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Il vulcano libanese ancora attivo

di Dagoberto Husayn Bellucci* - 24/07/2009



L'UNIFIL TRA IL FUOCO INCROCIATO DEI SOSTENITORI DELLA RESISTENZA ISLAMICA E
LE MINACCE DI NUOVI ATTENTATI TERRORISTICI DI MATRICE AL-QAEDISTA



Rientrati nella terra dei cedri per autonomasia abbiamo cercato
immediatamente di venire a capo di questo strano post-elezioni che risulta
contrassegnato da una serie di avvenimenti non completamente casuali: in Libano
niente avviene per caso - ammesso che 'esista' - e tantomeno qualcosa avviene
senza una ragione ben precisa.
Il voto legislativo uscito dalle urne lo scorso 7 giugno ha dato, con una
certa sorpresa rispetto alle previsioni dell'immediata vigilia, nuovamente la
maggioranza parlamentare al fronte filo-occidentale di Bristol o , per essere
più chiari, allo schieramento variegato dei partiti filo-americani che si
raccolgono nell'alleanza del cosiddetto "14 marzo": i sostenitori del
principale partito sunnita , la Corrente Futura, del figlio dell'ex premier
Rafiq Hariri , il giovane Sa'ad Hariri che ha raccolto la pesante eredità del
padre tragicamente scomparso nell'attentato del San Valentino di quattro anni
fa; i due partiti cristiano-maroniti della Falange dell'ex Capo di Stato Amin
Gemayel e delle Forze Libanesi del criminale di guerra Samir Geagea e infine il
Partito Socialprogressista del druso Waleed Jumblatt.

Una vittoria eterodiretta dal fiume di petroldollari letteralmente piovuto
sui cieli libanesi dalla non distante Arabia Saudita che - da queste parti - ha
investito economicamente e soprattutto politicamente molto del suo futuro per
mantenere una certa rilevanza strategica ed influenza religioso-politica nel
Vicino Oriente: avessero perso le elezioni libanesi i sauditi si sarebbero
ritrovati inevitabilmente tagliati fuori dai giochi interni al paese dei cedri,
e quindi dal perimetro geostrategico rappresentato da Siria-Libano-Giordania-
Palestina, a vantaggio degli iraniani che sostenevano Hizb'Allah ed il fronte
dell'Opposizione Nazionalpatriottica.

L'attesa vittoria elettorale del movimento di Sayyed Hassan Nasrallah e del
suo alleato cristiano Gen. Michel Aoun non c'è stata. Sul voto ha prevalso la
logica settaria e confessionale della vigilia che caratterizza da sempre la
vita politica nazionale libanese e , assieme a questi vecchi meccanismi
confessional-religiosi di appartenenza etnica, le promesse saudite-statunitensi
di mantenere forte la pressione e l'influenza economico-finanziaria su una
nazione che ha urgente bisogno di fuoriuscire dalla lunga crisi economica e
politica seguenti all'aggressione sionista dell'estate 2006 che provocò il
blocco del commercio, del turismo e delle principali attività lavorative del
paese e la contrapposizione frontale fra i due blocchi politici della
maggioranza e dell'opposizione massmedialmente definiti anti e filo siriani.

In realtà la vicina Siria ha giocato un ruolo defilato e fondamentalmente
assente nelle vicende interne al paese dei cedri da quando, nell'aprile 2005,
venne costretta dalla risoluzione 1559 al ritiro del proprio contingente
militare sull'onda emotiva della scomparsa dell'ex premier Hariri e mediante la
pressione della piazza dei partiti filo-occidentali.

Ora che il Libano resti un paese sotto stretto controllo delle centrali della
destabilizzazione e del caos atlantico-sioniste questo è fuori discussione:
prova ne sono le immediate dichiarazioni di autorevoli esponenti
dell'amministrazione statunitense 'obamista' e del vicino emporio criminale
sionista alias "stato d'israele" i quali, una volta scongiurato il pericolo,
per i loro interessi, di una vittoria del blocco della Resistenza guidato da
Hizb'Allah, non hanno perso tempo per assicurare da un lato  i primi il loro
appoggio totale al neocostituito esecutivo beirutino , di cui si è incaricato
della responsabilità il sunnita Sa'ad Hariri (che infine ha 'smesso' la
maschera del 'pargoletto' di 'famiglia' eliminando dalla scena , e si spera per
parecchio tempo, l'uscente Fouad Siniora) mentre, dall'altro lato, i secondi a
rincarare le accuse e le minacce verso il partito di Nasrallah.

