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Lieti pensieri d'agosto, per quelli che restano

di Francesco Lamendola - 30/07/2009


 

Ad agosto, puntuale, risuona la parola d'ordine: «Tutti al mare!»; e le città, già oppresse dell'afa, si svuotano come per incanto.
Restano, pressoché dimenticati, quelli che non possono andarsene, e, più raramente, quelli che potrebbero, ma sono trattenuti da vari ordini di fattori: primo fra tutti, un senso di dovere morale nei confronti di quanti hanno, o potrebbero avere, bisogno di loro.
È l'esercito poco visibile di quanti non rientrano nella categoria principale dei consumatori e, dunque, poco si cura di loro il sistema economico-politico vigente: gli anziani, i malati, i poveri, i marginali, i soli.
Già, loro non hanno fatto la fila nelle agenzie turistiche con l'aria condizionata, sfogliando i dépliant delle crociere ai Caraibi o degli alberghi con piscina alle Canarie: strano a dirsi, la malattia, la povertà e la solitudine non vanno in ferie. Neanche ad agosto, quando in ferie ci vanno tutti; che volete farci, quei cittadini sono proprio degli asociali.
E così, tante persone, più di quante non si creda, restano: restano loro malgrado, senza aria condizionata e senza speranza di sollievo. Restano, abbandonati da tutti: chiude il supermercato più vicino; chiudono le botteghe; chiudono le farmacie; il medico se ne va in ferie; perfino le chiese osservano un orario ridotto, si vede che pure i sacrestani sono via.
Quello che dovrebbe attirare l'attenzione di sociologi e amministratori pubblici, è che le tradizionali «fasce» di marginalità sono enormemente aumentate, nel corso degli ultimi anni: colpa della crisi economica, ma colpa, anche, di una crescente disattenzione della società e delle forze produttive nei confronti di coloro che non producono più (perché sono pensionati, o malati più o meno cronici) e, di riflesso, consumano sempre meno  (perché invece di comperare la frutta al supermercato o in bottega, vanno ai mercati generali e si portano via la merce avariata).
Il loro disagio, il loro degrado, la loro solitudine, non sono soltanto di tipo materiale, ma anche e soprattutto di tipo spirituale. La società consumista, la società della fretta e della massima efficienza, che non fa mai niente per niente, li ignora: sa di non poterne ricavare nulla, e fa finta che non esistano addirittura. Se li vede, volta la testa dall'altra parte.
Ad esempio, in questo periodo dell'anno, la televisione rifila a quelli che restano il peggio del peggio: tanto chi se importa, non sono loro che fanno «audience», e il loro potere contrattuale è nullo o minimo, sotto tutti i punti di vista. Come consumatori, consumano ben poco, per motivi di età, di salute o di portafoglio; come contribuenti, pagano poco, perché possiedono pochissimo; come elettori, contano ancor meno, perché hanno poca vita davanti a sé, portano voti ancora per un paio di legislature e poi, basta.
Ebbene, noi vogliamo spendere una parola per loro, per rincuorarli e, se possibile, per farli sentire un po' meno soli e dimenticati: per loro che non vanno in ferie, quando le città si svuotano; per loro che vivono con il cuore stretto da mille dispiaceri e da mille preoccupazioni, e non solo economiche; per loro che, in agosto, non ricevono più nemmeno la visita distratta e abitudinaria dei figli o dei parenti più stretti, anche se magari hanno, da qualche parte, un esercito di nipoti; per loro, nella cui cassetta postale non giunge mai una lettera, nemmeno una cartolina, ma solo inutile pubblicità e salatissime bollette da pagare.
Anche se la rassegna stampa del sito di Arianna Editrice non sarà rinnovata tutti i giorni, in questo mese di agosto, noi sappiamo che il mezzo informatico, pur con tutti i suoi limiti e potenziali pericoli, è divenuto importante per molte persone che, per diverse ragioni, hanno difficoltà a muoversi: fisiche, psicologiche, economiche. Per loro, faremo in modo di esserci, con la maggiore regolarità possibile.
La solitudine, quando non è frutto di una scelta deliberata di raccoglimento e di ascolto di se stessi, ma una realtà sgradita imposta dalle circostanze, è come una spada tagliente affondata nel cuore. Specialmente gli anziani ne soffrono, tanto più se sono consapevoli del disinteresse di parenti e nipoti grandi e grossi, che non trovano mai una mezz'ora per passare a trovarli; a rompere, con una nota gaia e affettuosa, il vuoto e la monotonia delle giornate.
Non solo la cassetta della posta è sempre vuota: anche il telefono rimane silenzioso. Se squilla, è magari per una promozione pubblicitaria più o meno invadente, più o meno aggressiva, che accentua il senso di abbandono e di amarezza delle persone sole, ridotte a contare solamente su se stesse, senza mai qualcuno con cui consigliarsi, condividere i pensieri. Magari, l'unica voce esterna che giunge loro è quella di un individuo poco scrupoloso, cui basta soltanto carpire un assenso per aggiungere un nominativo alla lista dei propri «successi» quotidiani: approfittandosi, appunto, della timidezza e dell'ingenuità di qualche persona sola, per di più anziana.
Eppure, basterebbe così poco, a quei nipoti grandi e grossi, per alzare la cornetta del telefono e comporre il numero del nonno o della nonna, dello zio o della zia. Ma non lo fanno, non ci pensano; forse, nessuno lo ha insegnato loro; forse, sono troppo presi dai loro problemi di adolescenti, troppo istupiditi dal chiasso cialtrone della televisione a base di veline e di «Amici» (quale profanazione della parola!) di Maria dei Filippi.

