoci
conto di come questo principio - che regge tutta la nostra economia e che vediamo
espresso ovunque nella nostra vita quotidiana -sia l’esatto contrario della seconda Nobile
Verita del Buddismo. La Prima Verità annuncia «tutta la vita è sofferenza»; la Seconda
che «la causa della sofferenza è il desiderio». Il Buddha quindi indica un ottuplice
sentiero, un modo di vita – attraverso cui è possibile annullare il desiderio che è causa
della sofferenza. .
All’opposto oggi che cosa avviene? «L’industria della pubblicità e delle pubbliche
relazioni - scriveva Terzani -sono ormai due sofisticatissimi sistemi di manipolazione della
mente e non c’è più nulla, da Dio a un prodotto elettronico a una guerra, che non venga
abilmente impacchettato e presentato in una qualche illusionistica formula di parole o in
una qualche scatola lucida e colorata da lanciare sul mercato».17 E appena arrivato
dall’India, davanti ad un folto gruppo di studenti, con la sua barba ed i vestiti bianchi,
ironizzava: «Sono scandalizzato dal ’progresso’ che avete fatto senza di me. Sono tornato
in Italia, ho aperto il giornale ed ho visto una donna nuda seduta che sculacciava un uomo
con una scarpa: la reclame di una marca di pantaloni. Poi volto pagina e si vedono due che
fanno l’amore, l’uomo mi pare che sta sopra e la donna sotto, lui guarda una macchina
invece che la faccia della sua partner. Ma come ? State impazzendo? Vi sta andando il
cervello in acqua? Vi sta andando il cuore in acqua?»18 E Terzani si domandava: «È
possibile che parte della nostra inquietudine di occidentali provenga proprio dal fatto che
15 M.K. Gandhi, Satyagraha Day in Madras, 30 marzo 1919.
16 M.K. Gandhi, Appeal to Lord Chelmsford, 20 marzo 1919.
17 Terzani, Un altro giro di giostra, cit. p. 64.
18 Cfr. l’Intervento di Terzani a Scandicci, il 21 febbraio 2002.
6
vogliamo sempre occuparci del mondo esterno e lo rincorriamo per afferrarlo o per
cambiarlo?»1920
Allora, a maggior ragione Terzani esorta: «Cominciamo con il digiuno gandhiano,
smettiamo di comprare ogni giorno qualcosa che in realtà non ci serve. Se facciamo così
finisce il sistema economico così come è stato impiantato. Bene! Inventiamo un altro
sistema economico».21
2. E i bambini? E quegli «esserini» preziosi che mettiamo al mondo con tanto amore?
Loro sì che sono davvero completamente immersi nel bombardamento di sempre nuovi
desideri, di nuovi oggetti, di tanti stimoli tutti materiali!. Il problema dei bambini nel mondo,
è quello delle società ricche e non di quelle povere!
L’educazione dei giovani dovrebbe costituire l’impegno primario. Ogni civiltà, da quella
cinese a quella greca, a quella cristiana, hanno fornito un sistema ordinato di idee con cui
vivere e interpretare il mondo. Ogni educazione dovrebbe avere come scopo quello di
dare alle giovani generazioni un insieme di idee – valori – di senso con cui vivere, con cui
orientarsi per capire cosa fare delle proprie vite.
Con tutte le nostre scienze, con tutta la nostra tecnologia, la nostra specializzazione, che
cosa trasmettiamo ai nostri ragazzi, quale fiducia, quale idea d’insieme, quali valori? «È
quello che oggi manca», diceva Terzani a Folco, «Ho una certa compassione, una certa
commiserazione, per i giovani che oggi non hanno niente in cui credere, non hanno un
ideale per il quale impegnarsi, tanto che si rivolgono al calcio, alla moda, alle motociclette,
allo sport. Ora, tu puoi immaginare che l’anima di un giovane, le speranze di un giovane
debbano essere legate all’amore per una squadra di calcio? C’è qualcosa che non
torna».22
In questi anni abbiamo assistito ad un esorbitante aumento del disagio giovanile con casi
di violenza, di disperazione, di perdita di senso sempre più frequenti. Umberto Galimberti,
nel suo L’ospite Inquietante. Il nichilismo e i giovani 23 ha il merito di aver denunciato che
il disagio giovanile attuale non può più essere liquidato come un disagio individuale.