Al di là delle nuove minacce sioniste i recenti avvenimenti libanesi meritano
un'approfondimento ed un'analisi meno spicciola di quanto non possono
apparentemente rappresentare le schermaglie avvenute nel sud del paese tra
qualche centinaio di sostenitori del movimento sciita e le truppe dell'Unifil
2, la missione delle Nazioni Unite alla quale partecipa con un contingente di
oltre 2500 militari anche l'Italia.

La missione Unifil2 - che è andata ad integrare la prima missione dei caschi
blu dell'Onu già presente fin dalla fine degli anni settanta nel sud del paese
- nacque all'indomani della tregua concordata tra Hizb'Allah, l'esecutivo
libanese e l'entità sionista che pose fine al massacro di innocenti libanesi
durante il martirio al quale venne sottoposto il paese dei cedri nei 33 giorni
compresi tra il 12 luglio e il 14 agosto 2006. Contingenti militari sotto egida
Onu affluirono nel Libano per prendere posizione nelle provincie meridionali a
ridosso della cosiddetta linea blu che segna il confine con la Palestina
occupata: una missione alla quale partecipano italiani, francesi, spagnoli ma
al quale hanno dato manforte altre nazioni comprese la Cina e la Germania (alla
quale spetta il controllo costiero con unità navali da combattimento). In
teoria la missione dovrebbe servire a dissuadere entrambi i contendenti dal
riaprire il fuoco, in pratica limita, pesantemente, la sola Resistenza Islamica
costituita dai combattenti di Hizb'Allah che hanno nel sud del paese una delle
loro roccaforti - assieme alla Valle della Beka'a e ai quartieri meridionali
della capitale Beirut.

La presenza sciita nel Libano meridionale è aumentata considerevolmente
durante i quasi vent'anni (1982-2000) della lunga occupazione militare sionista
e l'asse politico dei partiti del "Blocco della Resistenza" (costituito dai due
partiti sciiti di Hizb'Allah e 'Haraqat 'Amal del rieletto presidente
dell'assemblea parlamentare avvocato Nabih Berry) rappresenta il principale
gruppo di riferimento per le popolazioni del sud a maggioranza sciite.
Indiscutibilmente la presenza di truppe straniere, per quanto 'alleate' o
'amiche', costituisce una intromissione mai troppo tollerata dagli ambienti
vicini alla Resistenza.

Apertamente ufficiali dell'Unifil sono stati visti in rapporti più che
cordiali con i parlamentari o gli esponenti del fronte filo-occidentale della
maggioranza. Altrettanto è capitato nei confronti dei loro colleghi israeliani
oltre-frontiera. Si è anche parlato di contatti diretti e visite in "israele"
da parte di alti ufficiali del contingente spagnolo e anche l'immagine
superparte degli italiani è andata col tempo offuscandosi lasciando nel baule
dei ricordi l'immagine offerta dai parà della Folgore all'epoca della nostra
prima missione in terra libanese nel lontano 1982 ai tempi di Sabra e Chatila
quando al governo di Roma c'erano i socialisti di Craxi e la politica araba e
mediterranea italiana era sicuramente meno filosionista dell'attuale...la
'svolta' del post-tangentopoli è sostanzialmente servita a ribaltare la
situazione in favore della lobby sionista che ha imposto i propri diktat agli
amministratori 'tricolori' di centro-sinistra o centro-destra che fossero...
quasi un ventennio di servili genuflessioni alla tracotanza israeliana.


