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Abbandonate le macchine! O almeno state zitti

di Daniel Tarozzi - 25/08/2009

Viviamo in città sempre più inquinate e trafficate. Passiamo ore delle nostre giornate imbottigliati nel traffico. I nostri polmoni sono sporchi, le orecchie stanche, i nervi tesi. Eppure restiamo immobili. Ma io sono stanco.

 


Vivo a Roma. E non è semplice. La metropolitana copre solo una piccola parte della superficie della città. Gli autobus sono imbottigliati nel traffico e le attese possono durare decine di minuti o anche ore. La bicicletta è un mezzo nobile, ma difficile da usare in una città fondata su sette colli, con distanze chilometriche e con un’aria irrespirabile.

E così, pur sentendomi un po’ in colpa, mi muovo in motorino. E lo so che i motorini inquinano. Ma almeno mentre inquinano si muovono e quindi il tempo in cui restano accesi è contenuto. Mentre svicolo in una vera è propria prova di sopravvivenza tra le auto che formano il traffico romano, mi guardo intorno e spesso la rabbia mi assale.

Guardo le auto, lucide o sporche, nuove o vecchie, Euro 0 o Euro 4 regolarmente popolate da un solo individuo, generalmente munito di cellulare all’orecchio. Osservo le facce, sempre più cupe, sempre più grigie, sempre più nervose o – peggio – scoraggiate.

Quanto odiamo il traffico noi romani. Eppure, eccoci lì, tutti seduti con i nostri flaccidi sederi sui nostri sedili. Uno per macchina a intasare le strade, inquinare l’aria, assordare le orecchie, distruggere i sogni.

 

Che c’entrano i sogni? C’entrano eccome! Quando si passano una o due ore al giorno fermi, immobili, impotenti, nel rumore, nell’isteria e questo avviene prima e dopo durissime giornate di lavoro, è inevitabile che molta della nostra fantasia, della nostra energia, della nostra sensibilità svanisca insieme agli ultimi ghiacciai, alle api che muoiono, alle discariche che mancano.

Quanto ce la prendiamo con i politici che non si decidono a fare qualcosa! È sempre colpa loro, ovvio! Dei politici. Come se fossero una razza diversa e non una nostra emanazione.

“Piove, governo ladro”. “In che mondo viviamo”. “Eh, signora mia, ormai non ci si può fidare più di nessuno”. “Con questo traffico finiremo con l’impazzire”. “Dovrebbero fare qualcosa e invece sono tutti lì a rubare”.

E noi? Noi cosa facciamo? Insultiamo i politici, ci lamentiamo, siamo aggressivi, egoisti, invadenti, incattiviti. Ci trasciniamo per la città sempre più cupi e afflitti, ma no, la macchina non la lasciamo a casa.

Io sono stanco. Stanco di sentire le persone lamentarsi, immobili nelle loro automobili. Non uno che scenda, che la abbandoni quella maledetta auto.

O che almeno la lasci in garage. Perché decine di persone devono percorrere lo stesso tragitto utilizzando decine di auto?

Perché non possiamo organizzarci, non possiamo limitarne il numero, non possiamo chiudere per sempre il centro al traffico, riempirlo di autobus ecologici che passerebbero in continuazione non dovendosi bloccare nel traffico?

Milioni di esseri umani sono nati, cresciuti e vissuti senza auto eppure noi non possiamo nemmeno rinunciarci per un giorno.

Quando arrivano i risibili giovedì dalle targhe alterne andiamo tutti in paranoia. Sarà pari? Sarà dispari? Cerchiamo affannosamente un amico con la targa giusta.

Ma poi, in qualche modo, ci spostiamo. Anche senza auto. Io non voglio dire che bisogna eliminare le automobili. Sono state l'emblema di una rivoluzione straordinaria e il senso di libertà e indipendenza che sanno regalare è impagabile.

Ma la realtà è che con l’uso che se ne fa oggi, sono diventate delle prigioni in lamiera, con dodici air bag e tripla aria condizionata.

L’uso e il numero dell’auto va ridotto drasticamente e immediatamente. I nostri politici dovrebbero intervenire in proposito. Ma siamo noi che dobbiamo obbligarli ad agire. O almeno, proviamo ad avere il buon gusto di stare zitti. Zitti mentre sciogliamo i ghiacciai, distruggiamo interi ecosistemi, ingrigiamo tristemente e neghiamo un futuro ai nostri figli.

Zitti come pigri, vili, codardi.