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L'expo e Milano: metodologia di piano tra citàà e società

di Nicola Piro - 13/07/2009

 

                                                                                                                               Non vogliamo essere i soliti “bastian contrari” o i “guastafeste” del tripudio che ha inondato gli animi degli interessati alla EXPO 2015 ma il modus operandi adottato ci sta di traverso ed è pertanto nostra intenzione accelerare nel merito un dibattito il più coerente e pertinente possibile che per la prima volta in Italia possa porre la città storica italiana (e Milano ne è autorevolmente espressione) in tensione con le nececessarie riflessioni in ordine agli interventi di grande scala.   Poco sollecitati dai chiarimenti dell’ architetto Renzo Piano rispettivamento nel merito del grattacielo della Banca Intesa-Sanpaolo (Torre di 218 metri con costo stimato tra i 300 e i 400 milioni di euro nell’ area della futura stazione Tav di Porta Susa) che, secondo il comitato del “no” rovinerebbe lo skyline di Torino dominato dalla Mole Antonelliana, più spinti dalla solita invadenza della politica (Il sindaco Chiamparino e la presidente della Regione, Bresso, scesi in campo per difendere il progetto) che tutto dovrebbe fare tranne intrufolarsi in ambiti che in un Paese “diverso” non le dovrebbero appartenere se non come portatrice di avvedutezza  e curatrice di interessi generali all’ insegna della trasparenza, della moderazione e della parsimonia di protagonismo cretino.   Sull’ orgia preannunciata in relazione della CityLife di Milano siamo in assonanza con molte posizioni del grande e sensibile “maestro” Renzo Piano, reperite dall’ intervista telefonica rilasciata a Giangiacomo Schiavi del CdS e pubblicata il 6. Aprile u.s., specialmente sulla necessità di indire i concorsi che “servono, fanno emergere nuovi talenti”, meno con le sue esternazioni filantropiche.  Donde il ritorno al caso dell’ Expo 2015 di Milano nell’ intento di tematizzarne i risvolti e le inevitabili ricadute nella ipotesi  - certamente augurabile – di interventi all’ interno della città storica italiana visti come momenti di riflessione e di ricerca nell’ ambito dei sensibili processi di renovatio urbis.   L’ impatto di tipologie edilizie del “fuori scala” (urbana) sui tessuti urbani esistenti ha sempre ed ovunque sensibilizzato la opinio pubblica. È successo recentemente con il grattacielo che l’ architetto Mario Botta avrebbe voluto erigere a Celerina, nell’ alta Engandina. Dopo appassionati dibattiti il volume prismatico di cristallo – una torre-albergo di 17 piani che avrebbe superato l’ altezza della chiesa dell’ amena località alpina – venne respinta dal Consiglio comunale. Con articoli sulla stampa – non ultimi quelli  di molti ticinesi e milanesi ivi residenti nelle loro secondo-case di discutibile gusto pseudo- engandino – richiamarono la tanto discussa Casa di Gioco di Botta a Campione d’ Italia e all’ affaire di Melide con una torre di vetro e alluminio di 75 metri a forma di nuvole sovrapposte dell’ architetto irachena Zaha Hadid. Come si vede da chiarire è sempre l’ eterna questione di introdurre “segni” determinanti in un paesaggio naturale e culturale.   Per noi il riferimento alla nostra esperienza professionale in Germania ed il richiamo a casi della prassi quotidiana in questo Paese all’ avanguardia per quanto attiene la complessa legislazione urbanistica, possono essere occasione e ragione di stimolo in direzione di tutti quei siti istituzionali italiani nei quali la presenza della (male)politica, da una parte, e l’ assenza di una “cultura della partecipazione”, dall’ altra, sembrano non voler  riconoscere ai cittadini quel diritto di autonomia di giudizio relazionato al destino  della città e del paesaggio (naturale e antropizzato) italiani.   