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Nobel a Obama: disarmo impossibile se non chiude l'Impero

di Gian Carlo Caprino - 12/10/2009

L'assegnazione del premio Nobel per la Pace a Barack Obama ha sorpreso tutti per due fondamentali motivi:
Barack Obama, al di là delle sue intenzioni buoniste enumerate nei suoi vari discorsi, non ha ancora compiuto alcun fatto concreto per la Pace mondiale. Si tratta quindi di una sorta di "cambiale in bianco" che la reale Accademia norvegese ha stipulato nei confronti del Presidente USA;
Obama ha ereditato, dalla precedente amministrazione, due guerre non risolte

 

(quella in Iraq e quella in Afghanistan), alle quali non sembra voler dare una soluzione in  senso innovativo e pacifico. Addirittura, per l'Afghanistan, si ipotizza l'invio di altre decine di migliaia di soldati per battere il "terrorismo". Niente di nuovo, quindi, rispetto all'epoca di Bush.


Forse la ragione principale dell'assegnazione del Nobel risiede nella sua dichiarazione, approvata alla unanimità in sede di Consiglio di Sicurezza, sulla sua intenzione di dar luogo ad un processo politico-diplomatico che porti, nel tempo, al bando delle armi nucleari nel mondo intero.


In realtà si tratta di pie intenzioni, probabilmente dettate da una buona dose di demagogia, perché Obama sa benissimo che la distruzione degli arsenali nucleari è strettamente legata ad una profonda revisione e riduzione degli armamenti convenzionali (cioè, tutto ciò che non riguarda il nucleare), principalmente da parte degli USA..


Ammettiamo infatti, per assurdo, che da domani tutti i Paesi che detengono armamenti nucleari li smantellino completamente. Il mondo sarebbe più sicuro, più stabile; la pace finalmente regnerebbe tra i popoli? No di certo e cerchiamo di capire perché.
Attualmente gli Stati Uniti assorbono circa il 40% dell'intera spesa militare convenzionale (non nucleare) nel mondo. La Russia, la Cina, la Francia ed il Regno Unito (nell'ordine)  ne assorbono, tutti e quattro assieme, circa il 20%.Il rimanente 40% viene assorbito dal resto del mondo, cioè un centinaio di Stati.


Molti sanno, ad esempio, che la più possente (per numero e modernità tecnologica) aviazione militare del mondo è quella statunitense; ma quasi nessuno sa che la seconda flotta aerea militare del mondo è costituita dal "surplus" statunitense, cioè a dire da aeromobili non in primissima linea, ma abbastanza tecnologicamente aggiornati e numerosi da costituire una flotta di assolutamente valida in termini tattici e/o strategici. Analogo ragionamento si potrebbe fare con le marine militari statunitensi.


Il motivo di tale enorme capacità di spesa militare è dovuta non solo all'incontestabile potenza dell'economia USA, bensì anche e sopratutto al fatto che questi detengono, con il dollaro, la moneta di riserva mondiale; la moneta, cioè, con cui quasi tutti gli Stati regolano le transazioni commerciali non soltanto con gli USA, ma anche tra di loro. Tutti gli Stati tendono quindi a tesaurizzare in dollari, poiché sanno che, con tale moneta nelle casse, potranno comprare qualsiasi bene e/o servizio nel resto del mondo. La Cina, ad esempio, è il più grande creditore estero del Tesoro americano, detenendone centinaia e centinaia di miliardi di T-BONDS.


Questa situazione spinge gli USA ad indebitarsi senza limiti con l'estero, stampando carta, e ad utilizzare questo debito per le loro immense spese militari.


Tutto ciò si concretizza con l'esistenza di almeno (escluse quelle segrete) 700 basi aero-navali statunitensi fuori del loro territorio metropolitano (intendendosi per territorio metropolitano anche l'Alaska e le Haway); tali basi sono usate per lo spionaggio, la destabilizzazione e (in alcuni casi) anche l'aperta aggressione verso chi non si conforma alla geopolitica statunitense. Tutto ciò su scala planetaria!


Un paio d'anni fa un generale cinese di alto grado dichiarò pubblicamente che, in caso di attacco aereo convenzionale da parte USA verso la Cina, questa non avrebbe potuto opporre una difesa convenzionale adeguata, data la differenza numerica e tecnologica (a favore degli statunitensi) che separa le due aviazioni; pertanto il generale riteneva che il possesso di armi "tattiche" nucleari (cioè armi molto al disotto di quelle che distrussero Hiroshima e Nagasaki) fosse l'unico fattore dissuasivo verso una eventuale aggressione americana.


La Cina non è certo uno Stato debole o scarsamente armato, tutt'altro! Cosa debbono pensare Paesi come l'Iran, la Corea del Nord o il Venezuela, tutti e tre minacciati da devastanti attacchi convenzionali americani? La stessa Russia, considerata la seconda Potenza mondiale, ma a molta distanza dagli USA, potrebbe sentirsi sicura, in questa situazione di assoluta supremazia convenzionale americana, senza il suo arsenale nucleare e relativi vettori?


Bisogna rassegnarsi all'idea che le armi nucleari (e relativi vettori) non sono più il "top" per i Paesi ricchi e tecnologicamente evoluti, come era negli anni Sessanta e Settanta, bensì sono ormai le armi dei Paesi "poveri", da usare non come "first strike" (verrebbero immediatamente inceneriti dalla reazione atomica delle grandi Potenze), bensì come deterrenza e freno verso l'arroganza imperialista di chi pretende di controllare il mondo, facendo dei suoi eserciti una sorta di "polizia planetaria", che deve essere accettata, piaccia o non piaccia, da tutti.


Facciamo un esempio: se Saddam Hussein avesse avuto l'atomica, G. W. Bush e la sua cricca avrebbero avuto l'ardire di aggredire l'Iraq? Credo proprio di no! Avremmo, forse, ancora un despota mediorientale in più (ce ne sono già tanti...) ma un milione di morti in meno!


Tirando le conclusioni, il disarmo nucleare generalizzato, ancorché nobilissimo come desiderio politico, è del tutto irrealizzabile senza una drastica riduzione delle basi americane all'estero e senza un radicale ripensamento sulla missione imperiale mondiali che gli USA si sono posti dopo la scomparsa dell'URSS.


Questo Barack Obama lo sa benissimo, ma evidentemente la reale Accademia norvegese non lo sa!