Sei Boscimani del Kalahari arrestati per aver cacciato
di redazionale - 30/07/2009
Il governo del Botswana ha proibito ai Boni del Kalahari di cacciare nelle loro terre ancestrali. © Survival
Il caso giudiziario, assegnato alla corte di Molepolole, è relativo a due episodi verificatisi uno agli inizi di quest’anno e l’altro nel 2007.
Nel 2006, il giudice dell’Alta Corte del Botswana, Justice Phumaphi, aveva decretato che proibire la caccia di sussistenza ai Boscimani fosse “equivalente a condannarli a morte”. Con una sentenza storica, il tribunale aveva riconosciuto ai Boscimani il diritto di vivere nelle loro terre ancestrali, e aveva condannato i ripetuti sfratti forzati operati dal governo nonché la distruzione delle loro fonti dell’acqua e il divieto imposto sulla caccia.
Dal 2001, il governo non ha più rilasciato nemmeno una singola licenza di caccia nonostante la Corte abbia giudicato il suo divieto come illegale e incostituzionale. I Boscimani che ne hanno fatto richiesta sono almeno 75.
Dal dicembre 2006, cioè dalla felice conclusione del processo, alcuni Boscimani sono tornati a casa ma molti restano ancora intrappolati nei campi di reinsediamento, da loro definite come “campi di morte”. Rifiutandosi di permettere loro di cacciare e di accedere ai pozzi dell’acqua, di fatto, le autorità continuano a ignorare le decisioni del tribunale.
Stephen Corry, direttore generale di Survival ha commentato: “Mandare in prigione sei Boscimani per aver cacciato è un oltraggioso atto di ipocrisia. Negando ai Boscimani l’accesso all’acqua e il permesso di cacciare, il governo persevera nel rifiutarsi di rispettare una sentenza emessa dal suo stesso tribunale. Proibire loro di cacciare per sopravvivere, è un atto illegale”.
Nel marzo scorso, il relatore speciale delle Nazioni Unite ha compiuto una missione sul campo costatando personalmente il divieto di accedere all'acqua posto ai Boscimani.