La notizia del muro di contenzione voluto dall’attuale giunta della nota città lombarda come protezione da eventuali esondazioni del lago è apparsa recentemente sulle prime pagine di numerosi quotidiani. I commenti sono quasi unanimi: quel muro risulta un vero e proprio pugno nell’occhio. Che quella costruzione avrebbe finito per togliere la visuale del lago ai comaschi ci si poteva arrivare sin dalla fase di progettazione, ma forse gli italiani sono talmente abituati ormai a sentire parlare di cemento in termine di crescita e sviluppo che probabilmente un tale progetto sarà apparso loro del tutto normale. Finché, appunto, non si siano accorti dell’entità dello scempio paesaggistico. E’ probabile che in quel momento anche le persone meno sensibili abbiano percepito in loro una certa mancanza attinente non solo al registro degli affetti, ma probabilmente anche a quello più profondo dell’anima.

Il motivo della sicurezza, come si può leggere per esempio nel bell’articolo di Michele Brambilla su Lastampa.it del 27/09/2009, era già stato risolto a monte con la realizzazione delle chiuse di Olginate le cui aperture permettono alle acque del lago di defluire in caso di bisogno nel fiume Adda, favorendo al contempo l’irrigazione dei campi del lodigiano. Il vero motivo di questo ennesimo scempio ambientale all’italiana (perché nessun altra nazione moderna degna di questo nome permetterebbe che si realizzino obbrobri del genere ) sembra, manco a dirlo, di natura economica:
“…ventidue anni fa (…) c’è stata un’alluvione in Valtellina, con esiti devastanti: frane, morti, paesi scomparsi. A Como i danni furono limitati all’arrivo di detriti. Danni, in ogni caso, da risarcire. Una legge apposita, chiamata appunto «legge Valtellina», stabilì che al Comune di Como spetta un indennizzo pari a 17 milioni di euro di oggi. Ma per usufruire di questo stanziamento bisogna costruire le paratie. Ecco perché l’opera in questione è diventata fondamentale: per avere i quattrini, non per evitare le esondazioni. Tipicamente italiano il paradosso…”

Occorre però indagare più a fondo il problema in quanto l’appetibilità dei suddetti contributi, a ben guardare, difficilmente saprebbe bastare per mettere in cantiere una tale assurdità che sarebbe finita inevitabilmente per rovinare uno dei landscape più visitati da poeti e scrittori di tutti i tempi e, quindi, anche per incidere negativamente sul turismo e gli introiti del comune. Tale comportamento, a dispetto dell’apparenza, non può essere definito razionale e ancora meno “saggio”. Inserendo il caso del muro di Como in un contesto più ampio, dobbiamo chiederci anzitutto, vista la devastazione dei beni naturali che l’Italia (dire “Bel paese” a questo punto è del tutto fuori luogo e fuorviante) sta subendo da alcuni decenni, il perché di questa insensibilità al bello e di quell’accanimento nei confronti della Natura.

Tale situazione, andata peggiorando negli ultimi anni, probabilmente a causa di una rinnovata passione religiosa verso Economia, è invece del tutto estranea alle civiltà tribali le cui culture di tipo animistico costituiscono dei veri ponti simbolici che permettono loro di vivere in simbiosi con il mondo naturale. Non sarà superfluo ricordare che la scienza moderna definisce la simbiosi un tipo di rapporto vantaggioso per tutti gli organismi appartenenti ad uno stesso sistema. Contrariamente al “parassitismo” degli organismi che vivono e si sviluppano a scapito di altri. Come ho più ampiamente argomentato nel mio ultimo libro “La religione del dio Economia” (Csa editrice, Crotone 2009), da questo punto di vista il rapporto dell’uomo moderno con Madre Natura è indubbiamente di tipo parassitario.

Non si tratta però di operare una improbabile conversione all’animismo dei popoli tribali. Alcuni aspetti di queste culture potrebbero però ispirare nuove modalità di percezione e di rapporto con il mondo. Tornando al nostro esempio, la pericolosità di un lago o di un fiume può essere pensata come un problema da risolvere secondo una logica interventista, oppure può essere percepita come un normale tratto caratteriale di una entità fisica e spirituale con cui bisogna imparare a rapportarsi.

Nel primo caso prevale l’ego, la spada dell’Eroe che trancia il nodo gordiano senza tante cerimonie. Nel secondo caso prevale l’anima, il lato percettivo di una psiche non ancora distaccata dalla Natura. Ancora, nel primo caso si cerca di costringere la Natura e di farla sottostare alle esigenze egoiche considerate razionali, mentre nel secondo caso si è maggiormente mossi dal rispetto per le valenze simboliche inconsce proiettate sulla Natura. A dire il vero, nel caso dei membri tribali, considerando la loro cultura affermare che queste valenze siano inconsce perché proiettate non è esatto e non rende giustizia alla loro psicologia. Ma questo è un tema troppo lungo e specifico per potere essere sviluppato in questa sede.

Desacralizzando il territorio l’uomo moderno finisce per allontanarsi dal proprio inconscio e per perdere ogni sensibilità verso la Natura. Egli ha perso la capacità di “visione” e il cemento è uno dei simboli maggiori di questa sua condizione. Da simbolo di divisione ideologica e politica come nel caso più famoso del muro di Berlino, con il muro di Como il cemento si è trasformato in simbolo di separazione dall’anima.
Quale è la ragione profonda di questa nuova ribalta del cemento nonostante il ricordo delle tragiche esperienze legate all’edilizia del boom economico degli anni ’60? Perché la fede in Economia ha trovato nuovi simboli e nuovi sacerdoti e domina incontrastata la psicologia dell’uomo. Laddove domina l’idea del profitto, inserire l’anima diventa una impresa che ha poche chance di riuscire.

Pertanto, il muro di Como non rappresenta soltanto l’ennesimo obbrobrio paesaggistico compiuto da una giunta provinciale e poco illuminata, ma anche il prodotto altamente significativo di una cultura dominante senza più anima. Esso potrebbe addirittura esserne considerata il monumento, come i lager di ieri sono diventati oggi monumenti della cultura nazista per turisti in cerca di sensazioni forti. In questo senso, la distruzione della Natura attraverso il non rispetto delle sue istanze spirituali equivale al tempo stesso ad un nuovo sterminio di massa: quello dell’anima. Possiamo solo sperare, lottando, che l’abbattimento di quel muro avvenga in tempi più brevi di quelli che furono necessari per abbattere quello di Berlino.

Fonte: www.libreidee.org