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Lavorare tutti, lavorare di più

di Antonio Gentilucci - 10/07/2009

    



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L'accordo che i ministri degli affari sociali dell'Unione Europea, qualche settimana fa, hanno “faticosamente” raggiunto, contribuirà a fornire maggiore flessibilità al mercato del lavoro. L’orario settimanale è confermato nelle attuali 48 ore massime. Però si può arrivare a 60, se c’è l’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Ci sono solo due ragioni per cui si può credere che ci sarà veramente un accordo, e non piuttosto un ricatto sotto minaccia di licenziamento: perché si è ingenui come bambini, o perché si è ipocriti e subdoli come serpi. A ognuno la scelta.
L’obiettivo apparente di queste legislazioni “libertarie” è semplice: combattere ad armi pari con la Cina ed evitare l’invasione dei loro prodotti.
In effetti la motivazione di lungo periodo ha sempre a che fare con l’Impero grigio (una volta era celeste, ma con l’inquinamento che hanno oggi...).  E’ tuttavia più complessa, più ambiziosa se vogliamo, ma è in realtà segno di grande cecità e di mancanza di visione.
Da una parte, la crisi ha mostrato che non si può drogare più di tanto un mercato pressando con inaudita violenza pubblicitaria il consumatore a darci dentro con acquisti a rate e indebitamento da carta di credito. Prima o poi il sistema salta, come è successo. Dall’altra parte, la Cina è il primo Paese che sta uscendo dalla crisi, ed è ormai chiaro che il modello vincente è il suo (un modello vecchio come il cucco: pagare poco e far lavorare tanto, per tenere i prezzi più bassi). Il mercato interno cinese entro pochi anni sarà più importante di quello europeo e forse anche americano, che sono realtà quantomai consunte. Lo stesso fatto di aumentare il lavoro e non i salari è l’indizio più chiaro che non si crede più che da noi si  possa tornare a crescere significativamente. Come tubi digerenti, siamo ormai obsoleti, consunti: bisogna fare troppa fatica per trovare e piazzare nuovi prodotti inutili. Il consumo non cresce.
Alle nostre aziende devono essere allora date le armi per poter competere non tanto con la Cina ma proprio in Cina, ossia conquistare ampie fette di questa nuova frontiera del capitalismo. Non difendere il nostro mercato, ma attaccare il loro. E per far questo, tutti devono adeguarsi agli standard sociali (quali?) cinesi.
La sostanza della questione, la morale se vogliamo,  è che i mercati sono essi stessi usa e getta, sono come vacche da mungere, terreni da spremere e sfruttare, finché non diventano aridi. Questo sistema industriale capitalista, nato e cresciuto nel ‘700 in Inghilterra, non può essere stabile, regge solo se c’è una crescita continua, incessante, è in equilibrio solo quando è  in accelerazione. Qualsiasi persona che abbia studiato un minimo di economia può confermarlo.
Per tornare ai pessimi effetti sociali della rincorsa alla Cina, possiamo illuderci che forse pian piano la legislazione sociale cinese diverrà più simile al welfare di stampo europeo. Forse, ma quando questo avverrà, sarà perché anche la Cina sarà ormai matura, avrà esaurito il suo ruolo “nutritivo” del vorace Sistema. E allora bisognerà conquistare il Sud America forse, o sarà la volta dell’India, e più tardi dell’Africa. Sempre ammesso che Madre Natura continui ad accettare di essere sempre più spremuta delle sue risorse, e non si rivolti piuttosto verso i suoi presuntuosi umani figli.
Gli europei (che sono quelli che hanno fatto il danno), stanno per ora seguendo passivamente la corrente, e questo decreto ne è una prova. Forse spetterebbe invece alla vecchia Europa, soprattutto nella sua componente mediterranea, dove 3.000 anni di storia hanno impedito all’isteria produttiva e consumistica di debordare, cominciare ad elaborare delle politiche, delle forme per sostituire questo sistema, e crearne uno più stabile. Lavorare meno per guadagnare meno e cominciare ad abituarsi a spendere di meno, riscoprendo l’essenza delle cose. Questa non è la morte del benessere. E’ questa, al contrario, la vera qualità della vita, e sempre più persone, nella società, stanno comprendendolo, uscendo dall’ipnotico cresci-lavora-consuma-crepa.