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France Telecom e stati depressivi: come cambia la cultura aziendale

di Aldo Braccio - 07/10/2009

Fonte: cpeurasia



La domanda è: l'uomo deve servire l'economia oppure è l'economia che deve servire l'uomo?

 


 

Ventiquattro suicidi dal febbraio 2008, più altri quattordici tentativi andati a vuoto: per la direzione di France Telecom i casi si mantengono nella media (il gruppo conta oltre 100.000 dipendenti), ma qualche cosa deve succedere, se il presidente di FT, Didier Lombard, chiede ai quadri dirigenziali di “rinforzare la vigilanza e fare attenzione a tutti i segni di turbamento dei colleghi più prossimi”.

Il fatto è che tutti i suicidi sembrano chiaramente riconducibili – come classiche punte di un iceberg – a cause lavorative e professionali: “Mi tolgo la vita a causa del mio lavoro a France Telecom – ha lasciato scritto per esempio un dipendente di Marsiglia – sono diventato un relitto, un naufrago. E’ meglio finirla qui”. E l’ultimo caso, un lavoratore dell’Alta Savoia gettatosi da un cavalcavia: “Non riesco più a sostenere il clima all’interno dell’azienda”.

Dei deboli, delle persone a rischio? Può darsi, ma Danièle Linhart, sociologa e membro dell’Osservatorio sullo stress dei soggetti coinvolti in piani di mobilità, denuncia in un’intervista a Le Monde la condizione di insicurezza e di smarrimento intervenuta dopo la privatizzazione di France Telecom, iniziata nel 1997: “Con la privatizzazione i lavoratori non sanno più dove sono, centrifugati dai continui cambiamenti di mansioni e da un ambiente di lavoro irriconoscibile. Il credo del management è quello di scuotere l’azienda come un albero di cocco, per superare un supposto immobilismo. Si lavora in una condizione di allarme e di concorrenza interna sfrenata, che svuota di senso la propria funzione”.

Nel 2008 FT ha registrato un utile netto di oltre quattro miliardi di euri: la contropartita è data da 22.450 dipendenti licenziati o prepensionati in due anni, 14.000 trasferimenti per mobilità interna intervenuti tra il 2006 e il 2008, il principio di mobilità obbligatoria per i quadri ogni tre anni.

Da quando è stato dismesso il “carrozzone statale” e la rivoluzione tecnologica si è accompagnata alla permanente ristrutturazione aziendale, le parole d’ordine sono diventate modernizzazione, cambiamento di stile e, in definitiva, capacità di vendere: una società di servizi laddove prima vi era capacità tecnica, ricerca e complessivo sviluppo industriale.

L’eco mediatico della catena di suicidi e delle successive prese di posizione (manifestazioni spontanee dei dipendenti a Lione e a Bordeaux, giornate di mobilitazione sindacale di questi giorni) ha finalmente determinato qualche modifica di percorso, non sufficiente tuttavia a invertire la rotta: la mobilità interna è stata bloccata fino al 31 dicembre, mentre il vicepresidente Wenes ha presentato le sue dimissioni. Pochi giorni fa aveva dichiarato a Nouvel Obs di “non comprendere come una piccola parte dei nostri dipendenti non riesca a cambiare mentalità” (fra gli altri, si riferiva probabilmente ai tanti tecnici di mezza età mandati a vendere cellulari nei punti vendita della telefonia mobile).

Al suo posto, un fidatissimo di Sarkozy, Stephane Richard, ex alto funzionario pubblico e attualissimo miliardario uomo della finanza: forse l’uomo giusto per confermare la filosofia aziendale di Lombard, esplicitata in un incontro con i dipendenti il 20 gennaio di quest’anno: “Chi pensa di poter riposare sugli allori e di starsene tranquillo, si sbaglia di grosso”!