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Dunque: rimanere in città, nell'afa e nella solitudine, con l'amarezza del senso di abbandono. Con la prospettiva delle settimane, dei giorni, delle ore e dei minuti, tutti ugualmente vuoti, tutti ugualmente malinconici. Sentendosi inutili, sentendosi fuori di posto, in un mondo che gira troppo in fretta, che non sa, che non ricorda, che insegue mille e mille nuovi miraggi di falso benessere, di pretesa felicità.
Fino a pochi anni fa, per queste persone sole, la televisione era la sola ancora di salvezza: magari con la replica di qualche vecchio sceneggiato, di qualche vecchio spettacolo di varietà. O con qualche bel film che, proprio perché intelligente, non fa più indice d'ascolto e, quindi, va giusto bene per le serate di ferragosto, quando chi volete che lo guardi; sono tutti al mare, no?
Adesso, volendo, c'è anche Internet. Le persone di una certa età fanno fatica ad avvicinarsi al mondo della rete informatica: una voce interiore dice loro: «No, no, lascia perdere, non è roba che faccia per te». Gli anziani sono la generazione del libro: magari pochi, ma buoni; non mancavano neppure nelle case delle persone semplici. La Bibbia, «I Promessi Sposi», magari Omero e Virgilio; magari qualche classico francese dell'Ottocento, come «I miserabili» di Victor Higo; oppure qualche russo, come «Guerra e pace» di Tolstoj, o come «Delitto e castigo» di Dostojevskij. Oppure, più spesso, qualche libro di devozione, qualche vita di santi, magari «I Fioretti» di San Francesco.
Pure, magari con l'aiuto e l'incoraggiamento di qualcuno, ormai sono parecchie le persone non più giovani che sanno usare il computer quanto basta per navigare su Internet. A loro non serve per prenotare l'aereo o per informarsi sui prezzi degli alberghi in Costa Smeralda; cercano articoli di cultura, di attualità, qualche pane spirituale che li sorregga nella loro solitudine, un po' di pane per l'anima, che ha fame almeno quanto il corpo. Fame di verità, fame di bellezza, fame di fantasia, di pensieri sereni.
Accade, così, che mentre il professionista benestante e iperatttivo si rincretinisce tutti i santi giorni leggendo quella immondizia che va sotto il nome di libera stampa quotidiana; e, come se non bastasse l'incretinimento, vi aggiunge pure la boria di colui che crede di sapere, di aver capito, di essere informato e aperto sulla realtà del mondo; mentre ciò accade, dicevamo, quelle persone sole e sovente anziane, che hanno imparato da poco, e con fatica, ad accendere il computer e a cercare su Internet qualche sito interessante, riescono a crearsi una prospettiva critica sulla realtà, che potrebbe fare invidia ai loro indaffaratissimi figli e ai loro distratti e immaturi nipotini, che pure si ritengono degli autentici draghi della rete informatica.
Pensionati, pensionate, malati cronici, disabili, che sono riusciti a venir fuori dalla porta stretta del pensiero unico, del conformismo culturale, della pigrizia mentale; e che sono divenuti capaci di riflettere con la propria testa, di valutare le differenze, di apprezzare chi ha qualche cosa da dire e di evitare i tromboni stonati che si riempiono la bocca di paroloni, ma non hanno da vendere ai propri lettori null'altro che aria fritta.
È una rivoluzione culturale anche questa, se si vuole; silenziosa, discreta, sta passando quasi inosservata: ma è uno dei pochi fatti realmente nuovi e incoraggianti di questi ultimi, stanchi decenni della vita sociale italiana ed europea.
Degli statunitensi, meglio non parlare: che continuino a ingozzarsi di hot-dogs e di patatine fritte da McDonald's; e che lascino stare le cose serie a chi non ha ancora venduto all'ammasso la propria anima e il proprio cervello.