L'esplosione di un deposito di armi della Resistenza avvenuta una settimana
or sono nel sud del paese e la seguente apertura di un'indagine accertativa da
parte delle truppe Unifil ha scatenato la reazione legittima della popolazione
sciita locale. Da un lato risulta evidente che il deposito di armi saltato per
aria appartenesse al movimento di Hizb'Allah e al suo braccio militare che ha
le sue principali basi proprio nelle zone meridionali del paese, dall'altro
risulta altrettanto vero che se i nostri militari - assieme ai loro colleghi
francesi e spagnoli - operano nelle zone meridionali del Libano lo si deve a
determinati accordi intercorsi tra Hizb'Allah, l'esecutivo libanese e quello
italiano, francese o spagnolo. Inutile nascondersi dietro a ...un cedro!
Sarebbe demenziale: chiunque conosca anche solo minimamente la realtà del
Libano sa perfettamente che senza il disco verde degli ambienti vicini alla
Resistenza i nostri militi e tutti gli altri caschi blu non sarebbero mai
sbarcati nè avrebbero potuto liberamente, e sostanzialmente senza alcun rischio
particolare, tranquillamente operare nelle zone interessate al ridosso della
frontiera con la Palestina.

Risulta pertanto spocchiosa la dichiarazione del portavoce militare
dell'Unifil, ten. col. Diego Fulco, che ha definito "una seria violazione della
risoluzione 1701 dell'Onu che stabilisce che non debba esserci la presenza di
armi non autorizzate" nel paese. E al di là delle sollecite acrobazie
diplomatiche del Gen. Claudio Graziano, comandante in capo della forza
multinazionale Onu in Libano, che si è affrettato ad incontrare il primo
ministro incaricato ed il capo delle forze armate libanesi è evidente che gli
italiani si sono andati a ficcare in un vespaio se pensavano di poter
tranquillare aprire indagini conoscitive sugli arsenali della Resistenza.

Una manovra concordata forse con i filo-occidentali maggioranza nel
parlamento? Un ennesimo ammonimento diretto contro Hizb'Allah? Il tentativo di
alzare la tensione in un'area sempre pronta ad esplodere come una autentica
polveriera e che rischia di incendiare nuovamente, ed in qualsiasi momento,
l'intero Vicino Oriente?
Ambienti vicini al movimento di Hizb'Allah hanno preferito sottostimare gli
incidenti scoppiati nella giornata di sabato tra alcuni abitanti del villaggio
di Beir Salasel nel sud del paese e le truppe Unifil e che hanno portato al
ferimento di tre soldati italiani e di undici loro colleghi francesi lievementi
contusi nel corso di una sassaiola.

Hizb'Allah non è certo responsabile di questi incidenti: non stiamo parlando
di un gruppetto di 'protestatari' più o meno "no global", nè di frange estreme
di una qualsiasi tifoseria ultras di calcio. Hizb'Allah non 'sassaiola'
nessuno. Quando c'è da alzare la voce ha altri e ben più consistenti mezzi per
farsi sentire. Gli incidenti di Beir Salasel devono dunque ritenersi una
popolare dimostrazione di esasperazione della popolazione civile dei villaggi
meridionali, momentanea esplosione di rabbia e di rancore verso la decisione
dei vertici militari dell'Unifil di aprire indagini che non sono pertinenti nè
dovrebbero rientrare tra i compiti dei militari dispiegati essenzialmente per
ben altri motivi....probabilmente quelli inconfessati sono invece di
'infastidire' Hizb'Allah o rappresentare una sorta di scudo all'eventualità del
lancio di razzi katiusha o di altro livello verso il territorio palestinese
sotto occupazione.

