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L´enciclica contro un´economia senza regole morali, finalizzata solo al profitto

di Alessandro Farulli - 16/07/2009

 
 
 
«Questa enciclica costituisce certamente un passo avanti nel riconoscimento dell’esistenza di una questione ambientale strettamente connessa a una questione antropologica, anche se non è ancora del tutto chiarito il rapporto di dipendenza fra uomo e natura». Lo sostiene a greenreport Andrea Masullo, presidente del comitato scientifico di Greenaccord con il quale abbiamo affrontato proprio alcuni dei temi secondo noi più interessanti dell’ultima enciclica del Papa. Che affronta il tema della sostenibilità ambientale criticando il sistema economico che mette a rischio le risorse della terra ma anche un certo tipo di ecologismo focalizzando la sua attenzione in particolare sul tema energetico.

Il Papa nella sua ultima enciclica ha dedicato un punto specifico all’ecologia e all’energia: si tratta già di un fatto storico.
«La questione ambientale è ormai da anni oggetto di crescente attenzione da parte delle chiese cristiane. La chiesa cattolica deve recuperare un ritardo anche riguardo all’approfondimento biblico e teologico della concezione della biosfera e della collocazione in essa dell’uomo; collocazione per esempio, chiara ed inequivocabile nell’induismo, nel buddhismo ed in altre religioni orientali. Questa enciclica costituisce certamente un passo avanti nel riconoscimento dell’esistenza di una questione ambientale strettamente connessa ad una questione antropologica, anche se non è ancora del tutto chiarito il rapporto di dipendenza fra uomo e natura. Resta irrisolta la questione se la natura è creata per l’uomo in due distinti momenti creativi o se entrambi sono il frutto di uno stesso disegno creativo a-temporale, non collocabile storicamente e tuttora presente ed in atto.
E’ necessario chiarire se l’uomo è il frutto più elevato di un ordine propagante il cui fine, la cui logica è insita nel creato stesso, di cui esso è il prodotto più “elevato”, creatura prediletta fatta “a sua immagine” che diviene tale quando riceve “l’alito” del creatore.
Ma non era certamente questo il tema dell’enciclica, e vista la lunga strada ancora da fare in questo campo non è neanche pensabile che possa essere un enciclica, né oggi, né in un futuro molto prossimo, a dire una parola definitiva sul rapporto fra uomo e natura. Tutt’altra questione è quella dell’energia; è ovvio che il Santo Padre ne parli in un documento che tratta in modo molto approfondito di economia; e ne parla in modo sicuramente nuovo e molto interessante».

Lei come interpreta la critica che viene mossa dal Papa ad un certo tipo di ecologismo?
«Penso che il Papa abbia perfettamente ragione a guardare con preoccupazione e diffidenza a quegli ecologisti che considerano la natura un valore assoluto in cui l’uomo appare quasi un disturbo, una specie di ospite indesiderato, una presenza minacciosa, fino a considerare un esito inevitabile, se non addirittura auspicabile, la sua estinzione. Costoro commettono lo stesso errore di chi, nel mondo cristiano, vede la natura come una sorta di accessorio, di scenario in cui il creatore ha voluto collocare l’uomo.
Entrambe le posizioni descrivono l’uomo e la natura come entità distinte in un rapporto gerarchizzato, anche se invertito nella distinzione delle due posizioni. Io trovo inaccettabili entrambe le posizioni.
Il valore di qualsiasi cosa non può prescindere dall’esistenza di un soggetto che la valuti; che senso ha attribuire un valore a una biosfera futura senza l’uomo? E dall’altra parte trovo difficoltoso concepire una attività creatrice su diversi livelli. Dio nella Genesi attribuisce all’uomo una prerogativa particolare, in quella espressione “a sua immagine e somiglianza” c’è l’affidamento di un compito speciale, quasi una chiamata a collaborare con lui nel dispiegamento continuo del processo creativo. Ma ciò non implica una distinzione valoriale; non è mai detto che Dio ama l’uomo più delle altre creature, anzi egli si compiace senza distinzione alcuna di tutto ciò che ha fatto. All’uomo affida un ruolo sacerdotale nei confronti del creato, chiamandolo a ricondurre tutte le creature alla sua gloria eterna, a farsi ponte fra le creature e Dio; è quindi un ruolo di servizio e non di supremazia. Anche se non vengono affrontati questi aspetti, in questa enciclica il Papa sottolinea questo ruolo di responsabilità davanti a Dio, dell’uomo nei confronti del Creato».