L’ampiezza di questo fenomeno deve costringerci a riconoscerlo come «un disagio
culturale. <<Allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna
agire»24.
Sono le idee che guidano il mondo e la più grande forza è sempre la nostra mente.
Terzani diceva: “Il dramma del nostro tempo è quello che ha così ben descritto Guénon. Il
marxismo-leninismo ci ha messo un tetto e ci ha chiuso la via verso il cielo. La psicanalisi
ed il resto ci ha aperto una botola sotto, verso l’inconscio. Certo che è interessante questa
botola che ci fa entrare in quella cosa misteriosa che è nella nostra psiche, l’inconscio. Ma
il cielo? Abbiamo dimenticato questa dimensione”.25
La nostra maniera di pensare e l’educazione moderna sono infatti costituite da un
gruppo di idee dominanti che si sono consolidate tra Ottocento e Novecento. Ampliando
l’acuta osservazione di Terzani, possiamo raggrupparle in sei idee principali: 1) L’idea di
evoluzione e di progresso , cioè l’idea che esista un processo automatico che porta dalle
forme inferiori a quelle superiori. Questa idea è stata applicata a tutti gli aspetti della vita;
19 Cfr. Terzani, Un altro giro di giostra, cit., pp. 161. Ancora più radicalmente, Terzani si domandava: «Che ci sia
davvero una grande saggezza nel pensiero orientale secondo cui ciò che è fuori è immutabile e che la sola speranza è
cambiare dentro di noi?». Ibidem,p.202
20 Terzani, Un altro giro di giostra, cit., pp. 202 sg.
21 Terzani, Intervento a «ControRadio», cit.
22 Terzani, La fine è il mio inizio, cit., p. 64.
23 Milano, Feltrinelli, 2007.
24 Cfr. Gloria Germani,” Adolescenti in marcia verso il nulla”, Il Manifesto, 22 novembre 2007.
25 Tratto dal video-intervista Tiziano Terzani: Il kamikaze della pace, a cura di Leandro Manfredini e Willy Baggi,
pubblicato insieme alla riedizione di Lettere contro la guerra, Longanesi, Milano, 2002.
7
2) L’idea di competizione, di selezione naturale che . spiega il processo automatico di
evoluzione con l’idea della sopravvivenza del più adatto; 3) L’idea – di cui si è reso
portavoce Marx – che tutte le manifestazioni superiori della vita umana, dalla religione alla
filosofia, siano sovrastrutture erette per mascherare gli interessi economici e la lotta di
classe; 4) L’idea freudiana che queste stesse manifestazioni siano il risultato di desideri
non realizzati di incesto o comunque di frustrazioni sessuali; 5) L’idea generale del
relativismo, per cui in nessun campo si possano raggiungere verità assolute; 6) L’idea del
positivismo, per cui l’unica conoscenza valida può essere ottenuta attraverso i metodi delle
scienze, ma anche che non è possibile alcuna conoscenza del senso e del significato
complessivo della vita umana26.
Queste sei idee dominanti hanno in comune il fatto di ridurre tutte le forme dell’esistenza
ad un unico livello, quello materiale, negando che possano esistere livelli diversi o
superiori. Inoltre, introducono l’idea che la competizione e la forza siano le uniche regole
della vita.27
Queste idee dominanti, tuttavia, non sono altro che dei presupposti non dimostrati. Se è
vero infatti che c’è stata un’evoluzione biologica dalla scimmia all’uomo, è altrettanto vero
che tale evoluzione biologica si è arrestata cinquantamila anni fa. Da allora l’uomo è
mutato secondo schemi culturali e non più per selezione naturale.
Il fatto importante e da sottolineare è che le idee acquistano davvero potere quando,
dopo varie generazioni, diventano parte di quella massa di schematismi che formano in
maniera subcosciente la mente dei giovani, quando, cioè, non sono più tesi formulate
intellettualmente, ma sono diventate strumenti con cui le nuove generazioni interpretano e
filtrano l’esperienza che fanno del mondo.