In tal senso l’ intervento su grande scala urbanistica nella Heidestraße di Berlino, un’ area centralissima della capitale della Germania due volte maggiore dell’ altra del Potsdamer Platz (Piano-Master secondo il 1° Premio di un concorso internazionale vinto dell’ architetto Renzo Piano) e pari alla superficie di 40 campi di calcio, nella quale è previsto un mix di abitazioni, uffici, gastronomia e cultura, rappresentarà ancora una volta uno dei più grandi cantieri d’ Europa nei prossimi venti anni.   80 studi di architettura, “tutti” della Germania, hanno già inviato gli elaborati di concorso. Il 3. Marzo u.s. in un affollatissimo auditorium del Campus-Charité sono stati presentati al pubblico gli elaborati dei 5 gruppi qualificatisi (Albert Speer, Markus Neppl, Hilmer & Sattler-Albrecht, Rudolf Scheuvens e Kai Stege) che sono stati così impegnati di presentare progetti più dettagliati sullo sviluppo urbano della vasta e sensibile area.  “Noi abbiamo fornito pochissime indicazioni e siamo ora ansiosi di conoscere le proposte dei 5 concorrenti”, è stato il pensiero di Michael Kuenzel, direttore della Sezione (Referat) per il  “Piano Regolatore Generale” (esiste, come in tutte le medie e grandi città della Germania, anche l’ altra per i “Piani Particolareggiati”), dell’ Amministrazione berlinese per lo Sviluppo Urbano. È prevista una superficie totale lorda tra i 440.000 e 610.000 m2. Inoltre da  800 a 1200 appartamenti e da 10 000 a 14 000 posti di lavoro. Dalle indicazioni fornite dall’ assessore comunale che, assieme  alla direttrice della Divisione Edilizia del Senato di Berlino (Consiglio comunale per le “città-stato” di Berlino, Amburgo, Brema. Così potrebbe essere per città come Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo), fa parte dell giuria del concorso, il volume degli investimenti nell’ ordine di diversi miliardi di euro verrà suddiviso in più “strutture” di dimensioni ridotte. In ogni caso “non si farà ricorso ad interventi  “monostrutturali” come shopping mails, alberghi, abitazioni di lusso, etc. La vicinanza alla nuova stazione centrale, all’  ex scalo ferroviario Hamburger Bahnhof e alla Charité (il prestigioso nosocomio berlinese) richiederanno altre destinazioni d’ uso come turismo, cultura e impianti per la salute.   Parte integrante del Piano-Master sarà lo sviluppo dell’ area dietro il Museo d’ Arte Contemporanea; i progetti per il  Campus dell’ Arte (area da 340 000 m2) sono in uno stato avanzato di redazione. Abbiamo voluto descrivere nel dettaglio quest’ altro grande avvenimento berlinese per sottolineare la parsimonia di pompa, la serietà, l’ impegno e la meticolosità della grande “macchina” della Germania quando vengono affrontate megastrutture urbane nel rispetto delle preesistenze antropiche e naturali.   Esistono paesi nei quali l’ agenda politica dell’ architettura è colma. E così deve essere soprattutto quando la società attende dagli architetti proposte politiche. E se essi direttamente non possono trasformare la città, con gli edifici e gli spazi pubblici che progettano devono concorrere a cambiarne il volto per farne veramente un luogo di socializzazione. In tal guisa l’ architettura diventa gesto politico.   La co-responsbilità che politica e architettura assolvono nella gestione dei fenomeni urbani deve pertanto essere ispirata anche dall’ economia o da una balance tra spazi da costruire e spazi da lasciare liberi poiché i problemi delle grandi città metropolitane come Milano non si risolvono soltanto “creando così il più grande parco pubblico di tutta la zona nord della città”, come abbiamo appreso recentemente dalla replica di Letizia Moratti alle critiche dell’ architetto Renzo Piano.    Il “verde” è sì irrinunciabile alla vita dei cittadini, anche se nella tradizione della città storica a creare l’ effetto-città è stata sempre la densità urbana. Donde, a nostro avviso, la necessità di ridurre le aree destinate a parchi per offrire alla famiglia in tutte le sue forme costitutive e con il ricorso a consolidate tipologie urbanistiche ed edilizie pel tramite di un equilibrato mix di funzioni (abitare, lavorare, apprendere), più occasioni di vivere la città e restare dentro gli ambiti di quella urbanità precipua della città europea e italiana, in particolare.   