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Alcune di queste persone ci hanno scritto e continuano a scriverci. Quarantenni, cinquantenni, sessantenni che si sentono ancora vivi, che non si stancano di farsi delle domande, che sanno tenere gli occhi ben spalancati su mondo, pieni di stupore.
Spesso hanno scritto per porre quesiti; a volte, solo per ringraziare; altre volte ancora, per comunicare con qualcuno, per confidare dispiaceri, magari anche per chiedere un parere, un consiglio.
Sappiamo che queste persone esistono: non hanno visibilità, in questo mondo dove pare che ci sia solo chi grida più forte degli altri, possibilmente in televisione; e sappiamo che la loro esistenza costituisce un grosso serbatoio di energie spirituali per l'intera società, anche se quest'ultima non sembra neppure sospettarlo.
Sono persone riflessive, che hanno vissuto molte esperienze, che hanno imparato la saggezza alla dura scuola della vita: della vita vera, non dei «reality» o della tv spazzatura. Sono persone, sovente, ferite e sofferenti, anche perché non hanno qualcuno con cui poter parlare, scambiare delle opinioni, essere ascoltate. E, non di rado, sono delle persone con problemi di salute abbastanza seri, anche se non vanno a intasare tutti i giorni le sale d'aspetto del medico della mutua, come fanno sovente persone giovani e sanissime, ma ipocondriache.
Infine, sono delle belle persone, generose e sensibili, che hanno una grande capacità di amore ma che, per le storture e le aberrazioni della nostra società, non di rado lo riversano tutto su degli animali da compagnia - nobilissimi fratelli minori, niente da dire. Tuttavia, ci piange il cuore al pensiero di quanto bene reciproco potrebbe venire, a e da queste persone, se esistesse il modo per ricreare attorno a loro un autentico tessuto di relazioni sociali; e sia pure un tessuto minimo, ma qualitativamente scelto!
Per loro, innanzitutto, vogliamo continuare a scrivere, nella canicola di agosto, quando i bus non vanno e perfino la farmacia di turno più vicina è, come minimo, a sette isolati di distanza; quando Rai e Mediaset fanno a gara nel mandare in onda le cose peggiori; quando l'ascensore è rotto e bisogna fare cinque piani di scale a piedi, con la borsa della spesa, perché non si trova un tecnico per ripararlo, neppure telefonando nelle città vicine.
Magari sono anni, decenni che queste persone non hanno più occasione di entrare in una sala cinematografica: per loro abbiamo pensato la serie di articoli «Un film al giorno». Oppure amano la lettura, ma non hanno chi le consigli su quali libri meritano di esser letti: per loro abbiamo pensato la serie «Una pagina al giorno». Infine, molte di queste persone amano la bellezza, amano l'arte, ma non hanno fatto studi specifici e non possono viaggiare per i musei e le pinacoteche d'Italia; sempre per loro, abbiamo pensato la serie: «Un quadro al giorno».
Cinema italiano, letteratura italiana, pittura italiana: non per una forma di becero nazionalismo, ormai alquanto anacronistico, ma per aiutare i nostri lettori a riscoprire gli infiniti capolavori, non di rado ignorati,  che possediamo in casa nostra, prima di correre dietro a tutti i (supposti) capolavori prodotti da registi, scrittori e pittori stranieri; tanto più agevolati - specialmente le prime due categorie - se targati Stati Uniti o Gran Bretagna.

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Cara lettrice, caro lettore, se ti sei riconosciuto nel ritratto che abbiamo qui delineato, sappi che stiamo scrivendo specialmente pensando a te.
Non che abbiamo qualcosa contro i giovani, qualche inconfessabile pregiudizio nei confronti delle persone sane, attive e, per giunta, benestanti; ma, per loro, andare al cinema, o a teatro, o al museo, non è un problema, né in senso fisico, né quanto al portafoglio.
Ma bisogna pure che qualcuno si ricordi di quelli che hanno minori possibilità, anche se sono consumatori poco appetibili per le industrie, ed elettori poco utili nei calcoli degli amministratori e dei politici di questo nostro Bel Paese, dove nessuno si scomoda per niente.
Sono persone di valore, in molti casi, anche se non c'è nessuno che lo dica loro: e meriterebbero una maggiore attenzione da parte della nostra cosiddetta intellighenzia.
Se riusciremo a ridare un po' di ottimismo, di fiducia e di serenità anche solo a una di esse, anche solo per un quarto d'ora, ci riterremo pienamente soddisfatti.