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“Normalità” nei mercati finanziari?

di Filippo Petroni - 19/10/2009

Fonte: appelloalpopolo

 

Dando uno sguardo, anche solo superficiale, ai dati storici del Down Jones (DJ) ci si accorge di quanto siano frequenti le variazioni di prezzo di una certa entita’.

Per chiarire meglio di cosa si parla, si riportano alcuni esempi importanti: nell’Agosto del 1998 il DJ scende in un giorno del 3,5%, tre settimane dopo scende del 4,4% ed il 31 Agosto 1998 del 6,8%. La causa di questi “crolli” così vicini era da ricercarsi nella crisi finanziaria che stava colpendo la Russia. Altri esempi recenti sono: il lunedì nero del 1987 (in un solo giorno il DJ perde il 29.2%), il collasso dopo la bolla speculativa dei titoli legati ad Internet nel 2001 e, ovviamente, il crollo del 2008, collegato all’emissione di mutui “sub-prime”, che ha determinato la crisi ancora in atto.

Tutti questi fenomeni sono per loro natura imprevedibili. Ciò che gli studiosi fanno è cercare di prevedere la probabilità che essi avvengano, utilizzando dei modelli matematici che, basandosi sulla natura stocastica della variazione dei prezzi dei titoli azionari, permettano di avere informazioni sulla probabilita’ che variazioni di prezzo di una determinata entità avvengano in un dato lasso di tempo. Costruire modelli adatti a questo scopo e’ ovviamente complicato. Come in tutti i campi della scienza, si procede semplificando il problema in esame e facendo delle assunzioni di fondo. L’importante ovviamente e’ che queste assunzioni non siano troppo lontane dalla realta’ e permettano, comunque, di fare stime numeriche confrontabili con i dati reali che esistono e sono analizzabili.

Il modello servira’ a stimare quale sia la probabilita’ che in futuro si verifichino determinati eventi. E’ essenziale, quindi, che, affinche’ il modello sia credibile, si facciano verifiche sui dati del  passato. Il modello deve essere in grado di stimare correttamente la probabilita’ di eventi gia’ accaduti. 

I modelli matematici largamente utilizzati sia dalle banche che dai governi si basano su una ipotesi di fondo dei fenomeni in analisi. Si assume che questi fenomeni abbiano una natura “normale”, ovvero, che variazioni di prezzo molto elevate siano estremamente rare. Per dare un’idea, secondo questa ipotesi una perdita come quella del “Black Monday” si puo’ avere solo una volta ogni 1050 anni (un tempo di gran lunga superiore all’eta’ dell’universo).

Tecnicamente con “normale” si intende che la probabilità con cui si descrive la variazione di prezzo di un titolo azionario (o di un indice azionario, essendo questo una “semplice” media di più titoli) viene da una funzione detta appunto Normale (distribuzione di Gauss). La scelta di utilizzare l’ipotesi di normalita’ dipende da vari fattori tra i quali ci sono sicuramente la semplicità di utilizzo e i motivi storici (era già utilizzata agli inizi del ‘900).

Sfortunatamente, però, le variazioni di prezzo sono tutt’altro che normali. L’assunzione di normalita’ del mercato funziona solamente per brevi periodi di calma. Quindi, i modelli basati sulla Normale sono completamente inadeguati quando si cerca di calcolare le probabilità (o rischio) di variazioni di prezzo molto elevate. Questo implica che modelli matematici costruiti su questa ipotesi siano troppo lontani dalla realta’.

L’inadeguatezza deriva essenzialmente dal fatto che si considera solo la possibilita’ di condizioni “normali” del mercato, attribuendo probabilità infinitesime a quelli che vengono considerati eventi rari. Dall’esperienza sappiamo che questi eventi poi cosi’ rari non sono. Infatti si puo’ facilmente verificare, attraverso un’analisi approfondita degli andamenti storici degli indici azionari, che la probabilità che si verifichino eventi rari è molto piu’ elevata di quella che puo’ essere calcolata dai modelli matematici basati sulla normalità del mercato.

Nonostante la loro inadeguatezza questi modelli vengono utilizzati per la stima del rischio legato a grosse perdite (essendo il rischio essenzialmente una probabilità), del rischio di fallimento delle società, del rischio legato alla mancata restituzione di un mutuo….

Il loro utilizzo comporta una sottostima sistematica del rischio. Stimare il rischio in modo corretto vorrebbe dire essere preparati in caso di crolli finanziari come quello appena vissuto o, se i governi prendessero provvedimenti adeguati, ad evitarli completamente. E’ infatti dovuta, in gran parte, a questa sottostima la crisi finanziari che ci ha investiti nel 2008. I mutui “sub-prime” sono stati concessi dalle banche sottostimando la probabilita’ di inadempimento. La “Securities and Exchange Commission”, organo regolatore del mercato azionario degli Stati Uniti, basandosi sulla probabilità di inadempimento cosi’ calcolata, ha permesso alle banche di concedere debiti quasi senza limiti