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20 minuti con Obama sull'11/9

di Charlie Sheen - 29/10/2009




Recentemente ho avuto il piacere di sedermi accanto al nostro 44mo Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Hussein Obama, mentre lui era in giro a promuovere la sua iniziativa di riforma dell’assistenza sanitaria. Ho chiesto 30 minuti data la portata e il dettaglio della mia indagine; mi hanno detto che avrei potuto averne 20.

Venti minuti, 1200 secondi, non proprio un granché di tempo per far domande al Presidente su uno dei più importanti eventi nella storia della nostra nazione. Quella che segue è la trascrizione della nostra notevole discussione.

Charlie Sheen - Buongiorno signor Presidente, la ringrazio tanto per sottrarre del tempo dalla sua impegnativa agenda.

Presidente Barack Obama - Prego, il contenuto della sua richiesta mi sembrava qualcosa su cui avrei dovuto ritagliare qualche minuto.

CS - Vorrei sottolineare che ho votato per lei, per come le sue promesse di speranza e di cambiamento, trasparenza e responsabilità, così come la messa del governo nelle mani del popolo americano, ha toccato in me una corda emotiva che non avevo sentito da un bel po’ di tempo, forse mai.

PBO - E io lo apprezzo Charlie. Grande appassionato dello spettacolo, peraltro.

CS - Signore, non riesco a immaginare quando potrebbe trovare il tempo per vedere davvero il mio spettacolo data la misura di ciò che ha ereditato.

PBO - l’ho visto in DVD sull’Air Force One. Una piacevole pausa dal gruppo dei corrispondenti in viaggio. (Dà un’occhiata al suo orologio). Non per essere brusco o per farle fretta, ma le rimangono 19 minuti.

CS - Lo prendo come un invito a tagliare corto.

PBO - Sono tutto orecchi. O almeno così mi è stato detto.

CS – Signor Presidente, a breve avremo il nostro primo anniversario dell’11/9 con lei come Comandante in Capo.

PBO - Sì. Una giornata davvero solenne per la nostra Nazione. Una giornata di riflessione e già pure una giornata di coscienza storica.

CS – Proprio così, davvero così.... Ora, nel cercare la sua posizione per quanto riguarda gli eventi dell’11/9 e la successiva indagine che ne seguì, sono nel giusto se ho capito che lei appoggia in pieno e approva le risultanze della relazione della Commissione altrimenti nota come la ‘versione ufficiale’?

PBO – Dovrei avere qualche ragione per non farlo? Dato che la maggior parte di noi è ragionevolmente in possesso di elementi simili.

CS - Desidererei veramente che fosse così, signore. È consapevole, signor Presidente, delle recenti sbalorditive rivelazioni secondo cui il sessanta per cento dei membri della Commissione sull’11/9 hanno dichiarato pubblicamente che il governo ha concordato di non dire la verità sull’11/9 e che il Pentagono era impegnato in un inganno deliberato circa la sua risposta all’attacco?

PBO - Sono consapevole di alcuni “contrasti interni” nel corso del loro accuratissimo e instancabile processo investigativo.

CS - Signor Presidente, è difficile derubricare questo tipo di attrito al rango di “contrasti interni” o fare il temerario salto fino ad “accuratissimo”, quando le prove su cui insisto affinché le esamini in relazione a 6 dei 10 membri sono dati di fatto.

(A questo punto uno degli assistenti senior di Obama si avvicina al Presidente e gli sussurra in un orecchio. Obama dà una rapida occhiata al suo orologio e annuisce non appena l’assistente riprende il suo posto sulla porta direttamente dietro di me.)

PBO – Non per mancanza di riguardo, signor Sheen, ma devo chiederglielo, cos’è che lei sembra voler implicare con la direzione iniziale di questa discussione?

CS - Io non intendo implicare nulla, signor Presidente. Sono qui per presentare i fatti e vedere cosa lei intende farne.

