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Lisbona: Quali implicazioni geopolitiche?

di Pierre Verluise - 08/10/2009

  
Lisbona: Quali implicazioni geopolitiche?

Irlanda: il 2 ottobre 2009, in occasione del secondo referendum sul Trattato di Lisbona, “il sì” l’ha spuntata con il 67,13% contro il 32,87% del no. La partecipazione si è elevata al 59%. Sono i risultati definitivi comunicati dai mass media irlandesi. Prossime tappe: Varsavia e Praga dove si attendono ormai le firme dei due presidenti ceco e polacco. Se il trattato di Lisbona diventasse effettivo, quale sarebbero le prospettive ed i limiti in materia di difesa?

Il potere dell’Europa comunitaria sarebbe accresciuto…

Secondo Pierre Saucede [1] che propone un approccio geopolitico al Trattato di Lisbona, quest’ultimo procurerebbe in una certa misura strumenti di potenza rafforzati. Prima di tutto con nuove capacità d’azione sulla scena internazionale, attraverso una personalità giuridica propria, un Presidente del  Consiglio europeo forte e la personalizzazione della politica esterna dell’Unione europea. L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza beneficerebbe di un servizio europeo per  l’azione esterna, composto da funzionari della Commissione, del Consiglio e degli stati membri. Questo servizio potrebbe sostenersi sulla rete delle 186 delegazioni dell’Unione europea nel mondo. Queste disposizioni fornirebbero un potenziale d’influenza per permettere all’UE di diventare un attore globale a pieno titolo nel gioco mondiale. In secondo luogo, il trattato di Lisbona renderebbe le istituzioni comunitarie – Consiglio dei Ministri, Commissione, e Parlamento – sempre più indipendenti dagli Stati membri. Tuttavia, le norme del trattato di Nizza continueranno ad imporsi al Consiglio dei Ministri fino all’ottobre 2014, con la possibilità di un’estensione “à la carte„ fino al marzo del 2017. Il sistema di doppia maggioranza previsto dal trattato di Lisbona si suppone essere più efficace di quello di Nizza, perché facilita la formazione di maggioranze, quindi la presa di decisioni. Al rafforzamento dell’efficacia del dispositivo decisionale si aggiunge un’estensione del voto a maggioranza qualificata a nuovi settori. Pierre Saucede osserva che “la natura del Consiglio si troverebbe profondamente modificata da queste nuove disposizioni. Votando a maggioranza qualificata, il Consiglio diventerebbe sempre meno intergovernativo e sempre più sovrannazionale.” Tuttavia, l’Europa della difesa continuerebbe a rientrare nell’area dell’unanimità, cosa che lascia ad ogni Stato una forma “di veto”. Infine, il Parlamento europeo vedrebbe i suoi poteri fortemente accresciuti in materia legislativa, di bilancio e di controllo politico. Senza poter ancora parlare di Stato europeo sovrannazionale, l’Unione europea del trattato di Lisbona amplierebbe il potere delle istanze comunitarie, ma ciò sarebbe sufficiente a portare verso una UE più potente?

… ma resterebbe limitato

Il trattato di Lisbona non colma il deficit di senso dell’Unione Europea, che rimane un progetto di potenza da definire. Questo trattato non precisa cos’ è l’UE e quali sono i suoi obiettivi strategici, anche se rafforza i legami UE-NATO. Leggendo il trattato, non si sa se l’UE è un’organizzazione regionale, una confederazione, una federazione di stati nazione, un super-stato o una struttura intermedia “sui generis”. L’indeterminazione di base persiste. Gli obiettivi, dal canto loro, restano definiti in termini molto generali. Senza definire una strategia di potenza – ma è il luogo? – il trattato elabora un catalogo di valori universali: economia sociale di mercato, lotta contro l’esclusione sociale e le discriminazioni, giustizia sociale, solidarietà tra le generazioni, tutela dei diritti del bambino, coesione territoriale, promozione del progresso scientifico e tecnico… L’UE appare come una potenza essenzialmente normativa, ovvero privilegia l’estensione della sua influenza con la norma e non con la forza.

Quanto alle frontiere dell’UE, il trattato di Lisbona non pone alcuna limitazione d’ordine geografico o di civiltà. Si accontenta di ricordare il principio del rispetto dei valori dell’UE per qualsiasi candidato all’adesione ed i tre “criteri di Copenaghen„ (1993).

In materia di Europa della difesa, il trattato di Lisbona apporta cambiamenti… rafforzando l’impianto originario.

