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Quel vecchio borgo cittadino mai visto prima, riemerso dal passato

di Francesco Lamendola - 27/10/2009


Possiamo vedere il passato, entrare nel passato, fare esperienza del passato, come se le cose e le persone di un tempo riemergessero inesplicabilmente davanti a noi?
Abbiamo visto, nel precedente articolo «La leggenda dell'Olandese Volante e il mistero della visualizzazione del passato» (consultabile sul sito di Edicolaweb e anche su quello di Arianna Editrice) che numerosi testimoni sostengono di aver visto un vascello del XVII secolo navigare a vele spiegate, col vento in poppa, anche in condizioni di assoluta bonaccia; ma esistono anche numerosi racconti relativi a edifici, parchi e paesaggi, talvolta popolati di persone abbigliate secondo la moda di molto tempo addietro.
Famosissimo, ad esempio, è il racconto di due signorine inglesi, Annie Moberly ed Eleonore Jourdain, le quali, durante una gita a Versailles avvenuta il 10 agosto 1901, si trovarono nel mezzo di una scena di corte del XVIII secolo.
Altrettanto famosi sono i racconti relativi a suoni e rumori del passato; ad esempio, quelli prodotti da un esercito in movimento o da un bombardamento aereo; come avvenne, in un albergo sulla costa della Normandia, ad una turista, anch'ella inglese, la quale ebbe la sensazione di rivivere le vicende della seconda guerra mondiale.
A proposito di guerre, è noto che alcuni testimoni affermano di avere assistito alla scenda di alcune battaglie famose avvenute nel passato. Per esempio, alcune persone videro una replica di una battaglia della guerra di secessione americana, svoltasi effettivamente alcuni anni prima; e la stessa cosa si dice sia accaduta sul luogo della battaglia di Waterloo, in Belgio.
Non mancano neppure gli esempi di aerei ed equipaggi fantasma.
Il caso forse più noto è quello relativo all'incidente aereo verificatosi il 29 dicembre 1972, allorché un Jumbo della  Eastern Airrlines, il Volo 401, si schiantò al suolo in Florida, a non molta distanza dall'aeroporto di destinazione: Miami. Nel disastro trovarono la morte oltre cento persone, fra le quali il primo e il secondo pilota. A partire da quella data, i loro fantasmi incominciarono ad apparire con regolarità sui Jumbo di quella Compagnia di navigazione aerea, apparentemente per segnalare ai colleghi piloti la presenza di guasti non rilevati dalle normali ispezioni, e anche l'avvicinarsi di pericoli inattesi.
Di quella vicenda si è occupato lo scrittore americano John G. Fuller nel libro-inchiesta «Il fantasma del Volo 401» (titolo originale: «The Ghost of Flight 401», 1976; traduzione italiana, Milano, Sperling & Kupfer, 1979), il quale, pur mantenendosi cauto sulle conclusioni, propende a credere alla veridicità delle segnalazioni, per un complesso di ragioni che tendono ad escludere assolutamente sia le allucinazioni, sia la frode.
Velieri emersi dal passato; scene di vita passata, regine a passeggio e antiche battaglie che avvengono sotto gli occhi di testimoni dei tempi moderni; aerei ed equipaggi fantasma, automobili, tram ed autobus che non dovrebbero esserci, perché non appartengono al presente: si tratta di una ricca casistica, forte di decine e centinaia di casi segnalati, che è difficile liquidare in blocco come frutto di inganno o mistificazione, anche per la notevole precisione delle descrizioni, per la loro esattezza storica e per la specchiata serietà e attendibilità di molti dei testimoni, i quali nulla avrebbero da guadagnare da una eventuale pubblicità, quasi certamente poco benevola.
Ma che dire quando, a riemergere dal passato, non sono degli esseri umani, delle navi o degli aerei, ma proprio degli edifici, delle strade o, addirittura, dei borghi cittadini?
Ecco un caso particolarmente interessante, segnalato in Inghilterra nel 1961.
