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Crisi economica. Si, no, sfogliamo la margherita

di Gianfranco la Grassa - 16/07/2009



L’altro ieri, Bankitalia ha emesso pareri di miglioramento circa la crisi in corso; ci sono segnali
positivi (a dire la verità “non negativi”; lo 0% di crescita) a partire dal 2010 (inizio, metà, fine, non
è chiaro). Tutto questo perché le previsioni di diminuzione del nostro Pil per quest’anno sono del
meno 5,2% (uno dei più alti tassi di decrescita da non ricordo quanto tempo: comunque tanto, tanto).
Oggi si legge pure che il mercato dell’auto è tornato positivo. Desidero comunque riportare qui
sotto un articolo di M. Foa (tratto dal suo blog) che si iscrive invece tra i pessimisti; direi quasi “catastrofisti”,
pur non essendo certamente un anticapitalista (magari anche marxistoide), di quelli in
orgasmo di piacere agli annunci funerei perché credono – è da un secolo e più che esistono tali personaggi,
tutti fatti “in serie” – che un aggravamento della crisi suonerebbe la campana a morto per il
capitalismo (qualcuno pensa anche alla rinascita del comunismo e, finalmente, all’avvento della
“Rivoluzione”; ma magari trascuriamo i casi di totale demenza).
Indovinare chi avrà ragione è come giocare al superenalotto; io ci gioco, a dire il vero, ma non
perdo nemmeno un secondo di tempo a fare programmi su che cosa farei se vincessi (una probabilità
su un miliardo o forse un po’ meno). Sulla crisi mantengo quindi la più rigorosa neutralità; anche
perché sono relegato in un paesello ai confini del mondo, preoccupato certo per i miei pochi soldini,
ma impossibilitato a far altro che seguire le notizie che si accavallano contraddittorie. Del resto, tutti
gli economisti ancora in servizio, con Istituti a disposizione, contatti nazionali e internazionali,
discussioni dotte sui vari media tra colleghi, ecc., non ne hanno finora indovinata una. Sarebbe bastato
gettare i dadi o estrarre le carte da un mazzo – vedendo se saltava fuori prima l’asso di cuori o
il fante di picche – per vaticinare forse meglio di questi esperti e tecnici; e anche dei vari organismi
nazionali, europei o mondiali.
Psicologicamente, mi sento più vicino all’articolo messo qui in fondo, perché basato su notizie
varie da interpretare (e decriptare) con buon senso, e non su dati – a volte calcolati realmente (il che
non significa che rappresentino la realtà), più spesso riferiti genericamente come, appunto, “segnali
non negativi”, mentre quelli riportati senza aggettivi (ad esempio, la decrescita del Pil di
quest’anno) sono per lo più pessimi – da cui si traggono le previsioni di fine crisi. C’è però qualcosa
di non chiaro e non ben espresso, secondo la mia opinione, nell’articolo in oggetto. Non ho dubbi
sul fatto che le banche abbiano ricominciato i loro giochi sui derivati e sui subprime. Sarei ancora
più preoccupato dell’enorme immissione di liquidità immessa per salvare il sistema bancario; situazione
che potrebbe creare, in tempi “non lunghi” (me la cavo anch’io con un negativo, tanto è abitudine
di tutti), contraccolpi inflazionistici “non indifferenti” (idem); tutto però dipende pur sempre
dall’andamento della crisi nei settori “reali”.
Tuttavia, non convince che questi banchieri (soprattutto i manager degli istituti finanziari) siano
i cattivi della situazione, il “cavaliere nero” dei film western americani. La finanza è ineliminabile,
svolge una funzione insostituibile. Durante i periodi di impetuosa crescita, è pressoché inevitabile
che si diffonda la “mentalità di Pinocchio” (fare soldi mediante semplici soldi) e si arrivi così ai disastri
di tale branca economica, con cui è sempre iniziata una crisi economica. Ho comunque forti
dubbi sul fatto – questa è una tesi veteromarxista dell’epoca di Hilferding, ecc. (pur se Foa certamente
non si riferisce ad essa) – che il capitale finanziario, divenuto allora irreversibilmente parassitario
e impedimento all’ulteriore sviluppo delle forze produttive, sia ormai il “padrone” della società
e impartisca ordini, anche dopo tutti i guai combinati, agli apparati politici ed economici
(dell’economia detta reale) dei paesi capitalisti avanzati (o in crescita quali nuove potenze), in particolare
di quello ancora più forte di tutti.
Se Geithner è ministro del Tesoro negli Usa, e se da questa posizione “favorisce” i suoi “vecchi
amici”, ciò è dovuto a precise scelte politiche di gruppi dominanti che pure hanno imposto un mutamento
tattico al “disegno imperiale” statunitense, mutamento espressosi nell’elezione del nuovo
Presidente. Dunque, per capire il ritorno in auge della finanza è semmai necessario seguire e comprendere
meglio la competizione multipolare che si sta sviluppando nei soliti modi non lineari, non
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immediatamente comprensibili, che sono tipici delle epoche caratterizzate dalla conflittualità in oggetto.