Greenaccord è un’associazione ecologista cattolica, che rapporto ha con le associazioni laiche?
«Con le principali associazioni ambientaliste, che fondano le loro posizioni su analisi scientifiche oggettive, c’é piena convergenza nell’identificazione delle grandi questioni ambientali, e piena collaborazione nella ricerca delle soluzioni tecniche, nel rispetto delle reciproche differenze di approccio alle questioni che noi vediamo in una luce cristiana in cui l’uomo è un elemento centrale. Devo dire che ormai anche per le principali associazioni ambientaliste di livello internazionale, le strategie di salvaguardia non prescindono più dalle esigenze di sviluppo delle comunità umane.
Ci sono temi scottanti su cui è aperto un proficuo confronto, come quello demografico, trattato anche dal Papa. Le posizioni sono ancora diverse ma è importante riconoscere l’esistenza del problema che va approfondito da entrambe le parti. E’ ovvio che se si vuole mantenere la vita sul nostro pianeta non si può prescindere da una futura stabilizzazione demografica, alla quale si deve tuttavia giungere non come atto di egoismo, di negazione dell’accoglienza della nuova vita che nasce, ma come atto di responsabilità verso le generazioni future e tutte le creature che con noi condividono le risorse abbondanti, ma pur sempre limitate del nostro pianeta».

In passato il Santo Padre si è espresso a favore del nucleare, nell’enciclica – anche perché non crediamo potesse essere questo lo strumento dove poter esprimere un giudizio di questo tipo – non né parla, che voi sappiate che posizione ha in questa fase il Vaticano?
«Non sono certamente prerogativa del Vaticano la scelta delle tecnologie; è sua prerogativa richiamare ai valori etici che devono guidare queste scelte. Il Papa in questa enciclica affronta con coraggio proprio quest’aspetto, invitando alla sobrietà ed alla condivisione delle risorse non rinnovabili. Ma è la stessa non rinnovabilità che rende impossibile la condivisione con le generazioni future. Il nucleare oltre a subordinare il profitto al rischio, per una energia che noi utilizziamo oggi lascia alle generazioni future un´eredità avvelenata, di scorie da gestire per decine di migliaia di anni, senza neanche sapere indicare come conservarle; in questo non c’è proprio nulla di etico. Si tratta inoltre anche di una tecnologia che mette cinicamente in conto il sacrificio umano, non solo quello delle popolazioni in caso di incidente, ma quello degli operai che in caso di importanti e pericolosi guasti sono state costrette a esporsi a dosi fatali di radiazioni per evitare lo sviluppo di incidenti più gravi.
Chi oggi usa petrolio, carbone, gas e uranio, ovviamente li usa solo per sé negandone per sempre l’uso ad altri uomini contemporanei ed alle generazioni future. Usare energia rinnovabili, non le toglie all’utilizzo di altri, né nel presente, né nel futuro. Questa è l’unica strada per coniugare carità e verità, privilegiando la centralità dell’uomo rispetto al profitto.
In questa enciclica, sebbene con la raffinatezza e la delicatezza che caratterizza il pensiero e il linguaggio di Benedetto XVI, è contenuta una durissima accusa ad una economia senza regole morali, finalizzata solo al profitto, che ha marginalizzato i diritti fondamentali alla sicurezza, alla salute, al lavoro, minando per tanti la possibilità di condurre una vita davvero umana, di realizzare una famiglia, di costruire un proprio percorso di realizzazione. Di fronte ad una economia scivolata nell’egoismo, nell’avidità, nella competizione aggressiva, il Santo Padre auspica una sua Radicale riforma in chiave umanistica e solidaristica.
Questo è l’aspetto più importante di questa enciclica che rilancia con forza il carattere rivoluzionario della Populorum progressio. E’ un grido di speranza in un mondo confuso e disperato, che possa esserci una rivoluzione dell’amore, della carità, che riscatti l’uomo dalle troppe catene di povertà materiale e spirituale che oggi lo opprimono. Come sempre da parte di questo Pontefice è un messaggio che attinge al cuore caldo del messaggio cristiano, che tocca tutti, politici, economisti, e ciascuno di noi, esaltandone la sua potenza di trasformazione della società».