Sostanzialmente l'episodio in sè non merita troppo risalto: qualche contuso,
lanci di sassi, un posto di blocco improvvisato da parte della popolazione
civile, qualche colpo sparato in aria per disperdere la folla...niente di
preoccupante anche se vanno sottolineate le dichiarazioni dell'esponente
parlamentare del Partito di Dio sciita , dottor Hussein Hajj-Hassan, deputato
di Hezbollah, per il quale "l'Unifil ha agito in modo provocatorio": il
parlamentare sciita ha detto che "perquisire edifici ed erigere posti di blocco
non rientra nelle prerogative della risoluzione Onu n. 1701", con cui
nell'agosto 2006 si sono interrotte le ostilità tra Israele e Hizb'Allah.
 "Le relazioni tra Unifil, popolazione locale ed esercito - ha assicurato il
deputato sciita - sono comunque buone, così come con la Resistenza (sinonimo
dell'ala armata di Hezbollah)".
Qualcosa di ben più preoccupante invece risulta dalla cellula "terroristica"
successivamente smantellata nella mattinata di lunedì scorso quando l'esercito
libanese ha fatto sapere di aver individuato una decina di persone "tutte di
diverse nazionalità arabe" che pianificavano attentati contro le truppe Unifil
e le forze di sicurezza locali.
L'ombra del terrorismo di matrice salafita e wahabita, Al Qaeda e 'dintorni'
per intenderci, non ha mai completamente abbandonato il paese dei cedri: dopo
la rivolta jihadista del gruppo fondamentalista di Fatah al Islam - che tenne
in scacco l'esercito libanese dal maggio al settembre 2007 provocando violenti
scontri nel campo profughi di Nahr el Bared  (del quale sembra oggi occuparsi ,
per la ricostruzione, pure l'amministrazione Obama che , per bocca del suo
ambasciatore a Beirut, Michele Sison, ha fatto sapere alle autorità locali di
esser pronta a una donazione di 30 milioni di dollari , 25 dei quali saranno
allocati per la ricostruzione delle strutture e 5 destinati all'UNRWA ,
l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della situazione dei profughi
palestinesi in Libano) - altri attacchi furono condotti contro obiettivi
militari interni e , uno mortale, contro i caschi blu spagnoli.
A quanto è stato fatto sapere alla stampa la cellula terroristica scoperta
all'inizio della settimana stava preparando attentati anche al di fuori del
paese dei cedri, la fuga di latitanti e l'infiltrazione di militanti in un
campo profughi palestinese nel sud Libano. Altri dettagli dell'operazione non
sono stati fino ad oggi resi noti dalle autorità di sicurezza libanesi.
Immediata infine la presa di distanza da queste iniziative da parte di tutto
il mondo politico libanese, a cominciare dai vertici di Hizb'Allah che da
sempre hanno denunciato il terrorismo di matrice sunnita-salafita che minaccia
il paese. Il Presidente della Repubblica, Gen. Michel Suleiman, ed il premier
incaricato Sa'ad Hariri hanno invece gettato acqua sul fuoco sostenendo che
l'Unifil rimane una "forza amica" che "sta svolgendo un ruolo fondamentale di
vigilanza sulla sovranità del Libano" considerando chiusa ogni polemica sui
recenti episodi avvenuti nel sud del paese.
In questa situazione di tensione la politica nazionale libanese riprende i
suoi ritmi regolari: una serie di incontri con delegazioni parlamentari europee
hanno contrassegnato l'ultimo mese. A Beirut ad inizio mese è giunta una
delegazione italiana guidata dall'on. Stefani, presidente della Commissione
Esteri della Camera. Giunto nella capitale libanese assieme ai colleghi
Margherita Boniver e Leoluca Orlando, Stefani ha avuto incontri con il Capo
dello Stato, M. Suleiman, con il Presidente del parlamento, avv. Nabih Berry, e
con il premier incaricato Sa'ad Hariri. La situazione libanese è stata definita
"particolarmente interessante" dai parlamentari italiani e, come ha
sottolineato all'Ansa l'on. Boniver "il Libano sta attraversando un momento di
grazia" all'indomani delle elezioni malgrado i dubbi che permangono sul futuro
della regione, sul ruolo di Iran e Siria nell'area e su possibili interferenze
straniere. Leoluca Orlando, da parte sua, ha auspicato la formazione di un
esecutivo libanese senza alcuna "intromissione esterna" augurandosi la nascita
di "un governo di svolta" che ritiene "necessario per fuoriuscire dal blocco
politico" nel quale si trova il paese dei cedri oramai da quattro anni e
sostenendo la necessità di "un'appello alla comunità ebraica internazionale per