Lo riferisce lo studioso inglese Andrew MacKenzie nel suo libro «Avventure nel passato» (titolo originale: «Adventures in Time», 1997; traduzione italiana di Magda Errera; Milano, Gruppo Editoriale Armenia, 1998, 2000, pp. 61-64):

«Uno studente di Nottingham stava un giorno gironzolando per la città che conosceva bene quando, voltato un angolo, fu "improvvisamente colpito dalla sensazione di essere entrato nel passato"; questo fu quanto mi scrisse nel 1976 dopo aver letto "Apparitions and Ghosts". Il giovane si era trovato in una strada pavimentata con ciottoli, fiancheggiata da villette vecchio stole, che apparivano stranamente fuori posto in un centro moderno. Sebbene avesse descritto la strada alla madre e ad altri, non fu mai in grado di ritrovarla. Ecco la sua storia:
"Nell'estate 1961 avevo appena sostenuto l'esame finale della scuola dell'obbligo  (all'epoca aveva sedici anni) e mi ritrovavo con molto tempo libero. Un pomeriggio assolato giravo senza meta per Nottingham, città in cui vivo dalla nascita e che conosco molto bene. Ero nei pressi del castello, ma non so esattamente dove, quando dopo aver girato un angolo fui colpito all'improvviso dalla sensazione di essere entrato nel passato. Mi trovavo in una stradina pavimentata con ciottoli, fiancheggiata da un lato da una fila di villette costruite parzialmente in legno, con scuri di legno e cassette piene di fiori colorati, credo gerani. Non c'era nessuno in vista e la via era sorprendentemente quieta per essere così vicina al centro della città. La strada era senza uscita così non proseguii, mi girai e mi diressi verso il castello, sorpreso di aver trovato un luogo così pittoresco e che non conoscevo. L'ho descritto in seguito a mia madre e agli altri parenti, che vivono a Nottingham dalla nascita, ma nessuno riconobbe la strada della mia descrizione. Da quel momento ho cercato spesso quella via, ma senza successo e sono arrivato alla convinzione che non esiste più.
L'anno scorso l'"Evening Post" di Nottingham ha pubblicato una serie di fotografie di vecchie scene cittadine e io sono stato davvero sorpreso di scorgere tra esse proprio una foto della strada che avevo visto. La didascalia indicava che si trattava della proprietà nota come Jessamine Cottages e ho provato una strana sensazione quando ho letto che era stata demolita a metà degli anni Cinquanta. Qualche giorno più tardi mia madre si mise in contatto con Dick Iliffe della Nottingham Historical Film Unit (alla quale appartenevano le foto) ed egli confermò la data della demolizione. Suppongo che sia possibile che abbia visto la strada da bambino, ma non mi ricordo di averlo fatto e in ogni caso sono sicuro dell'anno in cui la vidi, perché avevo appena sostenuto gli esami di licenza."
Chi mi ha scritto, John Watson, è ingegnere e sua madre, Mary Watson, gliene aveva parlato al tempo dell'esperienza  e poi "quando una foto di questo posto apparve sull'Evening Post egli la riconobbe subito per poi leggere che la proprietà era stata demolita anni prima che John la vedesse. Che mistero! I dettagli della foto erano esatti in ogni particolare, proprio come John me li aveva descritti".
Il segretario municipale di Nottingham confermò che i Jessamine Cottages , al di là di Castle Road, erano stati demoliti nel 1956 e mi diede anche dei ritagli di giornale che ne parlavano.. Mi mise inoltre in contatto con un impiegato per l'urbanistica cittadina che era vissuto in una di quelle villette. Scrissi a sua moglie, Jessie Woodhouse, , la quale mi spiegò che "… i Jessamine Cottages erano stati costruiti al di sopra del livello stradale e non erano accessibili al traffico veicolare. Inoltre, dal momento che gran parte di essi era abitata da persone anziane, per la maggior parte del tempo apparivano deserti". Aggiunse che "Castle Road, che corre al di sotto del livello delle villette, era una strada molto frequentata, anche se nel corso della giornata c'erano momenti in cui era tranquilla".
I Jessamine Cottages, edificati nel 1715, comprendevano originariamente l'ospizio di St. Nicholas, una delle tre parrocchie di Nottingham a quel tempo. Nel 1815 l'ospizio venne diviso in appartamenti  che caddero gradualmente in disuso sinché molti di essi verso il 1950 vennero invasi dalle erbacce. Negli anni Quaranta ci fu un acceso dibattito sulla stampa riguardo a come si potesse conservare quest'angolo pittoresco di Nottingham. La proprietà venne offerta dal Consiglio comunale alla Nottingham Archeological  Society con un affitto simbolico, per diventare la sede e il deposito delle reliquie dell'antica Nottingham, offerta che fu però rifiutata a causa delle condizioni delle villette e dei costi di ristrutturazione. Quando venne il momento della demolizione erano già inagibili da anni. Nella sua descrizione dei cottage un autore locale aveva scritto: "I loro frontoni pittoreschi, gli abbaini e gli squarci dei giardini davanti ad essi, pieni di malvarosa, lupini e gelsomini ricreavano l'atmosfera del bel tempo antico che non mancava di affascinare i turisti.". Nel 1956 furono demoliti per fare spazio al People's College for Further Edication, inaugurato il 23 marzo 1961, che si estende su un'area maggiore di quella precedentemente occupata dai cottage. John Watson li vide nell'estate 1961.
