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Ritorno negli Stati Uniti. Come può accadere questo?

di Ralph Nader - 27/08/2009



Il 30 luglio, un imprenditore americano in Cina e Corea annuncerà ufficialmente lo spostamento dei suoi stabilimenti per fare utensili a Houston, Texas.
Farouk Systems aprirà una fabbrica per creare 1277 lavori nel nuovo stabilimento da 189.000 sq. ft. nella più grande metropoli del sud.
Farouk Shami, fondatore e presidente esecutivo, dice che il nuovo impianto costruirà "tre dei suoi ferri a prezzo fisso più venduti e due degli asciugacapelli più venduti che l'impresa vende in oltre tre milioni di pezzi all'anno".
Come può accadere questo?
Migliaia di imprese americane - elettroniche, meccaniche, di componenti d'auto e di molti altri settori - si precipitarono nella dittatura comunista della Cina nei due decenni passati per trarre vantaggio dal lavoro represso, dalla libertà relativa di inquinare e di realizzare attività proibite in USA.
Milioni di lavori americani e centinaia di comunità hanno sofferto a causa di tale esodo.
Perché Mr. Shami e i suoi colleghi stanno ritornando in USA?
I dirigenti dell'impresa dettero varie ragioni economiche.
Primo, la nuova super automazione in USA incrementa la produttività dei lavoratori molto di più che in Cina.
Secondo, l'impresa ha sperimentato livelli di difetti produttivi in Cina che erano costosi.
Terzo, dati i costi crescenti del trasporto - le strozzature dei porti cinesi e l'onere di attraversare il Pacifico aiutò ad alzare il costo praticato sul posto.
I salari più bassi di farouk Systems saranno di $10 all'ora o di $2,75 più alti del nuovo salario minimo federale effettivo di questo mese.
L'impresa progetta di avere 1.277 dipendenti entro la fine dell'anno e intende espandersi anche nella produzione di piccoli casalinghi come i miscelatori, i tostapane, le macchine da caffé, gli aspirapolvere e i ferri da vestiti.
Mr. Shami (un emigrante palestinese con un esuberanza imprenditoriale considerevole) dice che lo spostamento dalla Cina "ci permetterà di produrre i prodotti migliori, qualitativi, sicuri e meno tassati e ci aiuterà anche a rovesciare la tendenza globalizzante riportando le manifatture in USA per stimolare l'economia USA".
E' questo il messaggero di un trend contro la fuga industriale dalla nostra nazione?
Questo resta da capire.
E' sicuro che le relazioni commerciali tra la Cina e la sfida USA mutano in bugia l'ideologia del libero commercio "win-win".
Il deficit commerciale USA con la Cina è sprofondato nell'ultimo quarto di secolo.
Nel 1985 il deficit era di $6 miliardi.
Nel 1995 la Cina ci vendette oltre $33 miliardi in più rispetto a quello che vendemmo alla Cina.
Nel 2005, il deficit commerciale gonfiò oltre i $202 miliardi di dollari.
Lo scorso anno salì a $268 miliardi.
Immaginate di mandare tanto lavoro in una nazione che ci ha venduto pesce contaminato, gomme difettose, sostanze rischiose per le medicine e l'edilizia e merci contaminate da piombo - per citare dei prodotti rischiosi passati per i portali porosi dell'USDA, della Food and Drug Administration, e del Customs Service.
Inoltre, come hanno sempre dettagliato i rapporti della USA-China Economic and Security Review Commission (http://www.uscc.gov) ci sono le sottovalutazioni manipolate della moneta cinese, le barriere all'importazione, le violazioni delle leggi del WTO e le altre misure di deformazione del commercio che inclinano il bilancio pesantemente a favore della Cina.
Quale è il ricavo USA del continuo aumento dello sbilancio del commercio e del trasferimento di tecnologia che lo accompagna verso una nazione che ammette di non aver saputo frenare l'esportazione di tante merci contraffatte?
L'enorme indebitamento. La Cina deve prestarci del denaro, per finanziare il nostro enorme deficit.
Gli economisti del "libero commercio" come il professore in pensione della MIT P. Samuelson ripensano i principi classici del libero commercio e del vantaggio comparato.
Quando i vantaggi del capitale, del lavoro e della tecnologia sono pesantemente per un partner commerciale, "vantaggio assoluto" sostituisce "vantaggio comparato".
In tali condizioni, la metafora del 19° secolo del commerciare vino portoghese per tessuti inglesi non è operativa.
Il governo USA è così anemico che esso non può nemmeno imporre un memorandum vecchio di 15 anni di cooperazione che cerca di scoprire ogni campo di lavoro cinese che esporta in USA, questo sarebbe illegale per il WTO.
La Cina ha ripetutamente violato l'accordo bilaterale che permette alle autorità USA di visitare i siti dei campi di lavoro sospetti.
Ogni domanda o richiesta che il Congresso e la Casa Bianca ripensino questo commercio con le dittature che è sempre ingiusto, si scontra con i cori di "libero commercio, libero commercio" e la replica del "protezionismo".
I fautori dogmatici del commercio gestito dalle multinazionale mascherato da libero commercio rifiutano "le opzione per la revisione", non importa quale sia l'evidenza.

Tradotto da F. Allegri il 25/08/2009