Un processo che non può essere affidato soltanto “all’ opera di maestri del calibro di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind”, bensì gestito direttamente all’ interno di istituendi Uffici (Tecnico e per lo Sviluppo e la Pianificazione urbana) comunali con il ricorso a Piani Particolareggiati di settore elaborati dagli stessi ed aperti alla partecipazione dei cittadini.   In tal senso riteniamo opportuno il riferimento al § 4 dell’ Ordinamento sull’ uso dei suoli vigente in Germania  (che fa un tutt’ uno con la Legge urbanistica “nazionale”) atteso che già il § 1, “Prescrizioni generali per le aree destinate all’ edilizia e le zone da edificare”, di detto Ordinamento suddivide il territorio comunale nelle 4 aree W (per la residenza), M (ad uso misto), G (per l’ industria), S (ad uso speciale), “indicate” nel Piano Regolatore Generale (Zoning), e in 10 zone WS (piccoli insediamenti), WR (esclusivo uso residenziale), WA (uso residenziale in generale), WB (particolare uso residenziale), MD (piccoli centri urbani), MI (zone ad uso misto), MK (centri urbani), GE (commerciali e artigianali), GI (industriali), SO (speciali)., “prescritte” per i Piani Particolareggiati. § 4 Zone ad uso residenziale in generale (WA)(1)     Essenzialmente destinate all’ abitare.  (2)  Sono ammessi:1.       Edifici residenziali;2.       Negozi destinati all’ approviggionamento, ristoranti, bar, nonché esercizi per attività artigianali che non disturbino la quiete,3.       Edifici per il culto religioso, sociali (asili, case per anziani, case per immigrati, etc.), culturali (scuole e annessi impianti sportivi. Centri giovanili, musei, biblioteche, archivi, teatri, studi radio-televisivi, etc.), per la salute (case di cura, ospedali, cliniche, centri di riabilitazione, etc.), per lo sport (campi da tennis, piscine coperte e scoperte, Squash-Center, Bowling-Center, palestre, etc.); Eccezionalmente possono essere ammessi 1.        Pensioni e pensioni con annessi ristoranti,2.        Particolari attività artigianali che non disturbino la quiete,3.        Edifici per uffici pubblici e privati di modeste dimensioni da valutare di volta in volta,4.        Vivai di piante,5.        Stazioni di servizio    L’ edificabilità dei lotti è regolata dagli indici massimi dettati dal § 17 che esclude ogni forma di ricorso a cubature al contrario di quanto avviene nella vergognosa prassi del nostro Paese con i risultati che tutti conosciamo e che tra l’ altro hanno contrassegnato la fallimentare gestione romana dell’ ex sindaco Veltroni; contrassegnano la gestione delle politiche urbane nella Milano dell’ Expo 2015 nella quale uno dei due possibili candidati alla guida del prossimo esecutivo, il signor Silvio Berlusconi, è stato ed è consigliere comunale di maggioranza.   Lo strumento di piano è il Piano Particolareggiato (giammai il Piano Regolatore Generale ! Ancora ad oggi, 10. Aprile, nel corso del TG3 delle ore 19:00, per la città di Roma si faceva ancora un esplicito riferimento alla  “applicazione del Piano Regolatore Generale”. VERGOGNA ! Tutto questo è possibile in quanto all’ invadenza ed alla arroganza dei politici ed al silenzio dei sedicenti urbanisti-asini della repubblichetta italiana). Sulla base dell’ indice massimo di superficie (GRZ) edificabile, 0,6; dell’ indice massimo di superficie lorda (GFZ) abitabile riferita alla superficie del lotto, 1,2; ed al numero dei piani fuori terra consentiti, da 4 a 5, l’ architetto-pianificatore (in Germania, l’ Ufficio per lo Sviluppo e la Pianificazione urbana), “compone” - anche sulla base della forma dei tetti e degli allineamenti stradali “prescritti” - come nel progetto di architettura, il “pro-getto” (atto creativo per Martin Heidegger. La città come “Gesamtkunstwerk”, cioè opera d’ arte totale – donde urbanistica e non pianificazione – per Camillo Sitte) di piano. Che, ricordiamolo ancora sino alla nausea, si esplica o si esprime nel PIANO PARTICOLAREGGIATO ! GIAMMAI NEL PIANO REGOLATORE GENERALE !!!   