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Scorie radioattive nel mar di Calabria: importa a qualcuno?

di Alessandra Colla - 14/09/2009

Non sembra che il ritrovamento del relitto di una nave carica di fusti contenenti probabilmente scorie radioattive al largo di Cosenza stia tenendo banco sulle prime pagine dei giornali, e anche sul piccolo schermo non si è visto un granché.
Per fortuna oggi l’informazione non la fanno i giornalisti velinari ma i singoli, e così è un amico a segnalarmi un video di denuncia girato da Current TV piuttosto inquietante e non approdato al grande pubblico, mandato in onda qualche mese fa. Sotto il video che ho linkato, si può leggere quanto segue:

Il nostro è un Paese di misteri, alcuni sono sottoterra, altri nascosti da pagine processuali e carte che in pochi hanno letto. Ma anche una delle nostre meraviglie, il mare, custodisce dei segreti. Sono navi sommerse, che hanno portato sui fondali risposte che da anni in molti chiedono. E le implicazioni sono molteplici: ambiente, rifiuti, salute, affari. Interessi personali e collettivi, in una battaglia navale che è avvenuta, spesso in silenzio, a pochi metri dalle coste più belle d’Italia.

Dalle inchieste svolte risultano essere più di 30 le navi sparite, affondate, naufragate negli ultimi 20 anni. Tra queste alcune storie sono particolarmente misteriose.
Il Caso della Nave Riegel, per esempio. Affondata di fronte la costa di Capospartivento con il suo carico misterioso, nessun accertamento è stato mai fatto sulla effettiva presenza della nave nei fondali. Il capitano di corvetta Natale De Grazia ne tracciò con sicurezza la posizione, ma poi morì in circostanze misteriose mentre era in viaggio per il porto di La Spezia, per fare delle verifiche e degli interrogatori. Cosa trasportava quella nave?
E c’è dell’altro. Un collegamento tra l’affondamento della Righel e il traffico internazionale di rifiuti radioattivi legato anche all’ingegner Comerio.

Chi è Giorgio Comerio? In un’informativa dei Carabinieri di Reggio Calabria viene descritto come “persona di intelligenza spiccata, sicuramente massone, appartenente ai servizi segreti argentini e legato ai più grossi finanzieri mondiali”. Per il Ministro Giovanardi è “noto trafficante d’armi implicato in un progetto per lo smaltimento in mare di rifiuti radioattivi nel pianeta ed anche nel mar Mediterraneo”. Per il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento è un “faccendiere italiano al centro di una serie di vicende legate alla Somalia ed alla illecita gestione degli aiuti della direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo”.
Nello studio di Comerio è stato trovato un diario con la frase LOST THE SHIP scritta sulla pagina del 21 settembre 1987. E’ la data dell’affondamento della Rigel. Lì si trova anche una copia del certificato di morte di Ilaria Alpi. Dapprima acquisito agli atti dal giudice Neri, di quel certificato non c’è più traccia.

Tra il 1987 e il 1989, alla Jolly Rosso, motonave della compagnia Messina fu affidato il rimpatrio di 15mila fusti e 20 container di scarti pericolosi dell’industria italiana scaricati in Libano. 9532 bidoni di diossina tornano in Italia. La nave viene ribattezzata “Nave dei Veleni”. Cambia allora nome e diventa “Rosso”, ma tornerà a far parlare di sé.
ll 14 dicembre 1990 si spiaggia sulla costa di Amantea in località Formiciche. L’ipotesi degli inquirenti è che alla Rosso, l’affondamento non riuscì a causa delle condizioni del mare. Una attività frenetica attorno alla Rosso dopo lo spiaggiamento pone seri dubbi su quello che è accaduto realmente.
Sulla vicenda viene pubblicato un dossier dell’Espresso, legambiente e wwf. La compagnia Messina presenta nel 2004 un memoriale in cui spiega quello che secondo gli armatori è accaduto realmente.
E nel febbraio 2009 il PM della procura di Paola, Greco, chiede l’archiviazione della vicenda. Il Gip, dott. Carpino, il 13 maggio scorso accoglie le richiesta del Pm e dispone l’archiviazione del procedimento a carico dell’armatore Messina.

Eppure qualcosa lega i nostri mari alle coste della Somalia, il Mediterraneo con le guerre lontane, le navi con le scorie. Ilaria Alpi prima di morire, il 20 marzo 1994, assieme al suo operatore Miran Hrovatin, stava indagando proprio sul traffico dei rifiuti tossici e delle armi.

Affrontare l’argomento delle “Navi a perdere” vuol dire entrare in trame oscure, collusioni, malapolitica, criminalità, servizi segreti deviati. E nel ruolo dell’informazione. Forse un giorno sapremo la verità sul caso Ilaria Alpi e sulle navi dei veleni e potrebbe costare caro al nostro Paese. Fino ad allora è bene che il senso del dovere non perda la rotta.

Ancora lo stesso amico mi scrive che «I servizi segreti sembra che abbiano fatto fuori anche un ufficiale di marina che indagava sul caso», e mi linka il post di un blog in luogo del quale trovo invece l’avviso “The blog you requested has been deleted, or the address is not correct”. C’è da pensar male, secondo voi? E se qualcuno dispone del testo di quel post, sarebbe così gentile da condividerlo con me e con la Rete?


P.S.: Il solerte amico di prima mi segnala il succo del post fantasma:

Il comandante De Grazia è morto per strada, mentre si ritirava da La Spezia dove stava svolgendo delle indagini per la Procura della Repubblica di Reggio Calabria; la causa della morte sembra essere, secondo l’autopsia, arresto cardiaco, ma la vedova assicura che il defunto marito trentanovenne era in perfetta salute (1995). Sembra che avesse scoperto una pista internazionale sul traffico di rifiuti tossici e le persone coinvolte erano alte autorità; il tutto era avvenuto nel periodo 1987/1992. Esiste anche un comitato cittadino civico per “De Grazia”

e mi rimanda alla motivazione dell’onorificenza alla memoria concessa al comandante Natale De Grazia.