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Tutti i poteri forti contro la politica estera italiana

di Giovanni Petrosillo - 06/10/2009

Berlusconi, secondo il giudice milanese Raimondo Mesiano, dovrebbe scucire 1500 miliardi delle vecchie lire (750 mln di euro) per risarcire Carlo De Benedetti dopo la faccenda del famigerato “lodo Mondadori”. L’affaire del gruppo editoriale fondato da Arnaldo Mondadori nel 1907 ha alle spalle una sentenza, a quanto pare pilotata, emessa dalla Corte d’appello di Roma la quale, nel 1991, aveva dato ragione al Cavaliere (e torto a De Benedetti) circa il passaggio delle azioni dalla famiglia Formenton (erede dei Mondadori) al gruppo Fininvest, ribaltando un precedente verdetto di un collegio arbitrale, consentendo così a Berlusconi di prendere il controllo del gruppo nato ad Ostiglia.
Qualcuno potrebbe dire che si tratta della solita battaglia, senza esclusione di colpi, tra capitalisti e uomini d’affari, ma i due sunnominati personaggi non sono normali imprenditori che si prendono a calci in faccia per il denaro e per il potere economico. Berlusconi è, attualmente, Presidente del Consiglio, De Benedetti è la tessera n.1 del principale partito d’opposizione. Inevitabilmente lo scontro si sposta sul piano politico e tira in ballo tutto il paese.
Noi che siamo gente di mondo non ci facciamo illusioni e sappiamo perfettamente di che pasta sono fatti l’uno e l’altro in quanto tycoons e businessman, tuttavia non si può trascurare il fatto che De Benedetti rappresenta la parte più retriva, reazionaria e golpista dell’Italia, quella che ha appoggiato e contribuito a realizzare il colpo di mano giudiziario del 1992 (dal quale lo stesso Ingegnere è stato sfiorato e poi, chissà perché, subito lasciato in pace), favorendo il repulisti del precedente regime politico-parlamentare non più gradito a Washington, mentre Berlusconi è il bastone tra le ruote di quel progetto infame fondato su indagini dei magistrati a senso unico.
Da una parte, dunque, uno dei protagonisti del salotto buono, dei sempiterni poteri costituiti italiani che non decadono mai e dall’altra un parvenu guardato con sospetto ed alterigia dalla casta banco-industriale al comando nella nostra nazione. La colpa di Berlusconi è dunque quella di essere entrato in politica, ragionevolmente, per non fare la fine del suo mentore politico Bettino Craxi, andando a scompaginare i disegni divini degli Dei del capitalismo italiano i quali avevano già deciso il destino della nostra terra all’indomani della fine della Guerra Fredda e della dissoluzione dell’URSS.
Questo a Berlusconi non è mai stato perdonato, ma, soprattutto, non gli hanno condonato di non essersi piegato, come dice Vittorio Feltri nel suo editoriale di ieri, ai diktat delle banche, dei grandi enti privati, della finanza disinvolta e di alcune megaindustrie che da decenni stracomandano nel Bel Paese.
Purtroppo, Feltri dimentica di nominare la potenza straniera che ha intessuto le trame del complotto contro Berlusconi che poi è la stessa che aveva decretato la fine del regime DC-PSI per allargare le maglie del suo potere mondiale. E adesso siamo ripiombati in quel clima cospirativo perché Berlusconi ha peggiorato la sua situazione mettendosi in affari con Putin e con Gheddafi. Anche questo non gli sarà facilmente scusato. Il problema è che, come al solito, ci va di mezzo quel piccolo barlume di indipendenza che stava finalmente accendendo la politica estera italiana.