La conseguenza ovvia, a cui tristemente assistiamo oggi, è la distruzione di ogni
possibile etica. Questi presupposti sul caso, sulla competizione e sulla forza che sarebbero
l’unica legge del mondo, hanno distrutto le basi dell’etica, lasciando al suo posto soltanto
un senso di spaesamento, di caos e, molto spesso, di rabbia, che si manifesta oggi nelle
giovanissime generazioni nel fenomeno del «bullismo».
«L’educazione dovrebbe incominciare con l’insegnare il valore della non violenza», ripete
con forza Terzani.28 La non violenza o il non dualismo è un diverso atteggiamento della
mente che comprende tutte le cose.
Questo diverso atteggiamento ci obbliga a mettere in discussione le nostre abituali
convinzioni: ci induce a pensare che la Natura non è qualcosa di esterno che possiamo
sfruttare a nostro piacimento, che l’essenza dell’uomo non si colloca all’apice di una linea
evolutiva, che va dai molluschi invertebrati ai primati, e che questa linea evolutiva
semplicistica non giustifica lo sfruttamento indiscriminato da parte dell’uomo sugli altri
esseri viventi e la natura.
Imparare la non violenza significa accettare di vivere all’interno del complesso sistema
dell’armonia e della convivenza naturale.
«Parliamo di pace», esorta Terzani, «introduciamo una cultura di pace nell’educazione dei
giovani. Perché la storia deve essere insegnata soltanto come un’infinita sequela di guerre
e di massacri?».
Insegniamo la storia delle civiltà, che è ricca di esempi di convivenza tra culture e della
loro reciproca fecondazione. Come quella del grande imperatore indiano Ashoka, che nel
260 a.C. rinunciò alla guerra e decise che la conquista più importante è quella del cuore
degli uomini. Fondò ospedali tanto per uomini e per animali e lasciò in tutta l’Asia delle
26 Cfr. Nota successiva.
27 Ho ripreso ed ampliato qui le importanti considerazioni fatte da un autore gandhiano molto amato da Terzani:
E.F.Schumacher, Small Is Beautiful, economics as if people mattered, Harper & Row, London, 1973, cap. II..
28 Terzani, La fine è il mio inizio, p. 399.
8
steli di pietra scolpite in sanscrito, greco, aramaico, in cui spiegava l’importanza della
compassione, della convivenza e della pace.29
«Il problema è», continua Terzani, «che tutto il sistema è fatto in modo che l’uomo, senza
neppure accorgersene, comincia fin da bambino a entrare in una mentalità che gli
impedisce di pensare qualsiasi altra cosa. Finisce che non c’è nemmeno più bisogno della
dittatura, ormai perché la dittatura è quella della scuola, della televisione, di quello che ti
insegnano».30 E ancora: «Se vai in una scuola occidentale dove la prima cosa che devi
fare è competere con il tuo compagno di banco, come puoi crescere con una qualche
apertura mentale?»31
Dobbiamo capire che i semi più importanti non sono soltanto quelli delle varietà delle
piante, bensì i nostri figli, le nuove generazioni. E la battaglia favore della biodiversità va
estesa alla biodiversità dei nostri figli. Già adesso esistono alcune scuole altenative, ma il
loro campo di azione andrebbe assolutamente ampliato: le scuole ispirate alla pedagogia
di Rudolf Steiner e Alice Projet-Universal Education School fondata da Valentino
Giacomin, pionieristico ideatore di un metodo pedagogico, basato sul non dualismo, che
mira alla consapevolezza della mente, integrando le materie scolastiche con pratiche yoga
e di meditazione.32
Abbiamo assolutamente bisogno di una nuova educazione, non di quella che oggi è
insegnata in tutte le scuole dove i nostri figli sono bombardati – in tutte le materie, dalla
storia, alla letteratura, alla tecnologia – da una quantità di nozioni senza anima, senza vita
che sono frutto della visone materialista e scientifica del mondo fondata sul quel
paradigma newtonino –cartesiano che si è rivelato errato e superato.
