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L'inganno dell'informazione

di Matteo Simonetti - 27/07/2009

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Non è una funzione liturgica, ma le assomiglia molto. Ne condivide la ritualità e la regolarità nella cadenza, dà la stessa sensazione rassicurante di partecipazione alla comunità, ne ricalca perfino il linguaggio, codificato e standardizzato. Si tratta della visione quotidiana del telegiornale, pratica che unisce milioni di italiani, i quali la subiscono passivamente senza alcun senso critico, accettandola come espressione del “Verbo”, inteso come fonte di verità e informazione, legittimato ed unico suggerimento di condotta per tutte le novità che esulano dalla sfera più strettamente privata.
Il tema dell’informazione e della cosiddetta disinformazione è uno dei più importanti in queste pagine e in generale nella rete, luogo che quasi per definizione si contrappone alla genuflessione davanti ad un sapere controllato e uniformato, a vantaggio di una personale ricerca delle informazioni e della conseguente formazione di un proprio punto di vista sui fatti. Nonostante ciò la consapevolezza di quanto succede in occasione del più importante momento di trasmissione di informazioni - purtroppo la televisione è ancora padrona della comunicazione - è scarsa anche tra i navigatori.
La sensazione più forte di fronte alla visione di un telegiornale è quella di un vuoto sapientemente creato. Il telegiornale è ipoinformazione, cioè sottrazione di ogni informazione pregnante e sua sostituzione con una non-notizia. Pensate all’importanza che, in termini di tempo e di evidenza, viene data quotidianamente alla meteorologia. Fatti tanto banali come la successione di giorni di pioggia e bel tempo, l’alternanza di temperature e pressioni basse e alte e via dicendo, riempiono lo spazio che potrebbe essere riservato a riflessioni importanti su vicende di politica estera, alla spiegazione di nuove leggi… Tale vuoto però va mascherato, per evitare la sempre possibile catastrofe del “Re nudo” scoperto da un bambino. Ecco allora che compare una vera e propria risemantizzazione dell’evento meteorologico, costruita con sapienti quanto costruiti agganci a fenomeni più “pratici” come il traffico, i danni alle colture o al turismo. Ecco i collegamenti dalle città con interviste tipo: “Ha visto come è stato caldo oggi? – Sì, molto più di ieri! Speriamo che domani rinfreschi…”, collegamenti che hanno la funzione di testimoniare la presunta eccezionalità dell’evento, come se si trattasse di testimonianze oculari di un omicidio di un capo di stato.
Si tratta di falsa informazione, non nel senso di informazione bugiarda, ma in quello di non-informazione. Questo inganno nei confronti di tutti noi poggia sul fatto che per decenni il telegiornale fu quello delle reti Rai, cioè in un certo senso espressione dello Stato. Era quindi normale per il telespettatore ritenere che se ci fosse stato qualcosa di importante da sapere il servizio pubblico ne avrebbe parlato. Questa sedimentata fiducia del cittadino nel notiziario è oggi sfruttata per mantenerlo in uno stato di non pericolosa (per i governanti) ignoranza, di tranquilla inoperosità dal punto di vista del coinvolgimento in attività politiche e di aggregazione sociale. Il telegiornale come strumento del potere economico (inutile dire politico perché oggi il secondo si scioglie nel primo) ha interesse nel mantenere il cittadino quanto più distante possibile dai luoghi di decisione. Lo fa celando vicende per le quali, adirandosi, potrebbe essere spinto a decisioni drastiche, e costruendo un approccio passivo e acritico, tipicamente televisivo, verso la politica. Tale approccio porterà a sempre più astensione e disinteresse, permettendo l’autoperpetuarsi del sistema.