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Nelle mani di Pechino il futuro del dollaro e dell’economia mondiale

di Alain de Benoist - 31/08/2009

Vari economisti vedono tra le
cause dell'attuale crisi globale il crollo del
sistema di BrettonWoods, fondato
sul dollaro americano, e più in
particolare quello che l'economista
cinese Xu Xiaonian chiama «sovraemissionedimonetadellaFederalReserve».

Edouard Husson e Norman
Palma, per esempio, ritengono che
la crisi derivi dal «privilegio esorbitante
»che permette agli Stati Uniti di
«comprare beni e servizi del mondo
con semplice carta». In ogni caso le
tensioninelsistemamonetariointernazionale
sono una crisi nella crisi.
Elabancarotta delsistema implicherebbe
quella del dollaro.
Instaurato nel 1944, il sistema di
BrettonWoodssibasavasuduepilastri
principali: cambi fissi fra monete
e, soprattutto, riconoscimento
del dollaro come moneta di riserva
internazionale, convertibile in oro
(al tasso fisso di 35 dollari l'oncia),
ma solo nel quadro degli scambi fra
banche centrali. Ma il 15 agosto
1971il presidenteRichardNixondecideva,
senza consultare alcun partner,
che il dollaro non era più convertibile
rispetto all'oro. Ciò nel timore
di vedere certi Paesi esigere la
conversione in oro delle eccedenze
in dollari. «Ora il dollaro è la nostra
divisa e il vostro problema», disse il
segretario americano al Tesoro,
John Connally.
Glisquilibri sisonosusseguiti.Dagli
anni Ottanta il dollaro s'è svalutato.
Abbiamo assistito a un forte rialzodei
tassi d'interessealungotermine,
poi, nell'ottobre 1987, al doppio
cracdi mercati obbligazionariemercatiazionari.
Lasvalutazionedeldollaros'è
accelerataperlacrisi ipotecaria
all'origine della crisi attuale. Nel
2002 un euro valeva 86 centesimi di
dollaro, lo scorso 2 giugno valeva
1,43 dollari - dopo aver raggiunto
1,6 dollari il 15 luglio 2008. Penalizzando
le esportazioni europee, visto
che i prodotti rincarano per gli
americani: la soglia di vulnerabilità
per le industrie europee è stimata a
1,24-1,35 dollari.
Il Paese che batta moneta di riserva
internazionale ha un formidabile
strumento per finanziare economia
e debito pubblico, per imporre a
man salva condizioni finanziarie al
resto del mondo. Perché preoccuparsi
del deficit esteriquandosi possono
stampare dollari per pagare i
fornitori? Svincolandosi dall'oro, il
dollaro poteva moltiplicarsi senza
conseguenze automatiche sul proprio
valore e sull'inflazione e facendo
finanziare all'infinito il crescente
deficit commerciale americano dal
resto del mondo, in particolare coi
Buonidel Tesoro.Morale:ècoi capitali
stranieri che gli Stati Unitihanno
potuto vivere al di sopra dei loro
mezzi.
Poiché le variazioni del corso del
dollaro influiscono subito sull'insieme
dell'economia mondiale, i vari
Paesi devono comprare banconote
emesse da Washington per evitare
squilibri maggiori.Mac'èunlimite e
oggipareraggiunto. L'indebitamento
totale degli Stati Uniti tocca il 340
per cento del Pil e l'indebitamento
privato è il 170 per cento del Pil! Gli
americani sono indebitati per circa
sei anni di produzione industriale e
agricola. Il debito totale equivale a
dodiciannidiproduzione.Cifre allucinanti,
che pongono un problema
al resto del mondo. Specie alla Cina.
Il complesso delle riserve cinesi è
valutato fra 2.000 e 2.300 miliardi di
dollari, con circa 1.400 miliardi (circa
il 70%) in dollari americani (900
miliardi di Buoni del Tesoro, circa
550 miliardi di buoni vari, quasi 200
miliardi di titoli privati e 40miliardi
di depositi a breve termine), mentre
