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La letteratura fantasiosa degli gnostici

di Fabrizio Legger - 04/10/2009

                                


Gli scritti riconducibili ai maestri della Gnosi cristiana, soprattutto quelli ritrovati a Nag Hammadi, in Egitto, nel 1945, sono veri e propri capolavori di letteratura fantastica, cosmogonia e mitologica.
In particolare, testi come  La natura degli Arconti, l’Origine del Mondo, il Trattato Tripartito e la Pistis Sophia sono opere che, a parer mio, rivelano una eccezionale, prodigiosa e affascinante capacità degli scrittori gnostici di raffigurare letterariamente, con una fantasia davvero mirabile, le loro complicate e spesso astruse elucubrazioni teologiche e filosofiche.
Purtroppo, noi possediamo soltanto una minima parte della copiosa e mirabolante letteratura gnostica.
Le opere scritte furono migliaia, ma moltissime vennero distrutte dai fanatici cristiani all’epoca del bigotto imperatore Teodosio (379-395) e dell’ancora più fanatico Giustiniano (527-565), che nel 529 giunse addirittura a proclamare la pena di morte per i suoi sudditi che si azzardavano a praticare dottrine religiose dualistiche, come il manicheismo, il marcionismo e il paulicianesimo.
Altre, invece, andarono per sempre in fumo durante le invasioni arabe del Vicino Oriente, tra il 634 e il 644, in particolare durante le conquiste della Siria, della Palestina e dell’Egitto (tristemente celebre è la distruzione della grande Biblioteca di Alessandria, ordinata dal califfo Omar, successore di Maometto, il quale disse che tutti i libri pagani andavano bruciati perché, se contrari al Corano, racchiudevano dottrine ostili all’Islam, mentre, se non risultavano contrari a quanto rivelato nel Corano, erano inutili, poiché, nel Libro Sacro, i musulmani trovano tutto ciò che abbisogna per il loro sapere).
Il meglio della letteratura gnostica è dunque irrecuperabile, e ciò rappresenta una grave lacuna per l’intera cultura occidentale, ma grazie al ritrovamento dei papiri di Nag Hammadi è oggi più facile farsi un’idea precisa di quanto fosse ricca, varia e affascinante questa antica letteratura.
Sicuramente, tra le opere più fantasiose scritte dai grandi maestri gnostici e andate distrutte, pare ci fossero le Epistole e i Dialoghi del siriaco Saturnino, che, da quanto risulta dalle antiche testimonianze, sembra sia stato seguace di Cerinto e allievo di Simon Mago.
Tra le fantasie (o le assurdità, se si preferisce) divulgate da Saturnino, pare che costui affermasse che tra Cristo e i suoi discepoli intercorresse un tenace amore non solo spirituale ma addirittura erotico e sodomitico, confermato, secondo quanto affermato dalle dicerie su questo gnostico, dal rapporto morboso e rasentante l’ambiguità, tra il Cristo e Giovanni l’Evangelista (sembra li avesse persino definiti “amanti”).
Lo gnostico Valentino, che fondò a Roma una sua scuola, si sbizzarrì nel predicare che il Pleroma, ovvero l’unione degli Eòni (cioè le divinità celesti inferiori) con il supremo principio divino, era un ammasso di spiriti celesti immersi in una sorta di eterno orgasmo, preda di una goduria senza fine, che vedeva coinvolti in tali morbosi amplessi psichici sia spiriti femminili che maschili, le famose sizigie, ovvero le coppie eoniche contro le quali Ireneo di Lione, grande padre della Chiesa, si scaglia tanto rabbiosamente nella sua opera anti-eretica intitolata Contro le Eresie.
Valentino ebbe molti seguaci, in particolare donne, e sembra che le sue prediche si concludessero con delle colossali fellatio che le sue devote ammiratrici gli facevano ingordamente, avide di bere lo sperma del loro maestro, che, a suo dire, avrebbe favorito in loro la discesa della gnosi.