Finora, abbiamo seguito alcuni segnali della stessa, magari non i maggiori: le manovre intorno
al gasdotto (Northstream e soprattutto Southstream) di Gazprom, con la nostra Eni (che non considero
fuori gioco finché resta unita all’azienda russa), in antitesi al Nabucco (patrocinato dagli Usa
e dai suoi “servitori” della UE); le operazioni Fiat-Magna-Opel, ecc. Ancora più importante la zona
nevralgica dell’Afghanistan (in specie per il Pakistan), dove la UE (e l’Italia) devono accettare, e
accettano troppo “volentieri”, la necessità di seguire gli Usa, mentre perfino la Russia concede corridoi
per il passaggio di materiale bellico della Nato (cioè degli Stati Uniti) per timori anti-islamici,
forse pure giustificati (dal suo punto di vista) e comunque negativi per un più efficace contrasto
(multipolare) nei confronti del paese tuttora preminente.
Non sto a diffondermi nuovamente sull’analogia più volte fatta tra “terremoto” e “scontro tra
placche tettoniche”, ecc. Importante per la popolazione è capire al più presto il prossimo andamento,
effettivo e non solo supposto, della crisi in corso; non credo manchi molto per “svelare il mistero”,
diciamo sei mesi al massimo? Per la comprensione dei movimenti più “profondi” e decisivi occorreranno
anni, non però tempi lunghi. La mia ipotesi di fondo è che le varie formazioni particolari,
in scontro intanto multipolare, si muoveranno in un’epoca caratterizzata da crescita limitata o
perfino stagnante (parlo del trend), ma con ben differenti ritmi della stessa e dunque con alterazione
dei rapporti di forza tra i loro sistemi economici. Se si passa dalle considerazioni solo relative alla
crescita a quelle sullo sviluppo (trasformazione “strutturale”), se ne trae la conclusione di un periodo
assai “mosso”, anche qui con notevole alterazione dei reciproci rapporti di forza tra le formazioni
divenute potenze in un futuro relativamente vicino.
Limitandomi a queste sommarie considerazioni, riporto l’articolo (di Marcello Foa) di cui ho
parlato.
Attenti, sono tornati i predoni della finanza. Nuova crisi in vista?
Vedo addensarsi nuove nubi sul cielo dell’economia mondiale e in particolare di quella americana.
Pochi ne parlano, perlomeno sulla stampa italiana, ma la California, ovvero l’ottava economia
al mondo, è sull’orlo della bancarotta, come spiego in questo articolo e il rischio di un tracollo
finanziario non è più da escludere, con ripercussioni facilmente immaginabili. Inoltre: la disoccupazione
continua a crescere, il mercato immobiliare continua a crollare, i mancati pagamenti
sulle carte di credito sono ai massimi storici, la fiducia dei consumatori ha ripreso a scendere.
E le prospettiova di ripresa dell’economia reale sono molto più flebili del previsto.
Ma soprattutto le grandi banche d’affari sono tornate a comportarsi esattamente come prima.
La liquidità iniettata dalle banche centrali non è finita all’economia reale, ma è stata usata per nuove
spericolate operazioni sul mercato dei derivati, come dimostrano le violente oscillazioni delle quotazioni
delle materie prima e l’andamento assurdo delle Borse. E la speculazione, naturalmente, finirà
per avvantaggiare soprattutto i manager, che quest’anno incasseranno bonus strepitosi: a
Goldman Sachs si profila il miglior anno di sempre.
Tra l’altro poco si è parlato dello scandalo di Steve Perkins, il trader che la settimana scorsa, da
solo eludendo i controlli, ha innescato una speculazione che in un’ora ha fatto salire il prezzo
del petrolio ai massimi dell’anno. Se una persona riesce a fare questo, è davvero inverosimile
che alcune banche d’affari si accordino per pilotare al rialzo o al ribasso un mercato? Io dico
di no.
Il recente boom di Borsa è frutto di aspettative irrealistiche alimentate dalla speculazione che, come
avvenuto in passato, potrebbe cambiare rapidamente orientamento, tanto più che i bilanci delle
banche sono pieni di spazzatura che i trucchi contabili non riusciranno a nascondere in eterno.
Dimenticavo: le banche americane hanno ripreso a erogare mutui subprime e a cartolarizzare
debiti dal valore molti dubbio spacciandoli per obbligazioni tripla AAA…
Attenti ai predoni della finanza: quando va bene a loro, va male a noi. A quando la nuova crisi
finanziaria? C’è chi teme un altro settembre di lacrime….