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Obama, Bernanke, Tremonti il Popolo e le banche

di MoviSol - 03/09/2009

 

Annunciando il rinnovo del mandato per Ben Bernanke a capo della Fed, il 25 agosto, il Presidente Obama ha chiaramente segnalato la propria intenzione di continuare la politica di salvataggio del sistema monetario liberista anglo-olandese e di bancarotta dello stato Americano. La decisione non era nemmeno urgente, perché il mandato di Bernanke scade tra cinque mesi. Potrebbe benissimo averlo fatto per limitare l'impatto negativo delle cifre del deficit, annunciate nel pomeriggio dello stesso giorno.

Lyndon LaRouche ha stigmatizzato la nomina, definendola un'altra indicazione dell'impegno di Obama a continuare la politica mirante al crollo del dollaro e alla sua rimozione come moneta di riserva mondiale. "La Fed è già in bancarotta", ha detto LaRouche, "a causa delle azioni di Greenspan e Bernanke, e deve essere immediatamente posta sotto protezione fallimentare. Dovremmo cessare tutti i programmi di salvataggio, riprenderci le somme già stanziate e sottoporre le banche ad una procedura di bancarotta protetta. Senza questi passi, assisteremo ad una completa disintegrazione del sistema entro [poche] settimane".

Nella seconda conferenza stampa del giorno, il governo ha rilasciato le cifre del deficit. Il direttore dell'Ufficio del Bilancio (OMB) Peter Orszag, uno dei fanatici economisti comportamentali dell'amministrazione, ha confermato che il deficit è fuori controllo, annunciando che le previsioni del deficit nei prossimi dieci anni sono salite a 9 trilioni, cioè novemila miliardi di dollari, ben due trilioni oltre i 7 previsti in febbraio. Uno scarto del 30% in sei mesi, per di più destinato ad aumentare, perché basato anch'esso sulla presunzione di una "ripresa" inesistente. Secondo l'OMB, infatti, ci sarà una crescita del 2% nel 2010, seguita dal 3,8% nel 2011 e da due anni di crescita oltre il 4 per cento.

Oltre a credere a Babbo Natale, Orszag ha detto esplicitamente che i tagli alla sanità sono un elemento fondamentale del bilancio federale. "Per evitare di peggiorare il problema, dobbiamo affrontare la causa principale del nostro deficit a lungo termine: i costi della sanità", ha affermato. La dichiarazione di Orszag e il rinnovo del mandato a Bernanke mostrano che l'Amministrazione Obama sta dalla parte della finanza e non della gente.

Un contrasto rinfrescante contro questa follia è venuto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che ha auspicato una "riflessione" sulle misure di salvataggio del sistema finora adottate, in un intervento al Meeting Internazionale di Rimini il 28 agosto. Le decisioni finora prese dal G8 e dal G20 hanno impedito "un collasso del sistema", ha detto Tremonti, ma "una cosa è certa, e la dico perché è quello che penso, e la verità va onorata". In una crisi da "eccesso di debito" come quella attuale, "bisogna scegliere che cosa si può e si deve salvare", ha aggiunto. "Ho detto più volte che per me questo significa le industrie, le famiglie. Chi ha fatto scommesse, si è preso il rischio di perdere tanto. Perciò, la scelta deve essere quella di usare gli strumenti pubblici per salvare il buono".

"Non è stato fatto esattamente così. In molti paesi è stato scelto di salvare le banche. Su questo ci deve essere una riflessione." Tremonti ha poi citato, in inglese, il cartello "bail out people, not banks", apparso nelle manifestazioni di protesta a Wall Street all'indomani dello scoppio della crisi.

Molti paragonano la crisi attuale, e gli interventi adottati, alla crisi del 1929. Ma "quello che ha fatto Roosevelt non è quello che è stato fatto oggi. Allora fu fatto debito per il popolo. Oggi sono state pubblicizzate le perdite. Non sono stati fatti sostegni alle famiglie e all'industria, ma alle banche. Non puoi dire che 'si fa debito come nel '29'. Può darsi che non ci fosse alternativa, ma allora dobbiamo dire la cosa come sta, perché non c'è alternativa a dire la verità". La verità è che "il debito è passato da una tasca all'altra. Con la differenza che quella dei banchieri è dei banchieri, mentre quella dello stato è di tutti".