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Giovanni Guareschi: l' anticomunista che amava i compagni

di Claudio Magris - 24/07/2009

È uno dei pochi autori realmente popolari capace di parlare con semplicità a chi ha cuore

 

In un articolo pubblicato sull' ultimo numero dell' «Indice», Valentino Cecchetti sottolinea come, nel centenario della nascita ricorrente l' anno scorso, molti studi abbiano riportato all' attenzione Giovannino Guareschi, autore - almeno anni fa - molto letto, ma forse messo in disparte da molta critica sia per ragioni ideologiche, sia per il suo caratteraccio guascone - simpatico ma talora, nella polemica, incline a passare il segno e ad essere anche ingiusto - sia per una concezione falsamente sofisticata e raffinata della letteratura, per un pregiudizio supponente nei confronti di ciò che appare facile e popolare. In realtà Guareschi, con i suoi pregi e i suoi limiti, è stato un vero scrittore popolare, qualità che oggi appare particolarmente carente nella nostra narrativa. Guareschi è popolare nel senso che sa realmente parlare a molti, raccontando qualcosa di essenziale (ad esempio il senso dell' amicizia, il piglio picaresco, gagliardo e malinconico del vivere) con una semplicità accessibile anche a chi non ha una profonda cultura, ma non a chi non ha cuore e non sa cosa significhi far baldoria con gli amici o preparare il Presepe quando si avvicina il Natale. Esattamente il contrario della fasulla popolarità costruita a tavolino di tanti odierni bestseller romanzeschi, apparentemente profondi per i problemi che esibiscono e in realtà superficiali per il semplicismo ancorché serioso con cui li affrontano. Forse - come diceva già parecchi anni fa il grande scrittore Manès Sperber, compagno di battaglie di Silone e di Koestler - i «tutti» oggi non esistono veramente più, sono la folla larvale di eterodiretti sinceramente ma coattivamente portati ad apprezzare i quiz televisivi. Quando invece Peppone, in una pagina di Guareschi, offre il suo fazzoletto rosso di partigiano all' isolato oratore liberale centrato in faccia da un pomodoro e zittisce i suoi compagni di partito, che sghignazzano, gridando «Chi ride è un porco», il lettore di quella pagina può essere veramente ognuno. A Guareschi - anche ai suoi libri minori che credo quasi nessuno legga più, come Il marito in collegio o Il destino si chiama Clotilde - dobbiamo alcuni momenti esilaranti; le autentiche risate sono fra i grandi beni della vita, un momento della sua sanguigna e fraterna coralità, e dobbiamo essere grati a chi ce ne fa dono. Indubbiamente Guareschi si è tirato addosso un ostracismo di parte, perché è stato, nelle sue polemiche politiche, spesso smodato e fazioso - ad esempio nei confronti di De Gasperi - anche se mai acido. Ma proprio sul piano politico ha dimostrato una qualità che rivela l' autentico scrittore, nel quale la creatività poetica non si lascia condizionare dall' ideologia e talora anzi la contrasta, senza proporselo ma proprio perciò più efficacemente. Guareschi ha condotto una polemica anticomunista senza esclusione di colpi; i compagni «trinariciuti» che apparivano sul suo Candido o i comunisti beoti e truci evocati in campagna elettorale sono stati una delle espressioni più aggressive, talora viscerali dell' anticomunismo, in quegli anni in cui si giocavano le sorti dell' Italia e del mondo fra l' Occidente e l' Est sovietico. Ma se il comunista attaccato da Guareschi in sede politica è un mangiabambini che dovrebbe muovere a odio e a paura, nella saga di don Camillo sono i comunisti a incarnare quell' umanità vitale, generosa, animata da sentimenti schietti e perenni, in cui Guareschi stesso si riconosce. Peppone è molto più buono e umanamente più caldo di quanto lo sia don Camillo; è Peppone - col quale Guareschi ha in comune non solo i baffoni di Gino Cervi - che dà voce ai sentimenti più cari all' autore, commuovendosi quando sente la canzone del Piave, commettendo anche errori ma sempre per impulso di vero uomo e mai per malignità. Guareschi era appassionatamente monarchico, ma è il comunista Peppone - quando la vecchia maestra del paese chiede morendo di essere sepolta con la bandiera sabauda sulla bara e gli esponenti politici di ogni partito esprimono untuosamente il loro dolente e ipocrita parere negativo - a rispondere secondo il cuore di Guareschi. Egli dice loro infatti che come sindaco li ringrazia ed è del loro parere, ma che «siccome in questo paese non comanda il sindaco ma comandano i comunisti», come capo del comunisti se ne infischia di quei pareri e dunque la maestra andrà al cimitero con la sua bandiera «e se qualcuno ha qualcosa da obiettare lo faccio volare fuori dalla finestra». Leggendo le storie di don Camillo, verrebbe voglia di essere governati da gente come Peppone e i suoi compagni, il Brusco o il Bigio, piuttosto che dai loro avversari. Guareschi, nel suo scatenato anticomunismo politico, sapeva bene di idealizzare anche quei compagni, perché non ignorava certo le violenze e pure i crimini di cui si era macchiato il comunismo in quella Bassa Padana a lui cara, dove il sole picchia sulle zucche della gente, e sapeva che, se nel ' 48 avessero vinto i comunisti, il destino dell' Italia sarebbe stato affidato a mani diverse da quelle robuste e paterne di Peppone, brave a prendere a sberle chi lo merita ma anche a fare il Presepe. Ma il Guareschi scrittore, artista, ha intuito la straordinaria carica umana del movimento comunista italiano; i suoi valori, la sua schietta vena popolare, che poi si è perduta per tutti e di cui il «popolo» di oggi è una esangue e stupida parodia. Perciò si raccomanda la lettura dell' irriducibile anticomunista Giovannino Guareschi a tanti acidi, compunti e furbi revisionisti di oggi, magari ieri comunisti e oggi anticomunisti forse perché il comunismo non c' è più e non c' è più alcun Peppone di cui temere le sberle. Classici Giovanni Guareschi (1908-1968, nella foto una sua caricatura) è stato uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo, con oltre 20 milioni di copie. La sua opera più famosa è «Don Camillo» (1948), il parroco che parla col Cristo all' altare e con il suo antagonista, il sindaco comunista Peppone. Guareschi fu direttore del «Candido» e nelle elezioni del 1948 s' impegnò contro il Fronte Popolare. * * *