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La pace è a rischio. Intervista ad Abdallah II re di Giordania

di Nicola Lombardozzi - Alix Van Buren Amman - 19/10/2009

 


IL SUO ragionamento raffredda ogni attesa di una rapida soluzione regionale, secondo i piani pensati dal presidente Obama.

D`altronde il re si è già misurato in politica con Netanyahu al principio del suo regno, nel`99, ed è schiettissimo: «Una prima esperienza niente affatto gradevole.

Ha coincis o con alcune delle crisi più gravi fra Giordania e Israele. Sono passati dieci anni.

In maggio, seduto su questo stesso divano, il premier israeliano mi ha fatte molte promesse:

nessuna finora mantenuta».

Perciò, alla vigilia della visita di Stato di domani in Italia, Ahdallah II si cautela: «Verrò a parlare con gliamiciitaliani. Solleciterò l`impegno del governo, come parte della Ue, nel processo di pace, la collaborazione in vari megaprogetti in Giordania per un investimento di 20 miliardi di dollari in 10-15 anni».

E infatti eccolo il giovane monarca, capofila dei moderati del mondo arabo, in prima linea nell`impegno per la pace. Erede della dinastia Hashemita, è discendente diretto del Profeta Maometto. In blazer blu, riceve la Repubblica nello studio di un bel palazzo arabo in cima a un colle sopra la città.

Maestà, dopo sette missioni dell`inviato speciale di Obama in Medio Oriente, America e Israele non sembrano vicini a un`intesa. Lei è deluso? «Sarò sincero: m`aspettavo di più, e in tempi più brevi. Il presidente Obama aveva chiesto subito di risolvere il conflitto israelo-palestinese.

Credevo in una svolta decisiva già all`inizio dell`estate, nell`avvio di un vero negoziato di pace all`Onu. Eppure, il nodo delle colonie israeliane, illegali perla comunità internazionale, resta centrale. Tutti chiediamo un congelamento, anche temporaneo, giusto per far decollare le trattative. Se Israele davvero crede nella formula dei due Stati, sa bene che le colonie nelle terre palestinesi diverrebbero proprietà palestinese.

Fermarle sarebbe una prova della sua sincerità. Infatti, la domanda oggi più ripetuta nel mondo arabo è questa: Israele vuole davvero la pace?».

Il 26 ottobre saranno 15 anni dall`accordo fra Giordania e Israele. E`vera pace? «E` pace fredda; anzi, va raggelandosi sempre più. Prendete Gerusalemme: il tentativo di modificarne l`assetto politico, l`usurpazione dell`area di Gerusalemme Est, che è parte dei territori palestinesi occupati nel 1967. Non si può cambiare la realtà sul terreno mentre è in corso una trattativa di pace. L`ho detto a Netanyahu: la questione di Gerusalemme, per la Giordania, é una linea rossa invalicabile.

Tanto più con la storia della Moschea».

Cela racconti.

«Perché accelerare gli scavi dei tunnel vicino alla Moschea al-Aqsa, quando la documentazione conferma il rischio di indebolirne le fondamenta? Bisogna capire la santità di quei luoghi, quanto è esplosiva quella polveriera. E` unaprovocazione, ecco il punto. E non soltanto nei confrontideimusulmani: anche dei cristiani».

Cioè a dire, Maestà? «Che il Regno Hashemita è il guardiano anche dei luoghi cristiani.

Ho ereditato da mio padre, Sua Maestà Re Hussein, questa tremenda responsabilità.

Dobbiamo difenderlidall`usurpazione delle proprietà da parte del Municipio o del gover- no israeliano. Eppure Gerusalemme dovrebbe essere un simbolo d`armonia e pace fra le tre fedi monoteiste. Escluderne anche una sola, sarebbe una catastrofe».

Netanyahu preferisce per ora una "pace economica", invita il mondo arabo a investire. Non le sembra una proposta accettabile? «Non ha senso una pace economica se non c`è sicurezza politicaperil futuro dei palestinesi.

Così, si continua ad aggirare il problema. Serve una soluzione fondata sui due Stati, e questo noi stiamo aspettando».