Il prete palestinese Pietro da Cabarbaricha, inventore della setta degli Arcontici, sembra che abbia lasciato nelle sue Epistole, anche queste andate perdute, dettagliate descrizioni sulle apparizioni di Mosé, della Beata Vergine e di Giovanni l’Evangelista, i quali, secondo quanto Pietro affermava, facevano periodicamente comparsa nella sua stanza, attorno ad una colonna di fuoco che rappresentava lo Spirito Santo (e la perpetua e il sacrestano, che una notte vollero andare a vedere cosa succedeva nella stanza di Pietro, poiché vedevano fiamme uscire da sotto la porta, divennero ciechi e muti per aver osato guardare ciò che non dovevano vedere).
Pare che il fondatore degli Arcontici descrivesse con copiosi particolari estremamente fantasiosi questi bizzarri eventi nelle sue Epistole, le quali vennero distrutte, probabilmente, durante la dominazione bizantina in Palestina (in quanto gli Arcontici, dualisti, erano stati bollati come eretici).
Ma i più libidinosi e i più orgiastici tra gli gnostici non furono i carpocraziani, seguaci dell’alessandrino Carpocrate, come generalmente si crede, bensì i seguaci del libico Phibyon, fondatore della scellerata setta dei Phibioniti.
Phibyon, nativo della Cirenaica, era probabilmente un diacono della chiesa locale espulso per le sue concezioni irriverenti e blasfeme nei riguardi della divinità. Sembra che egli sostenesse che l’essenza del divino (e quindi anche del Cristo), ovvero la Luce cosmica che è precipitata dall’alto dei cieli nelle tenebre del mondo materiale, si trovasse racchiusa nello sperma maschile, nel sangue mestruale e nelle acque femminili in cui sta immerso il feto.
Perciò, le liturgie dei Phibioniti erano costituite da balli lascivi e sermoni osceni durante i quali i partecipanti, uomini e donne, erano tutti nudi. Dopo le danze rituali avvenivano orge colossali che si concludevano con grandi bevute collettive di sperma, mestruo e altri liquidi organici femminili. Dopodiché, venivano pronunciati i sermoni del fondatore della setta o dei suoi sacerdoti, che predisponevano le anime all’ascesa verso la purezza dello spirito (perché, nel frattempo, la carne era stata liberata dagli stimoli e dagli appetiti sessuali).
Per le loro orge, i Phibioniti ricercavano in particolare donne incinte o mestruate, ermafroditi, uomini sessualmente molto dotati, ninfomani, sodomiti, puttanieri e meretrici, ed è facile capirne il perché.
Sembra che Phibyon scrisse un Vangelo, purtroppo andato distrutto ben prima dell’arrivo degli Arabi in Libia, in quanto la setta fu duramente perseguitata già sotto Graziano e Teodosio, e poi, ancora, sotto il dominio bizantino, che ebbero il controllo del Nordafrica per oltre un secolo.
Altri suoi seguaci non scrissero nulla di rilevante e si limitarono a tramandare oralmente le dottrine del loro maestro, ma della loro depravazione e delle orge disgustose che caratterizzavano i loro culti, scrissero ampiamente alcuni Padri della Chiesa, lasciandoci così testimonianze preziose, seppur di parte, delle perversioni sessuali di questi gnostici.
Se le bande dei fanatici cristiani guidati da Cirillo di Alessandria e se le soldataglie musulmane del califfo Omar non avessero distrutto le biblioteche di Alessandria, Antiochia e Cesarea, dove erano custodite centinaia e centinaia di opere gnostiche (insieme a tutti gli scritti dei maggiori e minori autori della letteratura e della filosofia greca ed ellenistica), noi, ora, avremo l’intera letteratura di uno tra i movimenti filosofici e religiosi del mondo antico che, più di ogni altro, affascinò gl’intellettuali (ma anche membri dei ceti popolari, in particolare d’Oriente) vissuti nei secoli immediatamente successivi alla predicazione del Cristo e alla sua prodigiosa esperienza terrena.