Tra le tipologie urbane residenziali più correnti si ricordano: l’ edificio pluripiano isolato (condominio), la “palazzina” urbana, la casa unifamiliare isolata (da limitare per il dispendio di superficie del lotto necessaria), la casa unifamiliare “doppia” (due metà di una casa unifamiliare isolata rispettivamente su lotti di 300 m2), la casa unifamiliare a “schiera” (su lotti massimi di 300 m2), la casa a schiera “urbana”, la casa ad “atrio”, etc.   Per le aree di pargheggio a cielo aperto nelle adiacenze delle residenze, è da preferire la soluzione a “mezzo-raso”, cioè con quota di parcheggio  a –1, 50 m dalla superficie di traffico stradale, con posti-auto in serie alternati ad alberature, pavimentazioni permeabili alle acque meteoriche in prefabbricati di cemento con interstizi da seminare a prato con specie resistenti al traffico, etc.    Per la casa a schiera semplice e la casa a schiera urbana, il  posto-macchina può essere ricavato nel cantinato (- 3, 00 m circa) elevando la quota del piano-terra a +1, 50 m dal piano stradale. L’ accesso al garage (aperto o chiuso) seminterrato ha luogo a mezzo di una rampa. L’ accertamento del numero dei posti-macchina necessari in Germania è regolato o da un ordinamento generale esteso su scala nazionale o, per le grandi città, da statuti comunali. La costruzione e l’ esercizio di garagi in elevazione o sotterrenei sono regolati da un ordinamento nazionale.    Intanto le scimmie della politica e dell’ urbanistica italiana (compreso l’ Istituto Nazionale di Urbanistica), responsabili del degrado nel Belpaese, incominciano a saltellare andando alla ricerca di nuovi slogan. Già gli “esperti” parlano di una “legge urbanistica per il governo del territorio”, di “legge di principi”: di sostenibilità, della partecipazione, sussidiarietà, adeguatezza, autonomia e copianificazione. Tutti discorsi e definizioni vuoti come quelli sui livelli intermedi: del governo europeo e nazionale, regionale, provinciale e metropolitano,  comunale. Il Piano Regolatore Generale si chiamerà “piano strutturale comunale” e il Piano Particolareggiato “Piano operativo comunale” di breve periodo con validità (di massima i 5 anni del cosiddetto “piano del Sindaco” che corrispondono anche al termine di validità dei vincoli urbanistici.   La politica non sa legiferare, gli esperti di settore non sanno quanti sono i millimetri di un kilometro. E così nascono leggi e norme cretine come Il testo unitario NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI approvate dal ministero delle Infrastrutture di concerto con il ministero dell’ Interno e con il capo dipartimento della Protezione Civile. Musiche, fanfare…visto questo…visto l’ altro…il ministro decreta. Cosa approva ? Bla…bla…bla !    E così senza un sano diritto urbanistico ed edilizio (Legge urbanistica nazionale, Ordinamento sull’ uso dei suoli, Regolamenti edilizi regionali, Ordinamento sulle distanze tra gli edifici, Diritto contrattuale e professionale, etc.) le città italiane e Milano, in particolare, continuano ad essere terra di nessuno e humus ideale per mafia, camorra e le grandi imprese imprese di costruzioni (Ligresti, Ance, etc.).    Però l’ architetto milanese Dante Oscar Benini va a costruire una città all’ avanguardia con servizi e trasporti pubblici super efficienti, case e uffici orientati per sfruttare al massimo i raggi del sole e realizzati in materiali “mangia smog” mentre l’ architetto Massimiliano Fuxas, vincitore di un concorso internazionale di architettura, costruirà il nuovo terminal dell’ aereoporto cinese di Shenzhen. La stranezza è che nessuno di queste grandi firme, compreso l’ architetto Renzo Piano, denuncia pubblicamente le carenze legislative esistenti nel nostro Paese. Un modo come l’ altro per amare, ognuno per sé, l’ Italia.   IL GRATTACIELO E LA CITTÀ  DI MILANO COME PARADIGMA PER LA CITTÀ ITALIANA PremessaGrave è intanto il silenzio del culturame del Belpaese sul tema scottante del rapporto tra l’ edificio in verticale (grattacielo o skyscraper) e la città orizzontale in un paese, l’ Italia, nel quale la verticalità è stata segnata dal Medioevo sino alla fine del  19. secolo  dal campanile.    