il resto è in titoli emessi principalmente
in euro. Finora c'è stata una
tacita intesa fraWashington ePechino.
La Cina continuava a finanziare
il debito americano, re-immettendo
nel sistema le eccedenze commerciali,
comprando Buoni del Tesoro;
in cambio gli americani aprivano il
mercato interno ai prodotti cinesi.
La Cina era così nella situazione dellacordachereggel'impiccato:
inteoria,
aveva alla sua mercé l'economia
americana; ma, se ne avesse approfittato
per abbatterla, avrebbe danneggiato
se stessa.
Ora la tacita intesa pare agli sgoccioli.
Il messaggio di Pechino ai dirigenti
delG20il 24marzoscorso, alla
vigilia del verticediLondra,erachiaro.
Con la voce del governatore della
loro Banca centrale, Zhou Xiaochuan,
i cinesichiedevanodi sostituire
il dollaro come moneta di riferimento
internazionale con una «moneta
di riserva sopra-sovrana», che
«resti stabile a lungo termine» e che
sia «sconnessa dalle singole nazioni
», insomma una divisa fondata su
un«paniere» comprendentelo yuan,
l'euro, lo yen, il rublo e il real. Oltre
al dollaro, mentre gli Stati Uniti non
vogliono sentirne nemmeno parlare.
D'altronde pare che la Cina si liberi
in ogni modo dei titoli «tossici»,
che per lei sono ormai i Buoni del
Tesoro americani, scambiandoli
coni titoli che le servano a lungo termine
e che siano a prezzi storicamente
bassi. Dalla fine del 2008 Pechino
s'è così disfatta ogni mese di
50-100 miliardi di titoli in dollari,
per circa 600 miliardi. La Cina ormai
compra solo pochi Buoni del Tesoro,
in genere a breve termine. Dalla
fine del 2008 ha rifiutato fra 500 e
1.000 miliardi di Buoni del Tesoro
che il governo americano cercava di
piazzare sui mercati internazionali
per finanziare il deficit pubblico.
Negli ultimi mesi Corea del Sud,
Malesia, Indonesia, Bielorussia, Argentina
e Brasile hanno firmato con
la Cina un accordo di Swap che permette
alle loro imprese di non usare
il dollaro americano per gli scambi
commerciali bilaterali.
Parallelamente,certipaesiproduttoridi
petrolioauspicanodi rimpiazzare
i petro-dollari con i petro-euro.
In aprile il presidente russo Dimitri
Medvedev s'è pronunciato per una
nuova «moneta di riserva mondiale
e sovranazionale», eventualmente
posta sotto l'egida del Fmi. Da parte
loro, le banche centrali di Corea del
Sud, Taiwan, Russia, Siria e Italia
hanno annunciato piani per ridurre
i loro averi/capitali/fondi/disponibilità
in dollari. Insomma la politica
della Banca centrale americana (la
Fed) è sempre più contestata. Ieri,
tutti volevano dollari, oggi tutti vogliono
sbarazzarsene.
«La sorte del dollaro è in mano a
Giappone, Cina e paesi del Golfo»,
diceva tempo fa il socialista francese
Jean-Pierre Chevènement. Di fatto,
è soprattutto nelle mani della Cina.
Se Pechino uscisse dal sistemadollaro,
gli Stati Uniti si troverebbero
subito davanti al blocco dei pagamenti.
Nell'immediato,comeconseguenza
della crisi attuale, gli Stati
Uniti dovranno piazzare sui mercati
finanziari tra 1.700 e 1.900 miliardi
di Buoni del Tesoro. Chi li comprerà?
George Soros diceva nella primavera
2008: «Il mondo corre verso la
fine dell'era del dollaro». Il problema
è che gli Stati Uniti non rinuncerannofacilmente
ai privilegi dellaloro
moneta, anzi faranno di tutto per
continuare a chiedere prestiti all'
estero,perché senzacapacità di prestito
la loro economia crollerebbe
(non dimentichiamo che ogni anno
consumano 800 miliardi di dollari
più di quanto producano come ricchezzanazionale).
I cinesi arriveranno
allo scontro?


(Traduzione di Maurizio Cabona)