PBO – Mi faccia indovinare; i suoi ‘fatti’, a presunto supporto di queste affermazioni, sono nelle cartelle che ha portato con sé?

CS – Indovina bene, signor Presidente.

(consegno la prima cartella di documenti al Presidente)

CS - Ancora una volta signore, queste non sono opinioni o ipotesi mie, questi sono tutti argomenti di pubblico dominio, riportati attraverso i media mainstream, faticosamente controllati nei fatti e verificati.

(il Presidente dà un’occhiata all’interno della cartella che gli ho fornito)

CS - Noterà su una pagina del fascicolo datata 6 agosto, presa dal «Washington Post», fra le dichiarazioni di John Farmer, consulente senior per la Commissione sull’11/9, una sua frase che afferma: «Sono rimasto scioccato per come la verità fosse così diversa dal modo in cui è stata descritta».

PBO - (mentre scorre il rapporto, quasi impercettibile) .... um hmm....

CS – Aggiunge inoltre: «I nastri [della Difesa Aerea del NORAD] rivelano una storia radicalmente diversa da quella raccontata a noi e al pubblico per due anni...».

(il Presidente continua a visualizzare i documenti)

CS - Nelle pagine due e tre, signore, ci sono le dichiarazioni, ancora, dei co-presidenti della Commissione Thomas Kean e Lee Hamilton, dei commissari Bob Kerrey, Timothy Roemer e John Lehman, così come le dichiarazioni del commissario Max Cleland, un ex -senatore della Georgia, che si è dimesso con la seguente dichiarazione:

«È uno scandalo nazionale. Questa indagine è ormai compromessa. Un giorno o l’altro dovremo conoscere l’intera storia, perché la questione 11/9 è importantissima per l’America. Ma la Casa Bianca vuole insabbiare tutto.»

Ha anche descritto la smania del presidente Bush di ritardare il processo, per non danneggiare il tentativo di farsi rieleggere nel 2004. Sospettavano l’inganno, fino al punto di considerare di rinviare la questione al Dipartimento di Giustizia per le indagini penali. Signor Presidente, questa informazione da sola pone inequivocabilmente le fondamenta per una nuova inchiesta!

PBO – Di errori ne sono stati chiaramente compiuti, ma noi, come popolo e come paese abbiamo bisogno di andare avanti. È ovviamente nel nostro migliore interesse in qualità di società democratica concentrare i nostri sforzi e le nostre risorse sul futuro di questa grande nazione e sulla nostra capacità di proteggere il popolo americano e i nostri alleati da questo tipo di terrorismo negli anni a venire.

CS - Come possiamo concentrarci sul futuro, quando la Commissione stessa mette a verbale che non sa ancora la verità?

PBO - Anche se quello che lei afferma potesse in qualche modo cominciare ad affrontare una discussione aperta o un dibattito equilibrato, io non posso parlare a nome di, in merito alle decisioni che alcuni membri della commissione hanno preso nel corso di un periodo estremamente difficile. Forse lei dovrebbe interpellare loro, anziché me. Aspetti, non mi dica, ero più facile da rintracciare di quanto non lo fossero loro?

CS - Non proprio, ma cerchiamo di essere franchi. Lei è il Presidente degli Stati Uniti, il leader del mondo libero, alla fine le decisioni sono sue. L’11/9 è stato il pretesto per lo smantellamento sistematico della nostra Costituzione e del Bill of Rights. La sua amministrazione sta leggendo dallo stesso canovaccio che l’amministrazione Bush ha imposto all’America per mezzo di segreti e inganni ben dimostrati.

PBO - Signor Sheen, mi sta venendo difficile starmene qui seduto ad ascoltarla mentre traccia delle analogie distorte tra il metodo di governo Bush/Cheney e il mio.

