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Vegetariani o malati cronici? A voi la scelta…

di Valerio Pignatta - 16/07/2009

Uno nuovo studio compiuto dai ricercatori del Cancer Research dell’Università di Oxford sostiene che la dieta vegetariana permette una riduzione del rischio di cancro del 12%. Nonostante siano numerose le ricerche e gli studi giunti a tale conclusione, secondo le “teorie ufficiali” i dati a disposizione non bastano. Servono ancora ulteriori ricerche. Cosa si nasconde dietro questo atteggiamento della medicina autorevole nei confronti di tale tipo di dieta alimentare?

 

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La dieta vegetariana permette una riduzione del rischio di cancro (di qualsiasi tipo) del 12% e nel caso delle leucemie addirittura del 45%
Da trent'anni a questa parte, periodicamente, si leggono sui giornali notizie circa il vantaggio dal punto di vista della salute che deriva dall'abbracciare una dieta di tipo vegetariano.

 

Queste notizie sono solitamente la trasposizione per l'opinione pubblica di risultati di studi scientifici compiuti in qualche università o istituto di ricerca che si è interrogato sulle conseguenze per l'essere umano di un'alimentazione priva di carne.

È di queste ultime settimane l'ennesima notizia che va in questo senso e cioè da uno studio, che si dice sia uno dei più completi mai eseguiti in materia, compiuto dai ricercatori del Cancer Research dell'Università di Oxford, pubblicato sul British Journal of Cancer il primo luglio 2009 e ripreso poi dal Guardian, si evince che la dieta vegetariana permette una riduzione del rischio di cancro (di qualsiasi tipo) del 12% e nel caso delle leucemie addirittura del 45%. Per arrivare a queste conclusioni questo studio ha analizzato lo stato di salute di 61.000 persone nel corso di 12 anni della loro esistenza. Il pesce (e qui non si capisce bene perché i media abbiano strillato alle gioie del vegetarianesimo tout court senza fare questa precisazione) è stato considerato all'interno dell'alimentazione “sana” insieme a frutta e verdura.

 

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La dieta vegetariana riduce moltissime patologie croniche (e non solo il cancro!) tra cui: aterosclerosi, obesità, coronaropatie, ipertensione, diabete mellito, cancro del colon, cancro del seno e della prostata, osteoporosi, calcolosi renale e divertico
Ovviamente anche questo studio, per parola di uno dei suoi autori, la dottoressa Naomi Allen, afferma di essere insufficiente. Servono infatti a suo dire ulteriori ricerche che confermino la salubrità di questa dieta e a tal fine l'indagine, che fa parte di un progetto di ricerca internazionale molto ampio che si chiama “European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition”, proseguirà sia a Oxford sia in altri centri di ricerca sul cancro.

 

“Servono altri dati” è un mantra della medicina ufficiale che si applica solitamente a ipotesi che potremmo definire “altre”: omeopatia, vegetarianesimo, medicina ortomolecolare, fitoterapia ecc. Non si applica, invece, ai farmaci di pronta approvazione nonostante il brevissimo periodo di sperimentazione o ai vaccini studiati su qualche migliaio di individui e per pochissimi mesi o anni (senza quindi la possibilità di verificarne concreti effetti collaterali nel lungo periodo).

Eppure notizie di studi scientifici di rilievo a conferma dei vantaggi della dieta vegetariana le abbiamo già da decenni. Basti ricordare su tutti che nel 1988 la più importante associazione scientifica statunitense sull'alimentazione, l'American Dietetic Association, ha pubblicato una raccolta di dati scientifici dal titolo “Position of the American Dietetic Association 'Vegetarian Diets' - Technical Support Paper” (Ada Reports, vol. 88, 1988, pp. 352-355) in cui vengono evidenziate positivamente le relazioni tra dieta vegetariana e riduzione di rischio per moltissime patologie croniche (e non solo il cancro!) tra cui: aterosclerosi, obesità, coronaropatie, ipertensione, diabete mellito, cancro del colon, cancro del seno e della prostata, osteoporosi, calcolosi renale e diverticolosi intestinale. Che proprio poca cosa non è.

Una bibliografia veramente imponente suddivisa per patologie e correlazione con la dieta vegetariana si trova nel sito della Società Scientifica di Nutrizione vegetariana. Solo scorrendo l'indice di questi studi balza chiaramente agli occhi la linearità del dato: vegetariano è meglio. E sotto moltissimi punti di vista. Allora, per qualsiasi essere dotato di una dose normale di intelligenza, la domanda sorge spontanea: perché non ci sono prese di posizione delle istituzioni mediche e scientifiche (e politiche!) ufficiali a favore di una dieta di questo tipo che viene, invece, spesso additata come fonte di carenze, malattie, estremismo ecologista ecc.?

Ma se un farmaco dovesse conseguire questi stessi risultati di quelli veicolati con l'ultimo studio di cui si è detto (statisticamente sono risultati molto rilevanti) non accadrebbe qualcosa di completamente diverso? Per avere un'idea, si pensi che un nuovo chemioterapico utilizzato in oncologia che determina un aumento della durata della vita del paziente (con quale qualità si può immaginare) di qualche mese viene sbandierato dal marketing farmaceutico come un farmaco rivoluzionario...

 

frutta verdura
Abbandonare la trippa o l'anatra all'arancia costituisce una “sofferenza” di cui non tutti sono in grado di farsi carico
La questione di fondo è dunque probabilmente di tipo culturale nonché economico. Abbandonare la trippa o l'anatra all'arancia costituisce una “sofferenza” di cui non tutti sono in grado di farsi carico. Per altro verso, brevettare mele e insalata in funzione anticancro non è al momento possibile e l'industria farmaceutica e l'indotto istituzionale medico-sanitario non hanno alcun interesse nel sostenere questa posizione.

 

Due quindi i percorsi attuabili: lasciare Big Pharma al suo destino senza il nostro sostegno così come si fa in natura con squali e barracuda e pensare alla sofferenza degli altri esseri viventi (animali) nonché alla nostra futura in caso di scelte scorrette. E se è vero e risaputo che in un certo senso la realtà è molto complessa e tutto poi è sempre “relativo” per cui non è dato di sapere che incidenza avranno determinate scelte di vita sul proprio destino, perlomeno possiamo però agire nel limite di quelle che sono le informazioni che abbiamo e il “sentire” che ci coglie. La consapevolezza di aver fatto il possibile e avere la coscienza a posto non è un requisito da poco per un'esistenza più serena. Comunque vada, da un punto di vista matematico, la sofferenza risultante complessiva sarà ridotta.