Watson ammette che da bambino può aver già visto le villette, ma non se ne ricorda in modo cosciente. Un ricordo dimenticato può aver agito da stimolo per la sua esperienza allucinatoria, ma il fatto che egli abbia visto i cottage nel corso dei suoi vagabondaggi infantili non ne è la diretta conseguenza. Risulta inoltre evidente dal materiale speditomi dal segretario comunale che a causa della loro posizione era piuttosto difficile raggiungere i Jessamine Cottages. Un paragrafo in uno dei quotidiani locali diceva che "le villette sono costruite lungo tre lati di un rettangolo, su un fondo roccioso in una posizione più alta rispetto alle case vicine., ma non sono visibili da Castle Road".
Ho posto molte domande a Watson circa la sua esperienza e in una lettera del 1977 mi ha risposto che
"avevo sedici anni all'epoca in cui 'vidi' i Jessamine Cottages. Non riesco a ricordare di aver visto la strada da bambino, sebbene sia possibile che sia passato da quelle parti quando mi recavo ai giardini pubblici che si trovano all'interno del vecchio castello di Nottingham. Mi chiede di chiarirle la mia descrizione della strada come 'sorprendentemente silenziosa': bene, per quanto posso ricordare dopo quindici ani e mezzo, la strada era silenziosa nel senso che c'era poco traffico, veicolare o pedonale, ma si sentiva il solito brusio del traffico cittadino. Quello che colpiva riguardo ai Jessamine Cottages era non tanto il fatto che fossero deserti quanto il silenzio in cui erano immersi.
Parlando la settimana scorsa con gi amici è emersa la questione di quello che sarebbe successo se avessi continuati a camminare lungo quella strada. Sarei entrato temporaneamente nel passato o avrei superato senza vederlo ogni ostacolo dovuto alla vita attuale?"»

Come si vede, questo caso è particolarmente interessante, perché la strada dei vecchi villini fu demolita nel 1956; cinque anni dopo, in quel luogo, venne inaugurato un grosso complesso scolastico, e poco dopo, al principio dell'estate, il ragazzo di Nottingham vide quel vecchio borgo, così come si presentava prima dell'abbattimento.
Le circostanze sono molto precise e, anche se non si può escludere completamente che il testimone avesse visto quella vecchia strada da bambino, quando essa era ancora in piedi, è certo che l'avventura da lui vissuta si colloca nell'estate del 1961, cioè alcuni anni dopo che le vecchie case erano state demolite.
Non pare che il testimone, durante quella escursione in un tempo diverso - se tale è stata la sua esperienza - abbia visto degli esseri umani, ma solo le vecchie case che, in realtà, erano state demolite da cinque anni; e questa è la cosa più interessante.
Infatti, per tutti i casi sopra riferiti, si può pensare a una persistenza dello psichismo degli esseri umani, rilasciato in circostanze di particolare tensione emotiva: battaglie, incidenti aerei o navali, insomma situazioni di stress e di pericolo. Anche sul vascello dell'Olandese Volante furono viste delle figure umane, in particolare quella del timoniere.
Ma che dire quando non si tratta di esseri umani, ma di case di pietra e mattoni, di un intero vecchio borgo; o, come nel caso delle due signorine inglesi a Versailles, di una reggia vasta e articolata, quale fu quella edificata da Luigi XIV?
Certo, si potrebbe ipotizzare che gli edifici siano stati impregnati, per così dire, dello psichismo delle persone che le abitarono. Nel caso, invero un po' patetico, dei Jessamine Cottages di Nottingham - la cui demolizione fu decisa dopo una lunga altalena di esitazioni e di rinvii da parte dell'amministrazione comunale, conscia del loro valore storico e affettivo -, si può supporre che i loro ultimi inquilini, persone anziane che vi avevano trascorso tutta la propria vita e che erano ad essi fortemente legate, abbiano molto sofferto allorché furono costrette a traslocare altrove, perché le ruspe del comune potessero compiere la loro triste opera di distruzione. E forse è stata proprio quella sofferenza, mista alla nostalgia, a trattenere l'immagine fantasmatica delle vecchie abitazioni sul limitare di una soglia spazio-temporale adiacente a quella ordinaria.