3. Con ciò arriviamo alla terza cosa da fare: inventarci una nuova economia.
A partire da Un indovino mi disse Terzani ha denunciato con sempre maggior vigore il
ruolo assunto nella civiltà moderna dall’economia:«Anni di sfrenato materialismo hanno
marginalizzato il ruolo della morale nella vita della gente, facendo di valori come il denaro,
il successo e il tornaconto personale, l’unico metro di giudizio»; «Tutto il mondo funziona
ormai così: il mercato è tutto ciò che conta, la sola moralità è quella del profitto e ognuno
arranca come può per sopravvivere in questa giungla» 33.
Nel suo libro-testamento, La fine è il mio inizio, Terzani ci lascia con due grandi moniti:
“Questa nostra civiltà moderna è una civiltà andata matta, andata matta per l’economia”34.
“Questa secondo me sarà la grande battaglia del futuro: la battaglia contro l’economia che
domina le nostre vite, la battaglia per il ritorno a una forma di spiritualità – che puoi
chiamare anche religiosità – a cui la gente possa ricorrere…Occorrono nuovi modelli di
sviluppo, non solo crescita, ma parsimonia”35.
29 Terzani ha ricordato spessissimo la grande figura dell’imperatore Askoha, pressoché sconosciuta in Occidente,
cfr. Lettere contro la guerra, cit., p. 180. In questo senso si vedano gli importanti suggerimenti di Swami Veda Bharati,
membro del Consiglio Mondiale dei leader religiosi presso Le Nazioni Unite , in particolare Allevare ed Educare alla
Pace, conferenza del MWPS WCRL Ethiscs Initiatives, 28 gennaio 2004.
30 Terzani, La fine è il mio inizio, cit., p. 399.
31 Terzani, La fine è il mio inizio, cit., p. 400 e p. 383.
32 La pedagogia di Steiner (1861-1925) è antinozionistica, dà grande spazio alla parte immaginifica ed intuitiva
del bambino, insegnando attraverso le varie materie, la bellezza e il senso del mondo. Giacomin (n. 1945), insegnante
elementare, giornalista e pedagogista, partendo dalla filosofia buddista, induista e interreligiosa, ha sviluppato una
metodologia basata sull’unità tra mondo interno e mondo esterno. La consapevolezza della mente e delle sue proiezioni
è risvegliata attraverso pratiche di respiro e di yoga, visualizzazioni, meditazioni e conduce a una maggiore
concentrazione e ad una cultura di pace. Nel 2006 ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui quello del Dalai Lama.
Per ulteriori notizie su queste scuole, si possono utilmente consultare rispettivamente i siti
www.rudolfsteiner.it e
www.aliceproject.org.
33 I due brani sono tratti da Lettere contro la guerra, cit., pp. 118-19; Un altro giro di giostra, cit., p. 42.
34 Ibidem, p. 409.
35 La Fine è il mio inizio, p.400.
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Terzani si richiama esplicitamente a E. Schumacher l’autore di Piccolo è Bello. L’economia
quando ciò che conta sono le persone, che negli anni ‘70 riprese le indicazioni gandhiane
in materia economica e ce ne mostrò tutta la validità. Occorre basarsi in massimo grado
su ciò che Gandhi chiamava swadeshi, la predilezione delle cose native e la produzione
su base locale. Essa dona ad ogni piccola comunità la propria autosufficienza e dignità,
invece di renderla vulnerabile rispetto a mercati esterni e dipendente da trasporti non
necessari che producono spreco e inquinamento. L’economia su base locale, fondata sulle
risorse locali e rivolta all’uso locale, promuove lo spirito comunitario e benessere
comunitario. Tale economia incoraggia l’aiuto reciproco e i membri delle comunità si
prendono cura delle famiglie, dei vicini, degli animali e delle terre e di tutte le risorse
naturali, per il beneficio delle generazioni presenti e future. Terzani ritorna su questi temi in
La fine è il mio inizio: «Gandhi voleva prendere la via dei villaggi anziché quella delle
fabbriche che riducono l’uomo a schiavo. Perché distruggere i villaggi? Villaggio vuol dire
comunità, vuol dire spartire le risorse!»36 Gandhi aveva suggerito, fin dall’inizio della sua
attività politica, che l’unica via di salvezza era la riscoperta dei valori tradizionali, il
ripristino della economia precapitalistica. Occorreva far risorgere l’artigianato indigeno che
il colonialismo aveva distrutto: «Filate e tessete il cotone indiano con le vostre mani»,
predicava Gandhi, «non vestitevi con i prodotti dei telai occidentali», e lui stesso dava
l’esempio, filando e tessendo la tela bianca del suo kadhi. L’arcolaio che portava sempre
con sé nelle sue peregrinazioni a piedi attraverso il paese, divenne un simbolo di
autonomia, di dignità. Gandhi aveva un’idea chiarissima: «Il fine da perseguire è la felicità
dell’uomo congiunta al suo pieno sviluppo intellettuale e morale. Questo fine può essere
raggiunto con il decentramento. Il sistema dell’accentramento è incompatibile con una
struttura non violenta della società».37
Terzani insite moltissimo sulla necessità di subordinare l’economia all’etica. Perché?