Tacciono i cosiddetti filosofi dell’ ex sinistra come il professore Cacciari, tace il semiologo Umberto Eco, ed è inesistente il culturame di destra. Ma tacciono anche le scuole di architettura con i loro sedicenti professori di urbanistica intenti come sono ad avvelenare i sogni degli studenti insegnando loro che le città si costruiscono sulla base di Piano Regolatori Generali in quanto il Piano Particolareggiato è tabù. Silenzio assoluto sul fronte istituzionale, nonostante avessimo più volte sollecitato il presidente della Repubblica ad  “ordinare” la sospensione di tutti i PRGi in fase di eleborazione o in fase di attuazione sul territorio nazionale; cuinnutu cu parra di recupero sociale delle periferie urbane: da Veltroni, l’ ultimo macellaio dell’ urbanistica nella cloaca capitolina, a Berlusconi, da anni consigliere di maggioranza e co-affossatore dell’ urbanistica nella fogna meneghina. Dulcis in fundo ha taciuto, tace e tacerà, il responsabile della Procura della Repubblica di Milano al quale abbiamo inviato una circonstanziata denuncia in ordine alla inchiesta recentemente trasmessa dalla rubrica televisiva report. MANUS MANUM LAVAT e tutte due lavano il viso. Girati comunque vuoi…il c…resta sempre dietro… all’ insegna delle solite disonestà politica e irresponsabilità intellettuale…tutti rivolti all’ Italia che sprofonda in tutte le specie di rifiuti per cantare: mors tua, vita mea !       Se non fosse stato per il presidente del Pdl, Silvio Berlusconi, improvvisatosi critico di architettura ( e lì si deve fermare e non straparlare di new towns per sopperire al fabbisogno di case per la povera gente se vuole evitarsi qualche dispiacere) e per il molleggiato sulla Milano, la città che sale, niuno avrebbe profferito parola: cuinnutu cu parra !    E ora i primi cuinnuti a parrari siamo noi, avendo davanti agli occhi una bella riproduzione (ca. 390x390 mm) in lega di metallo dell’ Uomo Vitruviano di quel certo Lionardo, sul finire del 15. secolo autore di un rivoluzionario piano urbanistico per Milano (a quei tempi di 100.000 abitanti) che prevedeva la decentralizzazione della popolazione in 10 città - anticipatrici delle new towns (Stevenage, Harlow, Welwyn-Hatfield, Hemel Hamstead, Bracknell, Crawley, Basildon) della Grande Londra, nel Galles e in Scozia della fine degli anni Quaranta -  con giardini pensili e abitazioni nell’ area superiore, canalizzazioni e vie di comunicazione nella parte inferiore.   Sulla relazione edificio in verticale e città orizzontale riportiamo quanto nel merito abbiamo scritto su Rinascita  del 29 gennaio u.s. (MM oppure Mediolanum & La Madunina): “Cosa sappiamo dell’ esperimento (o del fuoriscala) medievale di S. Gimignano, unico esempio nella storia della città compatta e storica italiana ed europea ? Per quali ragioni tale esperimento non venne ripreso nella successiva stagione rinascimentale in una città come Firenze, aperta all’ innovazione, dove i baumeister introdussero un segno, il palazzo, per dimensioni (e proporzioni) più piegabile ad un tessuto edilizio costruito sulla serialità formale della casa a schiera ?”Le tre creature della CityLife, i tre grattacieli rispettivamente Il Dritto (218 m) di Arata Isozachi, Lo Storto (185 m) di Zaha Hadid, e Il Curvo (170 m) di Daniel Libeskind, fanno da contrapunto rispettivamente alle altezze dal suolo di 108, 50 m (Madonnina del Duomo), 106 m (Torre Velasca), 127 m (Grattacielo Pirelli), 161 m (Antenna della guglia Nuova Sede della Regione Lombardia).    Le rigide modalità di costruzione dei grattacieli in Germania sono contemplate in un apposito regolamento o in regolamenti regionali.  