Esiste, tuttavia, anche un'altra possibile spiegazione, ancora più audace dal punto di vista concettuale e più difficile da accettare, per via del nostro retroterra culturale, che, da Cartesio in poi, tende a separare nettamente la «res cogitans», ossia la parte intellettiva e spirituale dell'essere umano, dalla «res extensa», ossia il mondo della materia inerte.
Ma è proprio vero che esiste una materia totalmente inanimata, totalmente separata dal regno del pensiero e del sentimento? O non sarebbe più giusto vedere nella natura -  e dunque nella materia -, come pensava anche il filosofo Schelling, una sorta di preistoria dello spirito, ovvero un principio spirituale ancora allo stato embrionale, e tuttavia solo quantitativamente, e non qualitativamente, diverso dagli esseri senzienti e pensanti? Una concezione, questa, che non trova cittadinanza nella storia del pensiero occidentale, mentre è relativamente comune in quello orientale.
Orbene, se noi provassimo ad adottare un siffatto punto di vista, ecco che fenomeni come quello descritto da Andrew MacKenzie comincerebbero ad apparirci meno inverosimili; e, per spiegarli, non sarebbe necessario concentrare l'attenzione unicamente sul soggetto percipiente, magari invocando, freudianamente, la tempesta psichica e ormonale propria dell'età dell'adolescenza (il testimone di Nottingham aveva, all'epoca del fatto, sedici anni).
Fra parentesi, accenniamo qui al fatto che la psicologia accademica, di fronte alla questione del «compagno di giochi immaginario» di taluni bambini, dà per scontato che si tratti, sempre e comunque, di creazioni fantastiche prodotte in un contesto di privazione affettiva. Questo avviene perché la psicologia, come tutte le scienze moderne, parte da una concezione pregiudizialmente materialistica. Ma perché dovremmo escludere che possa anche trattarsi, in un numero limitato di casi, di compagni reali, forse emersi da una dimensione parallela, accessibile alla psiche del bambino, ma non alla percezione dell'adulto? (cfr. in proposito il nostro precedente articolo: «I bambini vedono cose che noi non vediamo», consultabile sul sito di Edicolaweb).
Tornando all'episodio di Nottingham, se si ammette - e sia pure come semplice ipotesi di lavoro -, che le case abitate dall'uomo non siano delle «cose» senz'anima, una somma di oggetti materiali, ma, a loro modo, delle creature dotate di sensibilità e, forse, di affettività, ecco che l'intero fenomeno vissuto dal ragazzo inglese ci si presenta sotto una luce nuova e diversa.
In un precedente scritto, «La montagna è un essere vivente dotato di anima e volontà?» (consultabile sul sito di Edicolaweb), abbiamo sostenuto che le montagne - come affermano, del resto, le tradizioni religiose del Tibet e di altre culture orientali - potrebbero anche essere considerate come degli esseri viventi, delle creature in possesso di sensi e, forse, di coscienza; così come, del resto, fonti, fiumi, boschi, e - in ultima analisi - la Terra medesima, considerata nella sua struttura globale, fisica, biologica e spirituale.
Una montagna è un elemento naturale, mentre una casa è un'opera uscita dalle mani dell'uomo; e tuttavia, entrambe costituiscono elementi del paesaggio, ed entrambe sono parte della sfera di pensiero e di azione dell'essere umano, anche se in posizione molto diversa: davanti alla montagna l'uomo si sente piccolo, e lo è realmente; mentre la casa, per quanto grande, è pur sempre una creazione dell'uomo. Non si può escludere, tuttavia, che essa, indipendentemente dagli inquilini che si trova ad ospitare, generazione dopo generazione, sia anche in grado di sviluppare una propria individualità ed una propria forma di esistenza autonoma e originale; specialmente se si tratta di un vecchio edificio che ha visto molte cose e molte stagioni, e che è entrato stabilmente a far parte di un certo contesto ambientale.
Queste sono soltanto ipotesi, certo. Tuttavia, se potessimo arrivare a considerare una casa, o un gruppo di case, o un borgo cittadino, come delle entità viventi, ci diverrebbe chiaro come esse possano apparire a dei testimoni casuali, anni e perfino secoli dopo essere state demolite: perché le impronte psichiche da esse lasciate nel continuum spazio-temporale non sarebbero solo quelle dei loro inquilini, ma proprio quelle lasciate da esse, più o meno come avviene per i fantasmi degli esseri umani, i quali non riescono ad allontanarsi dai luoghi in cui vissero.