Le missioni della PESD vengono ampliate. L’introduzione di una clausola di solidarietà tra gli Stati membri e di un dovere d’aiuto e di mutua assistenza potrebbero contribuire allo sviluppo di una solidarietà europea. In materia di difesa, nota da parte sua Daniel Keohane, “il cambiamento più importante è che il trattato faciliterà una collaborazione più stretta dei paesi europei sulle questioni militari, utilizzando una procedura conosciuta sotto il termine di “cooperazione strutturata permanente”. Gli Stati membri che rispondono ad un insieme di criteri basati sulle capacità potranno scegliere di cooperare più strettamente.” [2]

Pertanto, conclude P. Saucede, “la PESD resta colpita da un limite congenito. Infatti, la NATO rimane il quadro di riferimento della difesa europea. Le disposizioni iscritte nel trattato di Maastricht sono così riprese nel trattato di Lisbona: la PESD deve rispettare gli obblighi derivanti dal trattato Nord-Atlantico che resta, per gli stati che sono membri, ” la base della loro difesa collettiva e l’istanza della sua messa in atto”.[3] Quest’obbligo di conformità tra gli impegni sottoscritti a titolo della PESD e quelli sottoscritti a titolo della NATO appare come un ossimoro. Ci si può allora legittimamente interrogare sul grado di dipendenza che questa disposizione fa pesare sulla PESD. Si tocca qui un punto determinante. L’Unione europea si vede come una vera potenza sulla scena mondiale o come un semplice blocco dell’insieme euro-atlantico? (…) Quest’ultima rimarrebbe con uno statuto periferico, senza realmente contestare la posizione centrale tenuta dagli Stati Uniti nell’ambito dell’insieme euro-atlantico.” In questo contesto, si impone più che mai il controllo dell’evoluzione delle relazioni UE-NATO. Il rientro della Francia nell’ordine militare integrato della NATO, effettivo dal marzo 2009, si integra in questo contesto e mira ad ottimizzarlo. È ancora troppo presto per pretendere di fare un bilancio. Occorre anche seguire ciò che diverranno “gli orientamenti politici per la prossima Commissione” presentati da Jose Manuel Barosso il 3 settembre 2009. Costui pretendeva allora “di aprire una nuova era per l’ Europa quale attore globale” dopo avere citato alcuni nuovi strumenti offerti dal Trattato di Lisbona, dichiarava: “c’è la volontà politica di utilizzare interamente questi strumenti che saranno veramente decisivi. Io m’impegno affinché la Commissione, che pilota molte politiche estere di primaria importanza, giochi interamente il suo ruolo raccogliendo l’occasione di dare all’Europa il posto che merita sulla scena internazionale. Non dobbiamo considerare le relazioni internazionali come un settore distinto, ma come parte integrante dei mezzi che ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi di politica interna.”

Designato per un secondo mandato alla presidenza della Commissione europea, non gli resta che mettere in pratica queste parole.

1. Pierre Saucede, « Quels peuvent être les effets du traité de Lisbonne sur la puissance de l’Union européenne ? », mars 2008, 32 p. Memoria di geopolitica redatta al collegio interforze della difesa sotto la direzione di Pierre Verluise. Tenuto conto della sua data di redazione, non integra le concessioni fatte a Dublino per permettere l’organizzazione di un secondo referendum. Pubblicato nel 2009 nel sito www.diploweb.com all’indirizzo http://www.diploweb.com/Traite-de-Lisbonne-quels-seraients.html

2. Daniel Keohane, « 2008 : une année vitale pour la défense de l’UE », La revue internationale et stratégique, n° 69, printemps 2008, p. 130.

3. Il generale Michel Fennebresque dichiara sull’argomento il 27 novembre 2007: “Queste ultime parole, che erano state aggiunte nel progetto del trattato costituzionale dalla CIG del 2004, sono molto restrittive poiché, prese alla lettera, potrebbero proibire ogni iniziativa europea in materia di difesa, ogni azione autonoma dell’Unione in questo settore.„ Défense nationale, febbraio 2008, p. 71.

Pierre Verluise, ricercatore IRIS, direttore di www.diploweb.com, autore di “20 ans après la chute du Mur. L’Europe recomposée », Paris, Choiseul, 2009 , Parigi, Choiseul, 2009 e coautore di « Géopolitique de l’Europe », Paris, Sedes, 2009

Traduzione a cura di Giovanni Petrosillo