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Barnard: «La Gabanelli mi ha scaricato per una querela»

di Massimo Malpica - 05/10/2009

Finito in tribunale per una causa civile nata da un servizio di Report nel 2001, Paolo Barnard sembra una bandiera della battaglia per la tutela legale che Milena Gabanelli ha combattuto a mezzo stampa nell’ultimo periodo. Ma non è così. Barnard, cofondatore di Report, accusa la conduttrice di averlo abbandonato. «Nel 2001 - attacca - un mio servizio sul comparaggio farmaceutico va in onda dopo il vaglio dell’avvocato Pierluigi Lax dell’ufficio legale della Rai. Viene pure replicato. Nel 2004 avevo lasciato Report da qualche mese, e io, la Gabanelli e la Rai veniamo citati in giudizio per una causa civile».

E che cosa succede?

«Mi viene negata la copertura legale, e la Rai mi spedisce pure un atto di costituzione in mora, avvertendomi che in caso di condanna l’azienda intende rivalersi su di me. Io, naturalmente, chiedo alla Gabanelli di prendere posizione».

L’ha fatto?

«No. Nessuna protesta formale e pubblica da parte sua. Mi disse che la lettera era un atto dovuto e sarebbe morta lì, ma invece...».
Invece?

«Non solo quell’atto è ancora valido, ma quando arriva la prima sentenza, scopro che la parte convenuta, Rai e Gabanelli, aveva dettato la sua linea difensiva scaricando tutto su di me. Cito dagli atti: “Per tutto quanto argomentato la Rai e Milena Gabanelli chiedono che l’Illustrissimo Tribunale adìto voglia (...) porre a carico di Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria”. Capito?».

Il cerino le è restato in mano.

«Esatto. La cosa che mi fa schifo è che lei si è sdraiata ai piedi dei dirigenti della “Rai di regime”, dove da anni è in prima serata anche con Berlusconi al governo, e in pubblico si vende come paladina della libertà e del coraggio, quando avrebbe dovuto spendersi per difendere i giornalisti abbandonati dagli editori. In privato ha preferito non mettersi in gioco. Ha ingannato me, ma anche il suo pubblico adorante. Se fai il paladino, ma poi tradisci i principi morali e di libertà dell’informazione, sei come le parrocchie che dici di combattere».

In questi anni vi siete sentiti?

«Ci siamo scambiati accuse sul forum del sito web di Report, dove - a proposito di censura - ha cancellato decine di messaggi che chiedevano spiegazioni sulla mia vicenda, bannando anche gli utenti dal forum. Ha anche scritto di avermi mandato un atto col quale si impegna a pagare di tasca sua in caso di condanna, che c’è stata pochi giorni fa».

Ah, però.

«Ma la lettera non esiste. E se esistesse, sarebbe un vergognoso escamotage: da una parte non combatte per la libera informazione contro i suoi padroni, dall’altra mi lascia massacrare col suo benestare, e paga i danni per salvarsi la faccia. Un anno fa diceva che il rischio della censura legale “non è colpa della Rai ma del sistema giudiziario”. Ora sostiene invece che “è dovere del servizio pubblico esercitare il giornalismo d’inchiesta assumendosene rischi e responsabilità”. Ipocrisia ai massimi livelli. Lei, intanto, dal 2007, dopo il mio caso, ha ottenuto la copertura legale per i suoi. Ma la battaglia per la libera informazione andava fatta per tutti».

Ma in Italia c’è un regime?

«No. C’è sicuramente una parte politica che tenta di imbrigliare l’informazione, ma il regime è quello degli italiani che non scelgono la buona informazione, e che hanno mollato la sinistra. E la sinistra, non sapendo come giustificare il proprio sfacelo, dà la colpa a Berlusconi. Io sono antiberlusconiano di lungo corso, ma non sono un falsario: se Berlusconi è la mafia, allora io ieri ho visto la camorra scendere in piazza contro la mafia. È ridicolo che la Fnsi organizzi una manifestazione simile quando non ha mosso un dito sulla vicenda della censura legale. O Travaglio che nel 2006 disse “chi non ha il guinzaglio in tv in questo momento non lavora”, e oggi lo vedi da tutte le parti».