CS - Signor Presidente, le analogie non sono distorte solo perché lei dice che lo sono. Aderiamo ai fatti. Lei ha promesso di abolire il Patriot Act e poi ha votato per ri-autorizzarlo. Si è impegnato a porre fine alle intercettazioni senza garanzia contro il popolo americano e ora le difende con energia. Lei condannava la prassi degli arresti extragiudiziali e ora la continua. Ha promesso tante volte durante la campagna elettorale che avrebbe posto fine alla pratica della detenzione indefinita e, invece, la ha ampliata al rango di detenzione permanente di “detenuti” senza processo. Questo supera di gran lunga gli scandali della precedente amministrazione. Mi dia del matto, signor Presidente, ma non è questo il suo rendiconto?

PBO - Signor Sheen, il mio staff e io abbiamo autorizzato questa intervista sulla base della sua richiesta di discutere l’11/9 e fornire alcune informazioni aggiuntive che lei è convinto io non avrei precedentemente esaminato. Mi dia del matto, ma sembra che lei abbia ciecamente vagato fuori tema.

CS -Gli esempi che ho appena illustrato sono un risultato diretto dell’11/9.

PBO - E io le sto dicendo che dobbiamo andare avanti, dobbiamo attraversare questi anni a venire così pericolosi e politicamente problematici.

CS - Signor Presidente, non possiamo andare avanti con il labirinto senza fondo di domande senza risposta che circonda quel giorno e le sue conseguenze.

PBO - Ho letto la relazione ufficiale. Ogni parola, ogni pagina. Forse lei dovrebbe fare lo stesso.

CS – L’ho fatto signor Presidente, e così hanno fatto migliaia di familiari delle vittime, e indovini un po’, fanno le mie stesse domande e forse molte di più. Io non ho perso uno dei miei cari in quel giorno terribile, signor Presidente, e nemmeno lei. Ma da allora io, insieme a milioni di altri americani, abbiamo perso qualcosa che ritenevamo vera e cara per la maggior parte della nostra vita in questo nostro grande paese; abbiamo perso la nostra speranza.

PBO - E io vorrei far conto sul fatto che sono qui per ricostituire quella speranza. Per ripristinare la fiducia nei vostri leader, nel sistema attraverso cui gli elettori scelgono una transizione pacifica del potere.

(Uno strano momento di silenzio tra di noi. Tempo prezioso che se ne va nel ticchettio).

CS - Signor Presidente, è consapevole del numero di giorni che ci volle per iniziare l’indagine sull’assassinio di JFK?

PBO - Se la memoria non m’inganna credo che siano state due settimane.

CS - Fuochino. Diciassette giorni di tempo per essere esatti. Lei sa, signore, quanto tempo ci è voluto per iniziare l’indagine su Pearl Harbor?

PBO - Direi ancora una volta circa .... due settimane.

CS – Di nuovo fuochino, signore, undici giorni per essere esatti. È a conoscenza signor Presidente, del tempo che ci è voluto per avviare l’inchiesta sull’11/9?

PBO – Lo so che deve essere apparso come un tempo molto lungo per tutte le famiglie colpite dal lutto.

CS – È stato un tempo molto lungo signor Presidente: quattrocentoquaranta giorni. Circa 14 mesi. Non le dà fastidio signor Presidente, che ci siano volute appena CINQUE ORE per il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld dopo l’attacco iniziale per raccomandare e approvare un’offensiva su larga scala contro l’Iraq?

PBO - Io non sono a conoscenza di una tale presunta richiesta.

CS - Ho le prove Signor Presidente, insieme a decine di documenti e fatti ai quali vorrei che lei desse un’occhiata. Qui.

(Gli allungo un altro documento, di spessore molto più grande rispetto al primo)

PBO - Vedo che lei è venuto preparato, Charlie.

CS – Non c’è altro modo di esporre, signor Presidente. In caso di dubbi prepariamoci di più, dico sempre.

PBO - Ora parla come la First Lady.