Domandiamoci: cos’è l’economia? L’economia e il dominio economico non sono, di fatto,
l’apice di quel paradigma scientifico per cui l’io domina il mondo esterno? Proprio per
questo l’economia moderna si fonda su quell’impulsi che danno forma all’Io, all’’Ego e
che sono il contrario di ogni etica: l’avidità, l’ invidia, l’ingordigia, il desiderio.
Gandhi sosteneva: «Non traccio una linea retta e non faccio distinzione tra economia e
etica […]. La civiltà, nel senso reale del termine, non consiste nella moltiplicazione, ma
nella volontaria e deliberata restrizione di bisogni. Questo soltanto porta la felicità e il vero
appagamento».38
Pienamente in linea con le indicazioni gandhiane, Schumacher ci dice: dobbiamo
inventarci una tecnologia intermedia, una «piccola tecnologia dalla faccia umana» 39 che
faccia ritorno a forme di autoproduzione e autoconsumo.
Terzani parla di Schumacher ma ovviamente i rimandi oggi potrebbero essere moltiplicati
ad una miriade di fermenti culturali sempre più vivaci in questi anni: l’ Ecoliteracy di F.
Capra, la banca dei semi e le molteplici attività di Vandana Shiva, Petrini e il movimento di
Slow Food, Pallante e soprattutto Serge Latouche con il movimento della Decrescita che
non solo critica il concetto di sviluppo sostenibile ma contesta radicalmente il concetto di
sviluppo stesso e arriva a smascherare “l’invenzione dell’economia” come un fenomeno
del mito generale dell’occidentalizzazione del mondo.
Già nel 2002 Terzani scriveva: «Tutto lo sforzo economico moderno è fondato sul
concetto che lo sviluppo è crescita, crescita, crescita».40 «Per l’economia è una “buona
notizia” che la gente compri di più, costruisce di più, consumi di più. Ma l’idea degli
