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Pirateria risorta

di Massimiliano Viviani - 31/08/2009

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Sembra incredibile, ma esattamente come nei tempi andati, anche oggi in piena era tecnologica e burocratica, esiste ancora la pirateria. Poche centinaia di pirati nel mondo infatti, stanno dando filo da torcere ai governi occidentali. Ma oggi come allora, nonostante le puntuali campagne diffamatorie contro di loro, i pirati ispirano più simpatia che rabbia e rancore, tanto da avere in entrambi i casi l'appoggio incondizionato delle popolazioni locali.
All'epoca d'oro della pirateria, tra il XVII e il XVIII secolo, i pirati erano spesso dei marinai o rinnegati o caduti in disgrazia a causa delle durissime e spesso disumane condizioni di vita sulle navi mercantili inglesi o francesi. Il nascente capitalismo moderno si faceva sentire anche sulle navi: dopo anni passati a lavorare come schiavi in condizioni durissime a fronte di paghe ridicole, correndo spesso il rischio di subire severe punizioni corporali se non addirittura di essere gettati in mare, molti marinai decidevano di abbandonare la vita "perbene" e di istituire delle specie di "compagnie" che restituivano la pariglia ai loro ex-aguzzini depredandoli delle loro ricchezze, che venivano distribuite in modo eguale tra tutti, ex-schiavi compresi. Spesso i pirati avevano l'appoggio delle popolazioni locali delle Americhe, che evidentemente odoravano puzza di marcio nell'economia "ufficiale" dell'epoca.
I pirati moderni non solcano più i mari davanti alle Antille, bensì in Africa, soprattutto presso il golfo di Aden, ma la sostanza non cambia di molto: pirateria come rivolta e difesa contro l'assurdità e la cecità mercantile. Oggi come allora.
Nel 1991 infatti, non appena il governo della Somalia cadde, misteriose navi europee hanno iniziato a comparire al largo delle coste Somale per svuotare grossi barili nell’oceano, pieni zeppi di scorie nucleari, provenienti da ospedali (la medicalizzazione moderna...che cura da una parte e uccide dall'altra...) e aziende europee. I governi europei ovviamente sapevano tutto ma non hanno mai fatto nulla.
Gli abitanti della costa hanno cominciato ad ammalarsi, oltre a mettere al mondo bambini malformati. Molti barili, perforati, sono giunti sulle spiagge. La gente ha iniziato quindi a soffrire di sintomi da radiazioni, e anche a morire.
Ma tutto ciò non basta. Nello stesso periodo, altre navi europee hanno iniziato a invadere i mari della Somalia, questa volta per saccheggiarli della loro più importante risorsa: il pesce. Noi abbiamo distrutto le nostre riserve ittiche a causa dello sfruttamento eccessivo, e adesso stiamo attingendo alle loro.
In questo contesto nasce la pirateria attuale. Tutte le persone del luogo concordano trattarsi di ex pescatori somali, che hanno deciso di contrastare con semplici motoscafi la pesca di frodo e lo scarico di scorie. E' ovvio quindi che la popolazione locale li appoggi: il 70% della popolazione sostiene la pirateria come una forma di difesa nazionale.
E' inevitabile che una tale protesta spontanea desti forme di curiosità, se non addirittura di simpatia, non solo a livello locale, ma anche altrove, nell'immaginario popolare. E non solo -ovviamente- per ragioni di sopravvivenza di chi la pirateria la fa, ossia per difendersi. Dall'altro lato, sarebbe inopportuno ridurre la pirateria -del passato e attuale- a puro spirito di avventura o a uomini che si associano per tutelare i propri interessi. Nella pirateria ci sono anche avidità, violenze e ingiustizie. Ma in tale contesto questo a noi non interessa. Non è un discorso morale che stiamo facendo, per sapere chi tra le mercanzie occidentali e i pirati siano i migliori e i peggiori. La pirateria -come per esempio la guerra in Afghanistan, per cui vale un discorso analogo- ci dà una misura del grado di colonizzazione del mondo.
Così, per esempio, malgrado il sofisticato sistema di controllo satellitare che è stato impiantato affinchè nulla di quello che succede sul nostro pianeta sfugga al suo controllo, noi vediamo che tuttora delle enormi navi mercantili possono diventare delle navi fantasma. Questa è la conferma che, nonostante tutto, esistono ancora degli spazi aperti. Come nel caso dell'Afghanistan o dell'Iraq, noi non possiamo fare altro che sperare che questi spazi restino tali, o che magari addirittura si allarghino, a dispetto dell'invadenza occidentale e della sua avidità.