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Iraq, Il ‘lanciatore di scarpe’: “Sono di nuovo libero, ma la mia patria è ancora prigioniera”

di Ornella Sangiovanni - 16/09/2009



Si è fatto nove mesi di carcere ma adesso è libero – e non è per nulla pentito. Muntazer al-Zaidi, il giornalista iracheno diventato famoso in tutto il mondo per aver lanciato le sue scarpe contro l'allora presidente Usa George W. Bush, in segno di protesta contro l’occupazione del suo Paese, oggi è stato rilasciato, in una Baghdad in festa.

E in una conferenza stampa poco dopo la scarcerazione, nella sede di al Baghdadiya, la TV irachena per la quale lavora, ha ribadito che ritiene di aver fatto la cosa giusta, rivelando inoltre di essere stato torturato da alti funzionari governativi. Adesso esige le scuse del premier: i nomi dei funzionari che lo hanno torturato li farà a tempo debito.

“Io sono di nuovo libero, ma la mia patria è ancora prigioniera”, ha sottolineato il giornalista. Che aveva attorno al collo una sciarpa con i colori della bandiera irachena.

L’occupazione ci ha invasi e divisi

Quanto ai motivi del suo gesto, che rivendica: “Ciò che volevo fare gettando le mie scarpe in faccia al criminale Bush era esprimere il mio rifiuto delle sue menzogne e dell’occupazione del mio Paese”, ha detto Muntazer. “L’occupazione ci ha invasi con il pretesto della liberazione. Ha diviso fratelli, vicini, ha fatto delle nostre case tende funerarie senza fine, e delle nostre strade cimiteri”,

Il reporter iracheno ha raccontato di essere stato picchiato, frustato, torturato con scosse elettriche e finti annegamenti da parte sia di funzionari che di guardie carcerarie.

“Quando il Primo Ministro Nuri al Malki ha detto in televisione che non poteva dormire senza essere stato rassicurato sulla mia sorte … venivo torturato nei modi peggiori, picchiato con cavi elettrici e sbarre di ferro”, ha detto Zaidi.

Adesso, uscito dal carcere, ha paura dei servizi segreti Usa: temo che mi considerino un “insorto rivoluzionario”, e facciano di tutto per tentare di “uccidermi e liquidarmi, fisicamente, socialmente, o professionalmente” – questo l’avvertimento che ha rivolto a tutti i suoi parenti e alle persone che gli sono vicine.

Dopo la conferenza stampa, Sami al Askari, un consigliere del premier Maliki, ha detto che sulle accuse di tortura lanciate dal giornalista dovrebbe essere aperta una indagine.

Zaidi, che ha 30 anni, avrebbe dovuto essere rilasciato ieri, ma la sua scarcerazione è stata ritardata da cavilli burocratici. Inizialmente le autorità di Baghdad lo avevano condannato a tre anni di carcere per l'aggressione a un capo di Stato straniero in visita, ma la pena era stata ridotta a un anno in appello: adesso arriva la decisione di liberarlo prima per buona condotta.

“Da parte degli orfani, delle vedove, e di quelli che sono stati uccisi in Iraq”


L'episodio per cui il reporter iracheno è diventato famoso nel mondo - e un eroe in Iraq e nei Paesi arabi - risale al 14 dicembre 2008. Zaidi era tra i giornalisti che seguivano la conferenza di Bush, alla sua ultima visita in Iraq da presidente: a un certo punto si era tolto all’improvviso le scarpe (numero 43), lanciandole una dopo l’altra all'indirizzo del presidente Usa (che riuscì a schivarle per puro caso), urlando: "Questo è un bacio di addio dal popolo iracheno, cane”, e “Questo è da parte delle vedove, degli orfani, e di coloro che sono stati uccisi in Iraq".

Le immagini del suo gesto hanno fatto il giro del mondo, grazie soprattutto a YouTube; su Facebook ci sono centinaia di gruppi dedicati a Zaidi. A Tikrit, città natale dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, gli avevano anche dedicato un monumento, a forma di scarpa gigante, che però è stato rimosso solo tre giorni dopo l’inaugurazione.

In Iraq e nel mondo arabo Zaidi è un eroe: quando si è diffusa la notizia che sarebbe stato liberato, gli sono arrivate moltissime offerte: di lavoro e di doni, ma non solo. C’è chi vorrebbe dargli in moglie la figlia – e non sono solo iracheni.

Cosa farà in futuro non è chiaro. Secondo alcuni vorrebbe lasciare il giornalismo, e dedicarsi ad aiutare gli orfani o ad altre attività umanitarie. Ma ad al Baghdadiya, la sua televisione, che nei mesi che Zaidi ha passato in carcere ha continuato a pagargli lo stipendio, dicono che tornerà a lavorare con loro.

Non subito, comunque. Fra un paio di giorni, il giornalista dovrebbe partire per la Grecia - per controlli medici, ma non solo, ha detto il fratello Uday: “Teme per la sua vita”. Intanto, stanotte Muntazer non dormirà a casa sua, ha aggiunto.


Fonti: BBC News, Associated Press, Guardian