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Il vero benessere

di Fulvio Cammarano - 21/09/2009

Fonte: Corriere adriatico

 

La crisi economica e le contraddizioni dei classici modelli di sviluppo basati sul Pil (il prodotto interno lordo) non sembrano più del tutto funzionali a descrivere la vera ricchezza, soprattutto in termini di qualità della vita. Si stanno, infatti, sempre più imponendo altri tipi di misuratori che tengono conto anche delle attività che non solo legate agli scambi regolati dal denaro. Da molto tempo ci si era accorti che il Pil non era sufficiente a descrivere il benessere di una comunità, tuttavia le proposte di indici alternativi non riuscivano ad imporsi al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti. Oggi, invece, le cose sembrano davvero cambiate: nessuno vuole più farsi trarre in inganno dal semplice ammontare del denaro in circolazione: il benessere e la felicità hanno bisogno di indicatori più sofisticati. Non si tratta certo delle posizioni di qualche “alternativo” in vena di critiche alla ferrea logica del sistema capitalistico, se è vero che è stato il presidente francese Sarkozy a volere una commissione che introducesse una nuova “misura delle prestazioni economiche e il progresso sociale”, commissione che ha visto all’opera economisti del calibro di Amartya Sen, Jean Paul Fitoussi e Joseph Stiglitz, i quali hanno concluso i lavori con l’invito agli specialisti di indicatori economici e sociali a tener conto di tutti gli altri aspetti che concorrono a formulare le graduatorie del benessere.

 

In Italia, ad esempio, sta imponendosi il Quars, cioè l’indice della Qualità regionale dello Sviluppo. Si tratta di un rapporto che, per il sesto anno consecutivo, gli economisti della campagna “Sbilanciamoci”, (promossa da oltre 40 associazioni della società civile tra cui Arci, Legambiente, Emergency, Wwf), costruiscono utilizzando una notevole quantità di dati a livello regionale. L’esito di questo lavoro è, appunto, il Quars, un “termometro” che prende in considerazione un tipo di sviluppo fondato sulla sostenibilità, la qualità, l’equità, la solidarietà e la pace, tutti aspetti che, come si capisce, rendono la vita davvero più ricca e degna di essere vissuta. Partendo da tali criteri, gli analisti di “Sbilanciamoci” prendono in considerazione oltre 200 indicatori divisi in 7 categorie - Ambiente, Economia e lavoro, Diritti e cittadinanza, Salute, Istruzione, Pari Opportunità e Partecipazione – grazie ai quali si può stilare la classifica della qualità della ricchezza delle regioni. Il principio è molto semplice: si può considerare davvero ricco colui che, ad esempio, pur guadagnando bene, passa gran parte della sua vita in un ambiente inquinato, imbottigliato nel traffico, privo di strutture sanitarie davvero funzionanti?
Quello che colpisce, confrontando la classifica Quars con quella della ricchezza prodotta per Regione e quella della spesa pubblica regionale, è la concreta verifica di come il Pil non abbia molto a che fare con il benessere e la qualità della vita e dello sviluppo. Se guardiamo al prodotto interno lordo, infatti, le Marche si trovano all’11° posto (su 20) della classifica tra le regioni.

 

Se invece ci rivolgiamo a quella  della Qualità, si colloca al 6° posto, scalando così la classifica di ben cinque posti, più di ogni altra regione. Nel complesso, nella graduatoria del buon vivere oltre alle Marche guadagnano posizioni l’Umbria, il Friuli e la Toscana, mentre perdono posti la Lombardia, il Lazio e il Veneto, tre regioni dove, evidentemente, la circolazione degli scambi in denaro è sostenuta, ma non altrettanto buone sono, ad esempio, la qualità dell’aria, della mobilità, della densità abitativa, del precariato lavorativo e così via.  Appare evidente che i risultati della graduatoria Quars risentono, più dell’altra, delle scelte fatte dagli amministratori in termini di politiche pubbliche. In questo senso, dunque, questa classifica può anche essere letta come una sorta di pagella per le scelte compiute dagli amministratori locali, un voto alla loro capacità di garantire che la pur importante ricchezza finanziaria ed economica rimanga sempre strettamente collegata al significato ultimo della ricchezza: la felicità, che dal punto di vista pubblico, significa in estrema sintesi, vivere bene in un ambiente sano e con servizi pubblici degni di questo nome. L’alternativa è quella di diventare un Paese ricco abitato da gente povera e ignorante.