L’ aspetto geotecnico Tradizione voleva che alcun edificio di Milano potesse essere più alto della Madonnina del Duomo. La prima trasgressione (turbamento dell’ equilibrio geologico ?) avvenne con l’ erezione del Grattacielo Pirelli mentre le motivazioni riferite ai limiti di altezza tenevano conto di problemi tecnici e strutturali in ordine alla quota di una falda freatica che esercita una forte pressione sugli strati rocciosi del sottosuolo. L’ espansione urbana del 20. Secolo, da una parte, e la conseguente estrazione dell’ acqua, dall’ altra, hanno abbassato la quota della falda freatica pregiudicando sensibilmente la consistenza del sottosuolo. Non sappiamo quale affidamento porre alla scienza ed alla tecnica delle costruzioni, certamente il ricorso a tecniche sperimentate in ordine alle fondazioni su pali “dovrebbero” fare da grande supporto. L’ aspetto estetico-formale L’ incuria e l’ indolenza della “politica” verso la città storica nell’ Italia post-fascista è sotto gli occhi di tutti e il dibattito internazionale non ha posto minimamente in secondo piano la feconda simbiosi “urbanistica-archeologia” precipua dell’a teoria e della prassi negli interventi su macroscala degli anni Venti e Trenta del 20. Secolo della cultura urbanistica italiana in Patria, in alcune isole del Mediterraneo e nelle terre d’ Oltremare. Da quelle esperienze emersero due punti chiave che attraversano l’ intero dibattito urbanistico durante gli anni tra le due guerre: da un lato il rapporto tra urbanistica e potere, dall’ altro il ruolo dell’ architetto, che si ipotizza capace di controllare l’ intero processo costruttivo. Così l’ urbanistica trova nelle colonie la piena conferma del proprio compito.In Libia, la città araba era stata assimilata a un centro storico, a un ambiente da rispettare, riducendo i tagli e i risanamenti allo stretto necessario. A maggior ragione con la fondazione dell’ impero e la trasformazione di Addis Abeba in capitale, ogni schema precedentemente adottato non è più sufficiente: l’ urbanistica è ora azione politica, disciplina lo spazio fisico sul modello di uno stato a fondamento corporativo e totalitario, impone dunque un ordine totale. Il fine dell’ urbanistica coloniale imperiale è ora creare una città per i bianchi, centro non più di una colonizzazione demografica, ma di un impero che è fonte di produzione e di reddito; la scelta compiuta è dunque quella dell’ accostamento della città nuova alla vecchia.   In paese normale dotato di sane istituzioni (non è il caso del nostro Paese) e di una politica preparata e sensibile verso la cultura urbana, dall’ Expo 2015 di Milano si dovrebbe cogliere l’ occasione per chiarire in maniera definitiva (un Manifesto per la tutela e lo sviluppo della città italiana) la compatibilità degli edifici alti o grattacieli con i caratteri della città italiana. È questa per i suoi caratteri un unicuum nella storia e nello sviluppo della città europea o rappresenta la sua unicità un bene di alto valore culturale da tutelare, non v’ è dubbio alcuno sulla necessità di inquadrare il discorso in un contesto globale che dipartentisi da una scientifica analisi urbana e da una complessa indagine sull’ impatto conseguente, attraverso studi particolari sulle varie tipologie di grattacieli, la partecipazione dei cittadini legata alla redazione dei Piani Particolareggiati, l’ esame di una Commissione comunale per la tutela della forma urbana – sostenuta dalla consulenza di un Consiglio della Forma la cui composizione dovrebbe prevedere la presenza di noti architetti stranieri (noti il Consiglio della Forma di Salisburgo a rotazione triennale. Tra l’ altro presidente è stato il noto architetto svizzero Luigi Snozzi.  L’ attuale Consiglio della Forma della città di Colonia è presieduto dal Prof. Carl Fingerhuth di Zurigo) del quale dovrebbero essere dotata “tutte” le grandi città italiane – pervenga (se necessario) al bando di concorsi di architettura internazionali. Risalgono ad alcuni anni addietro le reiterate sollecitazioni di Rinascita all’ ex presidente della Repubblica, C.A. Ciampi, e di data recente le altre rivolte al presidente, Giorgio Napolitano, i cui comportamenti sono da qualificare semplicementi “indegni” della carica da loro ricoperta. Il nostro biasimo è, pertanto, totale.   Anche (e soprattutto) in questo ambito sensibile, proprio in ragione dei fallimenti politici dei due epigoni della vuota e stucchevole fiera elettorale, Veltroni e Berlusconi, la Sinistra Nazionale sarà più che viva con un dibattito costruttivo, specifico e determinato che non consentirà sconti a chicchessia.                      :