La Giordania fa dei due Stati una questione di sicurezza nazionale.

Perché? «Perché senzaquellinonci saranno mai pace e stabilità nell`intera regione. E la soluzione ideale per una pace complessiva fra Israele e gli arabi e i musulmani».

E se si arrivasse a un solo Stato binazionale, come certi prospettano? «Ne sento parlare daisraeliani e palestinesi come unica alternativa se fallisse la formula dei due Stati. Però, i palestinesi meritano una propria nazione».

Si parla anche di delegare alla Giordania il controllo della West Bank. E lei? «E inaccettabile. Se Israele vuol fare della Giordania la Palestina, significa trasferire qui i palestinesi della West Bank. Supponiamo, per pura ipotesi, che Israele ci riesca, sfidando la condanna del mondo. Beh, cos`avrebbe risolto per il suo futuro? Un bel nulla: in poco tempo gli arabi israeliani, in Israele, diverrebbero lametà dellapopolazione dello Stato ebraico. Israele si troverebbe punto e a capo. Inoltre, gli arabi e i musulmani non l`accetteranno. Serve una visione più ampia: la pace complessiva con 57 nazioni (ndr. LegaAraba e Conferenza islamica), cioè un terzo del mondo, che oggi non riconoscono Israele».

E se non accadesse? «Si rimarrebbe allo statu quo, piomberemmo in tempi davvero bui, con le immaginabili conseguenze».

Quali? «Che la finestra della speranza, frabreve, sichiuderà. Entrola fine del 2010, se Israele non crederà nella soluzione dei due Stati, svanirà la possibilità di un futuro Stato palestinese, per questioni geografiche: i territori già sono frammentati in cantoni. E se voi e io dovessimo ritrovarci qui, a porci le stesse domande, temo che la nostra generazione nonvedràlapace».

Allora, come intervenire? «Spettaall`Americae all` Europa farlo. Israele abbia il coraggio di sedersi al tavolo coi palestinesi, con una fortissima copertura del presidente Obama e il sostegno saldo della Ue. Decida se integrarsi nel mondo arabo-musulmano, o continuare a essere una fortezza, con le calamità che ne derivano per lei e tutti noi. Per ora sta scavandosi una fossa, sempre più profonda».

Però, resta l`ostacolo di Hamas, la frattura fra i palestinesi.

Quanto pesano nelle prospettive di un accordo? «Noi appoggiamo la riconciliazione fra Hamas e Fatah, promossa dall`Egitto. America ed Europa decidono da sé la loro politica. Riconoscano però l`urgenza, il prezzo terribile che tutti pagheremo. Capiscano anche che a Gaza sta consumandosi una catastrofe umanitaria, che l`assedio va sbloccato al più presto».

L`Occidente ora sembra privilegiare il negoziato con l`Iran .

Per la prima volta in trent`anni, Washington e Teheran si parlano.

Può avere riverberi positivi sul Medio Oriente? «E` uno sviluppo benvenuto.

L`alternativa al dialogo è il conflitto, e non ne serve uno con l`Iran, cosa che ci preoccupa molto.

Vediamo se i colloqui porteranno frutti. Teniamo le dita incrociate».

Lei teme un Iran armato di atomica? «Io mi batto contro la proliferazione nucleare nell`intera re- gione. Ma il problema è anche l`ambiguità attorno al nucleare.

Il potenziale atomico di ciascuna nazione dev`essere dichiarato, allo scoperto».

Lei sta pensando a Israele? «A Israele e a tutti gli altri Paesi.

Anche la Giordania ha optato per il nucleare, ma vogliamo porci come esempio di assoluta trasparenza. Puntiamo su un programma a scopi civili, pergarantirci l`autosufficienza e per fornire energia alla regione».

Maestà, lei appartiene a una leva di giovani leader; vuole risultati entro questa generazione.

Ci riuscirà? «Già, mi definiscono giovane;

ma a 47 anni l`età avanza. Devo ricordarmi che 1170 percento del Paese ha meno della mia età. Ha diritto alla pace e alla prosperità.

Ecco, ho fretta. Il nostro futuro è adesso».