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L'insurrezione che arriva? Più che di insurrezione c'è bisogno di rivoluzioni creative

di Debora Billi - 15/07/2009

  
 
Tra chi segue quotidianamente il dipanarsi della crisi sistemica mondiale, la domanda rappresenta un po' l'elefante nella stanza. Quando scoppieranno le prime rivolte? Non siamo gli unici: la stessa domanda serpeggia anche nelle cancellerie mondiali, anzi più che una domanda è un'inquietudine che rasenta il terrore.

Quando ci chiediamo perché diamine non si faccia nulla per prendere provvedimenti seri, per impugnare saldamente in mano il timone di questa nave alla deriva e guidarla in modo sensato verso una transizione costruttiva, forse la risposta non è da cercare tanto lontano. Lasciare tutto così com'è, non dare scossoni, far finta che la vita continuerà as usual è il modo più sicuro per evitare "disagio sociale", eufemismo usato dalla stampa e dai politici per indicare le temutissime rivolte. Non un'idea geniale sicuramente, ma si sa che la paura talvolta paralizza.

Infatti. Mentre stanno tutti lì paralizzati dalla paura della "gente in piazza", i francesi passano alle vie di fatto. "Situazione in lento deterioramento", direbbe qualcuno. Dopo il sequestro degli amministratori delegati, ora si passa direttamente a far saltare le fabbriche. Qualche giorno fa alla New Fabris, oggi alla Nortel, gli operai sotto minaccia di licenziamento piazzano bombole del gas e detonatori perché "La gente - ha detto uno dei quattro rappresentanti dei lavoratori di Nortel - non ha più niente da perdere, andranno fino in fondo".

Esattamente quello che tutti paventavano. E dalla Francia si diffonde anche un libretto che sta facendo il giro del mondo: si chiama "L'insurrezione in arrivo". Un libretto, sì, una cosa davvero retrò questo scrivere libelli rivoluzionari anonimi, farli circolare sottobanco e discuterli in gruppo nei circoli carbonari... quando si tratta di fare la rivoluzione, non usciamo dalla mentalità ottocentesca. Tant'è, comunque è almeno liberamente scaricabile: potete farlo ad esempio da qui ( http://www.scribd.com/doc/17342773/Insurrezione-che-viene ). Se amate Debord vi piacerà, lo stile è quello. A me non è dispiaciuto: diciamo che l'analisi della crisi sistemica è impietosa e corretta, e così l'inevitabilità delle insurrezioni prossime venture. Un po' meno condivido le "istruzioni per gli insorti": tra l'hippy e il sessantottino, con qualche nostalgia per i metodi anarchici da primo novecento. Manca di creatività, ecco, come se il subcomandante Marcos non fosse mai esistito.

Mentre, tornando alle fabbriche, un po' di creatività non guasterebbe proprio: ci vuole molto più coraggio, ad esempio, per fare come gli operai dell'ormai famosa fabbrica Zanon in Argentina. Invece di sabotare o far saltare, dopo aver visto la chiusura dell'impianto, hanno rotto i lucchetti, sono rientrati e hanno riavviato la produzione. Adesso, sotto controllo operaio, la fabbrica produce utili divisi equamente tra tutti i lavoratori.

Più che di insurrezione, insomma, c'è bisogno di rivoluzioni creative. Quelle sì, mettono paura: persino a chi dovrebbe farle.