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Iraq: tutti a casa che è meglio, dice un consigliere militare americano

di Ornella Sangiovanni - 03/08/2009



E’ ora che gli americani se ne vadano dall’Iraq: a dirlo non è l’ennesimo sondaggio di opinione fra gli iracheni, ma un alto consigliere militare statunitense, che lavora per addestrare le forze irachene.

Il memo scritto dal colonnello Timothy R. Reese, responsabile della squadra di consulenza del comando operativo di Baghdad per la Multinational Division – Baghdad (MND-Baghdad), usa un linguaggio schietto e assai poco diplomatico, senza eufemismi e giri di parole: le forze di sicurezza irachene, vi si legge, soffrono di deficienze radicate alle quali non è possibile rimediare. Tuttavia, esse sono ormai in grado di impedire un collasso del Paese, ovvero il rovesciamento del suo governo, e non serve a nulla che gli americani restino – anzi, fanno più danno che altro.

“L’ospite, come il pesce, dopo tre giorni inizia a puzzare”, il documento inizia citando il celebre detto. E da quando è stato firmato l’accordo di sicurezza, “in Iraq noi siamo ospiti e, dopo sei anni, puzziamo per i nasi degli iracheni”, scrive il colonnello.

Malgrado tutto, gli Stati Uniti hanno raggiunto i loro obiettivi in Iraq, sostiene Reese. Perciò, conclude, “dichiariamo la vittoria e andiamocene” – al più presto possibile.

Non è uno scoop del New York Times

Le raccomandazioni del consigliere militare americano sono oggi sulla prima pagina del New York Times, ma non è stato il prestigioso quotidiano statunitense (che pubblica il testo integrale del memo di Reese sul suo sito Internet) a fare lo scoop.

Poco prima che il New York Times ne desse la notizia sul suo sito (in anticipo sulla versione a stampa), ieri il memo appariva infatti sul Washington Independent, una testata online Usa di informazione indipendente, che era riuscita a sua volta a procurarselo.

Il documento circolava infatti da qualche giorno in “ambienti della Difesa” statunitense. Il 28 luglio era stato postato sul blog Snuffysmith, mentre lo stesso Reese, sotto lo pseudonimo “Tim the Enchanter”, il 20 luglio lo aveva caricato sul suo blog - The Enchanter’s Corner, dove adesso però non è più disponibile.

Tutti a casa entro agosto 2010

“Dovremmo dichiarare la nostra intenzione di ritirare tutte le forze armate Usa dall’Iraq entro agosto 2010”, scrive il colonnello Reese. La scadenza alla quale si riferisce è la data entro la quale il presidente Obama ha annunciato di voler ritirare il grosso delle truppe “da combattimento”, lasciando però una forza “residua” che potrebbe arrivare a 50.000 uomini. Che poi rientrerebbero tutti entro fine 2011 – secondo quanto previsto nell’”accordo di sicurezza” (il cosiddetto SOFA) firmato fra l’Iraq e l’Amministrazione Bush nel dicembre 2008.

Invece no: secondo Reese i militari americani devono tornare tutti a casa molto prima. La ragione fondamentale, per il consigliere militare, è che gli Stati Uniti in Iraq ormai non hanno più potere contrattuale sufficiente per influenzare i moltissimi problemi iracheni – sia militari che politici: quegli stessi che l’Amministrazione Usa aveva citato per giustificare la presenza delle proprie truppe fino al 2011.

Non solo: rimanendo in Iraq altri due anni e mezzo – sostiene il colonnello – Washington rischia, oltre che la sicurezza dei suoi militari, anche di pregiudicare un futuro rapporto con il governo di Baghdad.

Il giudizio che Reese dà delle forze irachene non è tenero, e tuttavia – scrive il colonnello “forse uno di quei famigerati paradossi della controinsurrezione è che, anche se le forze di sicurezza irachene non vanno bene in nessun senso obiettivo, vanno bene quanto basta per l’Iraq nel 2009”.

Un modello “ba’athista-sovietico” radicato

Per il resto, secondo il consigliere militare statunitense, qualsiasi opportunità di lasciare in eredità all’Iraq forze armate professionali che non siano sul modello “ba’athista-sovietico” dell’epoca di Saddam Hussein è “ormai passata da tempo” , e gli americani non possono cambiare la situazione entro il 2011. Nell’ambiente attuale, semplicemente non esistono le condizioni.

Le critiche di Reese alle attuali forze irachene sono pesanti: pigrizia “endemica”, corruzione, nepotismo, maltrattamenti dei soldati, e peggio. Il ministero della Difesa iracheno e il suo Comando operativo per Baghdad vengono definiti inaffidabili, incompetenti, e incapaci di “tener testa ai partiti politici sciiti”, nonostante “tutte le lodi servili che noi tributiamo” a entrambi.

Assenza di progressi generalizzata

Ancora più duro il giudizio sull’operato del governo di Baghdad. La riconciliazione fra gli sciiti al potere e i sunniti che un tempo erano nelle fila della resistenza armata e quelli che rifiutano di partecipare al processo politico è “in una fase di stasi, e probabilmente sta facendo passi indietro”. Né si vedono all’orizzonte tentativi di risolvere le tensioni fra arabi e kurdi nel nord: la questione kurda continua ad aggravarsi, e non ci sono progressi per risolvere il nodo spinoso di Kirkuk.

Nei ministeri, corruzione e incompetenza sono “leggendarie”, scrive Reese nel suo memo, mentre le misure anti-corruzione tanto strombazzate del premier Nuri al-Maliki non sarebbero che uno “strumento di campagna elettorale”.

Gli iracheni tuttora non hanno servizi essenziali come l’elettricità, e il governo non sta facendo “passi razionali” per migliorarli. “L’assenza generale di progressi nei servizi essenziali e nel buon governo adesso è talmente diffusa, che dovrebbe essere chiaro che non stiamo più facendo andare ‘avanti’ gli iracheni”, scrive Reese.

Violenza politica e intimidazione dilagano, sia nelle forze armate che nelle istituzioni civili, magistratura compresa.

E quindi cosa possono fare gli americani, da qui a fine 2011? Nulla, conclude il colonnello. Meglio riportare tutti a casa entro agosto 2010 – la scadenza già fissata da Obama per il primo consistente ritiro.

Ci spremeranno finché gli farà comodo

L’influenza “di al Qaeda in Iraq”, secondo il consigliere militare americano, “è ora talmente limitata da essere insignificante”.

Adesso, sostiene Reese, “noi siamo semplicemente obiettivi comodi per inviare un messaggio contro Maliki da parte di alcuni gruppi, e forse da parte di Maliki, quando è lui a volere che noi veniamo presi di mira”.

Il governo iracheno, è la sua conclusione, “ci tollererà finché potranno succhiare dalle mammelle generose dello zio Sam”.

Perciò, prepariamo i bagagli, e andiamocene.


Fonti: Washington Independent, New York Times


Il memo del Colonnello Reese è pubblicato
in traduzione italiana dal Sole 24 Ore