Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Afghanistan tra luci rosse ed exit strategy

Afghanistan tra luci rosse ed exit strategy

di Luca Mazzucato - 15/09/2009

 Le foto dei contractors americani della ArmorGroup, ubriachi, nudi e dediti a pratiche sessuali a bordo piscina, hanno fatto il giro del mondo in un baleno e stanno provocando reazioni a catena a Washington. A mezza strada tra Villa Certosa e “Il signore delle mosche”, i responsabili della società di mercenari che gestisce la sicurezza dell'ambasciata americana a Kabul, hanno sistematicamente abusato e minacciato i 450 dipendenti americani e il personale locale afghano lungo un periodo di due anni. Il contratto da 189 milioni di dollari della ArmorGroup, rinnovato due volte da un Pentagono già al corrente di questi episodi, è ora sotto scrutinio. Con il consenso per la guerra in caduta libera, lo scandalo sta spingendo l'ala più liberale dei democratici a parlare di una exit strategy dall'Afghanistan, a cui per il momento Obama si oppone fermamente.

Il cocktail letale di vodka, sesso e mercenari ha portato al licenziamento in tronco di tutti i diciotto supervisori della ArmorGroup a Kabul. Secondo le testimonianze e le numerose foto apparse sui media, oltre agli americani, anche i dipendenti afghani venivano costretti ad ubriacarsi (pratica proibita dai precetti musulmani) e prendere parte alle umiliazioni; in varie occasioni, anche prostitute venivano portate all'interno della Zona Verde, in barba alla massima sicurezza che i mercenari stessi avrebbero dovuto assicurare. Dopo aver persino urinato sui propri dipendenti, i manager dell'azienda ottenevano il loro silenzio, minacciandoli nel caso avessero parlato.

La totale debacle del sistema di protezione dell'ambasciata americana ha fatto colare a picco il morale del personale diplomatico americano a Kabul - circa un migliaio di persone - ed è l'ennesimo caso in cui le società di sicurezza privata mettono in grave difficoltà il Dipartimento di Stato. L'episodio più eclatante, nel 2007, fu l'efferata strage di diciassette civili iracheni perpetrata a sangue freddo da un commando di mercenari della Blackwaters a Bagdad, che portò infine all'espulsione dell'azienda dall'Iraq.

Il vero scandalo nel caso dell'ArmorGroup è il fatto che il Dipartimento di Stato è sempre stato al corrente degli abusi, notificati ufficialmente ben undici volte, ma l'azienda ha visto il proprio contratto rinnovato ugualmente. Durante la recente conferenza stampa al Dipartimento di Stato, il portavoce Ian Kelly è stato letteralmente grigliato dai giornalisti. Alla richiesta di spiegazioni sul perché con una mano i funzionari del Dipartimento denunciavano questi abusi come una falla fatale nel sistema di sicurezza, mentre con l'altra rinnovavano la firma sui contratti milionari, Kelly non ha saputo rispondere. Le successive inchieste giornalistiche stanno portando alla luce una situazione drammatica di sfruttamento, corruzione e abusi continui sui dipendenti da parte dei supervisori delle società di sicurezza privata, della cui gravità il Dipartimento di Stato è pienamente al corrente.

Secondo l'associazione di diplomatici americani “Concerned Foreign Service Officers,” la scusa delle “poche mele marce” va respinta senza appello: il continuo ripetersi di questi atti è “dovuto alla cultura dell'impunità,” alla base della condotta di tutto il personale privato americano in territorio straniero. A conferma di questa tesi, il New York Times sostiene che il governo americano è in sostanza ostaggio delle aziende di sicurezza privata: a causa della doppia occupazione militare di Afghanistan e Iraq, le forze regolari sono del tutto insufficienti a gestire entrambi i fronti e devono chiedere aiuto ai mercenari, che sono nella posizione di chiedere e ottenere un regime d’impunità. Il governo, infine, non può permettersi di rescindere i contratti con i mercenari, pena pesanti perdite finanziarie. Resta da vedere come il Segretario di Stato Hillary Clinton gestirà questo scandalo.

La dottrina Bush, secondo la quale l'impegno dell'esercito regolare deve essere ridotto al minimo e rimpiazzato dalle corporations di mercenari, è il vero cuore del problema. Come emerge sempre più chiaramente, Barack Obama sta seguendo in Afghanistan la strada tracciata dal suo precedessore George W. Bush. Il presidente, infatti, ha chiesto e ottenuto dal Congresso più truppe e più soldi per continuare l'occupazione, ma la mancanza di obiettivi chiari, il fallimento della campagna militare contro i Talebani e l'aumento delle vittime tra i soldati americani, stanno erodendo di mese in mese il sostegno dell'opinione pubblica all'invasione. Secondo l'ultimo sondaggio della CNN il cinquantasette percento degli americani è contrario alla guerra in Afghanistan e la percentuale sale al settanta per cento tra i democratici.

A fronte di questo improvviso cambiamento di umore, molti deputati e senatori democratici cominciano a temere per la propria rielezione ed è ufficialmente cominciata la fronda legislativa contro la guerra. Dopo aver visto passare per una manciata di voti lo stanziamento di ventimila nuove truppe nel giugno scorso, Nancy Pelosi, speaker del Congresso, ha escluso per il futuro l'invio di ulteriori truppe chiesto da Obama e, grossa novità, sta pensando di aprire un dibattito su un eventuale piano di ritiro. Molti dei democratici che hanno votato a favore in giugno, infatti, hanno dichiarato che d'ora in poi voteranno contro.

L'unica possibilità per Barack Obama di aumentare l'impegno militare in Afghanistan rimane chiedere l'aiuto dei repubblicani e dell'ex-candidato John McCain, che sostengono la guerra senza se e senza ma. Con la popolarità in caduta libera a causa della battaglia sulla riforma sanitaria, resta da vedere se Obama sceglierà questa strada, mettendo a rischio l'ormai vacillante sostegno della propria base progressista. E magari fare la fine del presidente democratico Lindon Johnson, ricordato non già per l'introduzione della sanità pubblica in America con “Medicare”, ma per l'escalation militare in Vietnam.