Abbiamo parlato di testimoni casuali, nel senso generico dell'espressione (perché siano convinti, e lo abbiamo sostenuto in tutta una serie di scritti, che il caso, propriamente parlando, non esiste); tuttavia, dobbiamo subito aggiungere: ma dotati di facoltà medianiche abbastanza spiccate, o, quanto meno, che in quel dato momento si trovavano nello stato psichico ideale per un tal genere di «salti» temporali: rilassato e sgombro di particolari pensieri.
Un'ultima osservazione ci sembra pertinente, nel caso del vecchio borgo riemerso dal passato, ai piedi del Castello di Nottingham. Il ragazzo che fu protagonista dell'esperienza, John Watson, non si limitò a vedere le vecchie case che, a quell'epoca, non avrebbero dovuto più essere visibili ad alcuno, perché da tempo demolite; egli si addentò nell'antica via, e calpestò coi piedi i ciottoli di cui era pavimentata. Pertanto, ci troviamo qui in presenza di un fenomeno molto più complesso di quelli relativi ai «semplici» avvistamenti di cose o persone: qui ci troviamo in presenza di uno spazio tridimensionale, che può essere attraversato fisicamente e conservare tutte le caratteristiche della solidità e del realismo.
Come ben si comprende, altro è vedere un fantasma, sia esso di oggetti o di persone, e tutt'altra cosa è entrare in uno spazio fantasma. Nel primo caso è coinvolto un solo senso: la vista; in alcuni dei fenomeni cui abbiamo sopra accennato, si tratta invece dell'udito; ma, nell'episodio di Nottingham, si direbbe proprio che siano stati coinvolti tutti e cinque i sensi. Di più: nel corso della sua esperienza paranormale, il soggetto non si rese nemmeno conto che vi era qualcosa di strano, se non in un senso molto vago e generico. Non ebbe sensazioni anormali, come riferito in altri casi: né un senso di malessere, né un senso di oppressione e di angoscia. In altri termini, qui sembra proprio che l'esperienza medianica si sia svolta in maniera tale, da non essere distinguibile da una esperienza ordinaria, della realtà di tutti i giorni.
Che conclusioni se ne possono trarre?
Come nel castello del mago Atlante, descritto da Ludovico Ariosto nell'«Orlando Furioso», si direbbe che a chiunque di noi possa capitare, in circostanze che non farebbero presagire niente di strano, di accedere improvvisamente ad una sfera di realtà «altra», ove i confini del tempo e dello spazio si deformano in maniera sorprendente e ci proiettano ora nel passato, ora nel futuro (anche questo è accaduto), come se si fosse aperto inusitatamente un varco nella rete di cui sono fatti il tempo e lo spazio della realtà ordinaria.
Noi possiamo solo prendere atto del fatto che cose del genere accadono, perché l'esame scrupoloso delle testimonianze non permette di liquidarle tutte come semplici allucinazioni, essendovi particolari realistici che i testimoni non avrebbero potuto conoscere: come appunto nel caso di Nottingham.
Esiste, al di là del nostro spazio-tempo, una dimensione assoluta, nella quale tutte le cose accadono contemporaneamente e non conoscono barriere di luogo, ma si svolgono come su un unico palcoscenico di dimensioni cosmiche.
In quella dimensione, i Jessamine Cottages dell'antica città inglese esistono ancora, così come li vide il ragazzo nel 1961, cinque anni dopo che le ruspe li avevano demoliti: e, allo stesso modo, esiste tutto quello che c'era, che c'è e che ci sarà, in qualunque luogo; perché gli enti non nascono dal nulla e non scompaiono nel nulla, ma esistono sempre nel seno dell'Essere (cfr. i nostri precedenti articoli: «Che cos'è la realtà», del 23/06/2009, consultabile sul sito di Arianna Editrice, e «Dov'erano gli enti prima di esistere?», del 30/08/2008, consultabile sul sito di Esonet).
Noi umani non siamo piccoli solo davanti a una montagna: siano piccoli davanti all'intera realtà, al mistero dello spazio e del tempo.
Faremmo bene, perciò, a deporre la nostra abituale presunzione intellettuale; perché solo facendoci umili potremo, forse, sperare di comprendere qualche cosa di più del grande, affascinante mistero in cui siamo immersi, fin da prima di venire al mondo.