36 Ibid., p. 397.
37 Gandhi, Antiche come le montagne, ( a cura di S.Radhakrishnam) , Milano, Mondadori, 1987,p. 169.
38 Ibid., p. 169 e p. 149.
39 Cfr. Schumacher, Small Is Beautiful, cit., pp. 171-190.
40 Terzani, Il manager e l’arcobaleno, cit..
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economisti, secondo cui solo consumando di più, producendo di più, si progredisce, è
pura follia. Anche perché consumare significa, in fin dei conti, consumare le risorse della
Terra. Già oggi usiamo il 120 per cento di quello che il globo produce. Ci stiamo
mangiando il Capitale. Cosa resterà ai nostri nipoti? »41
«Cosa fanno gli scienziati-economisti?.. Cosa sanno dirci sull’avidità che sta distruggendo
il mondo in nome di quello che loro stessi, magari, definiscono progresso.?Parole come
’ingordigia’, ’avidità’, ’egoismo’ non compaiono nei libri di economia e gli stessi economisti
continuano a praticare la loro scienza come se non avesse niente a che fare col destino
dell’umanità».42
Gli interrogativi sollevati da Terzani vanno alla radice del problema della civiltà moderna
occidentale, perché arrivano alla radice dell’essenza del paradigma scientifico –
materalista di pensare. Per questo offrono una chiave di comprensione molto ampia che
abbraccia tantissimi aspetti nel nostro vivere infelice
Il mito del mercato, l’invenzione dell’economia, e soprattutto un’antropologia fasulla
basata esclusivamente sulla materialità che genera l’ individualismo sfrenato e aggressivo
dei nostri tempi sono tutti prodotti di una determinata visione del mondo che ha origini
ben precise nel pensiero occidentale del seicento-settecento, ma di cui non siamo affatto
coscienti anzi che scambiamo con un processo evolutivo naturale.
Il compito che ci sta di fronte è dunque quello della rivoluzione dentro di noi, di un
lungo lavoro culturale sul senso della vita e sull’essere uomini che ci faccia imboccare
una strada di evoluzione più spirituale, più pacifica, più in armonia con la natura..
Terzani non si stancava di affermare che la “dove si vive al ritmo della natura, il senso che
la vita è una e è grande. Ogni cosa è legata, ogni parte è l’insieme. È il sentirsi separati da
questo che ci rende infelici. Come il sentirsi divisi dai nostri simili».43
Ripeteva che «più ci inciviliamo, più ci allontaniamo dalla natura, compresa la nostra
natura che è quella di essere parte di questo stesso tutto».44 L’unica, grande maestra è la
Natura.
La nostra sensibilità di occidentali moderni è oggi sempre più spaccata in due. Da una
parte ci sono coloro che si potrebbero chiamare «i fuggi, fuggi in avanti»: coloro che
nonostante i disastri ecologici, ma soprattutto davanti ai disastri esistenziali che leggiamo
e vediamo ogni giorno, non vogliono porsi la fatica del dubbio e si ripetono: «sono
problemi individuali, non possiamo stare fermi, dobbiamo andare avanti, non c’è niente di
sbagliato nella civiltà e nella tecnologia moderna eccetto il fatto che è incompleta, il
progresso e il futuro inventeranno tutti i correttivi necessari». Accanto a questa cultura
dominante, appoggiata dai governi e dalle industrie, esistono, in Occidente, tante persone,
ancora una minoranza, ma sempre più in crescita e forte nei propri convincimenti di fondo,
che potremmo chiamare «coloro che vogliono tornare a casa», oppure forse anche «no
global».45 Sono persone che cercano nuovi stili di vita più autentici, una vita in seno alla
natura, seguendo, per esempio, le strade del biologico, del vegetarianesimo, delle
medicine naturali. Soprattutto sono persone che vogliono mantenere in vita l’antica
consapevolezza che tutte le forme del mondo vivente sono intimamente connesse,
persone che ormai istintivamente mettono in dubbio l’idea del progresso.
41 Terzani, Un altro giro di giostra, p, 245.
42 Terzani, Un altro giro di giostra, cit., p. 85.
43 Terzani, Lettere contro la guerra, cit., p. 178.
44 Terzani, Un altro giro di giostra, cit., p. 530. Cfr. inoltre il pesante giudizio espresso sull’uomo occidentale, che è
diventato un nulla, lontano dalla natura, in Id., La fine è il mio inizio, cit., p. 411.
45 Questi calzanti soprannomi – forward-stampede e home-comers – sono ripresi da Schumacher in Small Is
Beautiful, cit., p. 155 sgg.
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La Visione non dualista del mondo, la percezione che tutto è Uno, che tutto è
interconnesso, , è l’unica prospettiva che, grazie alla sua ampiezza, può aiutarci a guarire
non solo noi stessi e i nostri rapporti con gli altri, ma anche il nostro pianeta.
In altre parole, questa diversa prospettiva, che riguarda essenzialmente il nostro Io, e il
rapporto non di separazione, ma di inclusione, tra io e mondo, può guidarci – tanto sul
piano individuale quanto su quello collettivo – verso una convivenza più spirituale e più
armonica.