«Salviamo Marx». La riflessione del Vaticano
di Gian Guido Vecchi - 21/10/2009
A colpire l’attenzione basterebbe l’immagine ironica del volto barbuto di Karl Marx disegnato sul corpo d’un panda, tale e quale a quello del Wwf. Un pensatore a rischio di estinzione e tuttavia da salvare? Almeno in parte, sì: parola dell’ Osservatore Romano e della Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista dei gesuiti (le cui bozze, prima della pubblicazione, vengono approvate dalla Segreteria di Stato vaticana) che nel numero appena uscito dedica al filosofo di Treviri un articolo ripreso oggi, con tanto di vignetta, dal quotidiano della Santa Sede. Titolo: «Quel che resta di Marx».
Perché qualcosa, va da sé, resta anche a vent’anni dalla caduta del Muro, ed è bene che resti: «I poteri dittatoriali socialisti hanno sfigurato le concezioni del Marx storico fino a renderle in parte irriconoscibili», nota il padre gesuita tedesco Georg Sans, autore dell’articolo nonché docente di Storia della filosofia contemporanea all’università Gregoriana. «Sarebbe un grossolano errore ritenere che lo spirito che sta dietro l’avvento del comunismo coinvolga in ogni caso Karl Marx». Padre Sans, con piglio filosofico, distingue il pensiero di Marx da quello di Engels, dall’immagine che lo stesso Engels ha dato delle idee dell’amico (formule come «materialismo storico» e «concezione materialista della storia», nota l’autore, sono engelsiane) e infine dal marxismo-leninismo che diventa una «concezione universale della realtà», la «dogmatizzazione» di partito seguita alla rivoluzione d’Ottobre.
È insomma «indispensabile distinguere il Marx del partito comunista e del suo amico Engels» dal vero volto del filosofo di Treviri: «il Marx giovane» dei Manoscritti parigini del 1844 e l’autore del Capitale , e «dare la preminenza all’osservatore critico rispetto al dogmatico rigido». Certo, «nessuno più troverà convincente la concezione materialistica della storia» ed è «troppo riduttiva la visione materialista dell’uomo». Però lo stesso non si può dire delle riflessioni sul «lavoro alienante», né è risolto «il problema dell’origine del plusvalore». Con tutte le correzioni del caso, ad esempio, «proprio se si tiene conto della problematica della globalizzazione, almeno su due punti non gli si possono muovere obiezioni», scrive padre Sans: «L’idea che non corrisponde alla natura dell’uomo intendere il lavoro retribuito come semplice mezzo per assicurarsi l’esistenza fisica» e «il riconoscere che la forma del lavoro, come la spartizione tra povertà e ricchezza, non sono dati naturali, ma l’espressione di strutture create dall’uomo, delle quali egli stesso deve essere reso responsabile » . No, in certe cose «Marx non può ritenersi superato». Per dire: «Non sembra finora contraddetta la tesi marxiana che alla fine è sempre il lavoro reale degli uni quello che crea la ricchezza eccessiva degli altri». Vale la pena riflettere, conclude lo studioso: «Non conviene, oggi come in passato, lasciare semplicemente alla sinistra la critica dell’economia politica di Marx».