contribuire ad evitare la permanenza di atti di illegalità da parte di
Israele".
Dichiarazioni che lasceranno il segno e inevitabilmente potrebbero
ripercuotersi come un boomerang sull'esponente dell'Italia dei Valori. In
Libano è giunto anche il ministro degli Esteri francese Kouchner che ha avuto
incontro con esponenti di diverse formazioni politiche locali tra i quali
alcuni deputati di Hizb'Allah. "L'obiettivo di questa visita - ha sottolineato
il ministro transalpino al suo arrivo a Beirut - è quello di incontrare le
diverse fazioni politiche" quindi anche i rappresentanti del Partito di Dio il
quale, ha sostenuto, "ha preso parte legalmente ed è rappresentato in
parlamento al pari delle altre formazioni". Kouchner ha dichiarato che il Quay
d'Orsay "non intende interferire in alcun modo sulla formazione del nuovo
esecutivo libanese" ribadendo che Parigi considera una questione interna la
formazione dell'esecutivo che uscirà dopo queste elezioni.
"Esiste un rinnovato clima di fiducia a livello regionale che è necessario
favorire: paesi come Siria e Arabia Saudita si incontrano. C'è un
riavvicinamento delle posizioni." ha sostenuto il ministro francese proprio
mentre da Damasco partiva una vibrante protesta nei confronti delle Nazioni
Unite. La Siria avrebbe espresso le sue critiche al Segretario Generale
dell'Onu, Ban Ki-Moon, criticandolo per quelle che sono state definite "palesi
interferenze" nei rapporti siro-libanesi in merito alla pubblicazione
dell'ultima relazione sull'applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di
Sicurezza che pose fine nel 2006 al conflitto tra Hizb'Allah ed entità
sionista.
Il quotidiano "al Akhbar" di Beirut riferisce che nella lettera consegnata
dall'ambasciatore siriano all'Onu, dr. Bashar al Jaafari, è espressa la
sorpresa per il fatto che "la Siria venga menzionata nel rapporto del
segretario generale e del suo coordinatore speciale per il Libano, dr. Michel
Williams" in quanto "la Siria non niente a che vedere con la risoluzione 1701
la cui applicazione riguarda esclusivamente il Libano e lo stato ebraico".
Nella stessa missiva inviata alla massima autorità delle Nazioni Unite il
Governo di Damasco sono sottolineati invece i risultati delle aperture del
nuovo dialogo siro-libanese, lo stato delle relazioni attuali tra i due paesi
dopo lo scambio di ambasciatori e sono esortate altre parti "a non interferire
sul cammino e sullo sviluppo di tali rapporti".  Lo stesso ministreo degli
Esteri francese, Bernard Kouchner - che dopo Beirut è volato a Damasco per una
visita di due giorni - ha sottolineato "il ripristino delle relazioni di
fiducia" avviato con il viaggio del Presidente siriano Bashar el Assad a Parigi
e quello di Nicolas Sarkozy a Damasco l'estate scorsa considerando "molto
buone" le premesse ad per il consolidamento delle relazioni bilaterali franco-
siriane le quali si dovranno consolidare anche sul piano economico come è stato
sostenuto dall'inviato francese nel Vicino Oriente in un suo articolo
pubblicato sul quotidiano in lingua araba "al Wataan".
Restano le incertezze ed i dubbi per quanto sta avvenendo nel sud del Libano
dove operano contingenti militari francesi sotto il fuoco incrociato della
popolazione sciita, stanca dopo tre anni di "occupazione", e quello ben più
temibile del terrorismo di matrice wahabita-salafita.

I primi scontri tra truppe Unifil e popolazione sciita nel sud, la scoperta
di una nuova cellula al-qaedista nelle stesse zone, non devono però lasciar
dormire sogni troppo tranquilli sia alle autorità libanesi che ai nostri
militari e più vastamente alle truppe europee che operano nel paese dei cedri
il quale, come sempre, rimane in perenne stato di incertezza e in bilico tra
guerra e pace, tra tranquillità relativa e possibili esplosioni di tensioni
latenti che si avvertono persistenti soprattutto discutendo con la popolazione
civile sciita delle zone meridionali.
Non dimenticando che i "war-games" e le strategie di destabilizzazione e di
caos etnico-confessionale preparati dagli apprendisti stregoni del sistema
mondialista e dai centri studi strategici sionisti oltre Atlantico non lasciano
dubbi sull'eventualità di nuovi possibili sviluppi, anche bellici, nella
regione.

* DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"
da NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)