Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il Nobel dei due pesi e delle due misure

Il Nobel dei due pesi e delle due misure

di Antonio Marafioti - 12/10/2009





Barack Obama inflessibile sulla politica nucleare dell'Iran rinnova con Israele un accordo tacito stipulato nel 1969 da Richard Nixon e Golda Meir

 

La tattica del “due pesi due misure” nei riguardi della politica estera sul nucleare è valsa a Barack Obama, quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America, il premio nobel per la Pace 2009.
Già, perchè l’uomo del “change” statunitense che solo quindici giorni fa a Pittsburgh ha duramente condannato la notizia, che poi si è scoperto essere non tanto nuova per la Cia, del secondo impianto nucleare iraniano di Qom, non ha adottato la medesima intransigenza nei confronti di Israele.
Che il governo di Gerusalemme abbia a disposizione già da diversi anni un arsenale atomico non è più un mistero per la comunità internazionale. Come non lo è il fatto, ripreso dal Washington Times solo una settimana fa, che l’intesa madre sulla questione dei propri “diritti” nucleari Israele l’abbia raggiunta con gli Stati Uniti il 25 settembre del 1969. A capo dei due governi c’erano due capi di stato neoeletti. Alla Casa Bianca si insediava, forte di un ampio consenso popolare, Richard Nixon, spalleggiato dal super Segretario di Stato Henry Kissinger. Sullo scranno più alto del governo israeliano sedeva Golda Meir la prima donna premier della storia di Israele. Le inchieste attuali hanno dimostrato che, pur non essendoci stata alcuna registrazione formale sugli accordi, che tra l’altro entrambe le parti hanno sempre negato, in realtà un’intesa era stata trovata. A testimoniarlo è una nota dello stesso Kissinger ritrovata nella biblioteca Nixon nel 2007 e datata 19 luglio 1969 che riporta: “mentre potremmo idealmente fermare l’effettivo possesso (delle armi nucleari) di Israele, ciò che realmente vogliamo è impedire che il possesso da parte di Israele diventi un dato di fatto internazionale”.
A quarant’anni di distanza l’accordo tacito fra le due nazioni è stato rinnovato, sempre tacitamente, da Obama che nel maggio di quest’anno ha incontrato a Washington il premier israeliano Benjamin Netanyahu. L’esclusiva del Washington Times si è basata sulle testimonianze di tre “gole profonde” presenti durante l’incontro fra i due leader durante il quale lo statunitense si sarebbe detto disponibile a mantenere in vita le condizioni del ’69 e a non far pressione su Israele affinchè riveli l’effettivo possesso di armi nucleari o firmi il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).
L’incontro di maggio con Obama, e i successivi accordi fra i due leder politici, ha permesso a Netanyahu di ostentare calma anche quando durante il discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, il presidente Usa ha ribadito uno dei capisaldi della sua politica estera: il disarmo nucleare internazionale. "E 'stato assolutamente chiaro dal contesto del discorso che stava parlando della Corea del Nord e Iran – ha sostenuto successivamente Netanyahu alla televisione israeliana - Voglio ricordare che nel mio primo incontro con il presidente Obama a Washington ho ricevuto da lui, e ho chiesto di ricevere da lui, un elenco dettagliato delle intese strategiche che esistono da molti anni tra Israele e gli Stati Uniti su tale questione. Non per niente ho chiesto e non per niente ho ricevuto [il documento]”.
Poche ore dopo le dichiarazioni di Netanyahu alla televisione israeliana, Barack Obama interrompeva bruscamente i lavori di Pittsburgh accompagnato dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal premier inglese Gordon Brown per invitare ufficialmente al dialogo il presidente Mahamud Ahmadinejad il quale, poche ore prima, aveva “rivelato il piano nucleare attuato dalla Repubblica Islamica sul suolo sacro di Qom”. Nell’occasione il presidente aveva definito la scoperta “una sfida diretta” dell’Iran al piano di non proliferazione, rassicurando Israele che per bocca del suo ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, aveva fatto sapere che era necessaria "una risposta senza equivoci" da parte dell’Iran durane il “5+1” di Ginevra.
Quella condanna di Obama vale oggi, a meno di un anno dall’inizio del suo mandato, un premio Nobel alla Pace.