CS - Questo è un bel complimento.

PBO - Come desidera. La prego di continuare.

CS - Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione sulla pila di documenti nella cartella che le ho appena consegnato. Il primo in cima è intitolato “Operazione Northwoods”, un piano declassificato del Pentagono inteso a mettere in scena degli attentati terroristici sul suolo americano, da attribuire a Cuba come un pretesto per la guerra.

PBO - E vorrei attirare la sua, di attenzione, sul fatto che al principale redattore di questo improbabile progetto fu rapidamente negato un secondo mandato di presidente degli Stati Maggiori Riuniti e fu spedito armi e bagagli in una guarnigione europea della NATO. Grazie a Dio, le sue ambizioni dell’altro mondo non videro mai la luce del giorno.

CS - Non sarei tanto certo di questo, signor Presidente.

PBO - Potrei facilmente dire lo stesso per lei, Charlie.

(Il Presidente guarda l’orologio)

CS - Il prossimo documento recita: “provocazioni artificiose declassificate”. Ora, signor Presidente, francamente mi sarebbe piaciuto che queste cose me le fossi inventate. Sono certo che conosce l’incidente della USS Maine, l’affondamento del Lusitania, che tutti noi adesso sappiamo che ci hanno portato alla Prima Guerra Mondiale, e naturalmente il più famoso, l’incidente del Golfo del Tonchino.

PBO - Naturalmente sono a conoscenza di questi eventi storici e mi rendo conto che c’è una quantità di controversie che li circonda. Ma, per essere abbastanza franco con lei, tutto questo è storia antica.

CS - Signor Presidente, è stato spesso detto: «Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla.» E io glielo concedo, questi eventi sono il passato.

PBO - Un mondo assai diverso, ragazzo, che si caricava di uno stato di questioni universali radicalmente disparate.

CS – Nessuna obiezione, la sto solo invitando a riconoscere una qualche credibilità allo schema o al tema. Caso in questione: il documento successivo nella cartella. Fu pubblicato dal think-tank Progetto per un Nuovo Secolo Americano ed è intitolato “Rebuilding America difese”, ed è stato scritto da Dick Cheney e Jeb Bush. Per citare dal documento… - (il Presidente interrompe)

PBO - «Inoltre, il processo di trasformazione, anche se porta cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo, a meno che non ci sia un qualche evento catastrofico e catalizzatore - come una nuova Pearl Harbor.»

CS - Touché, signore. Il suo pensiero su questa frase, signor Presidente?

PBO – Definirei questo un evidente caso di valutazioni errate alimentato da un malaugurato retroterra di presunzioni. Per alcuni, la negazione disinformata delle coincidenze.

CS - Interessante visuale. Tuttavia, Il Vicepresidente Cheney non si fermò lì. All’inizio del 2008, sia il giornalista vincitore del premio Pulitzer Seymour Hersh sia la MSNBC hanno riferito che Cheney aveva proposto al Pentagono uno scandaloso piano volto a far sì che la Marina degli Stati Uniti creasse false motovedette iraniane, pilotate da Navy Seals, che avrebbero messo in scena un attacco ai cacciatorpediniere USA nello stretto di Hormuz. Questo evento sarebbe stato attribuito all’Iran e usato come pretesto per la guerra. Qualcuna di queste informazioni la preoccupa, signor Presidente? Dovremmo solo ignorarle, finché queste realtà possano essere respinte fra tanti anni dai nostri figli, anche queste come storia antica?

PBO - Naturalmente queste informazioni mi preoccupano, eppure non si avvicinano ad essere altrettanto preoccupanti quanto lei qui seduto oggi a insinuare sospettosamente che si sia in qualche modo consentito che accadesse l’11/9 o che addirittura sia stato orchestrato dall’interno.

CS - Signor Presidente io non sto a insinuare sospettosamente nulla. Io sto semplicemente esponendo i documenti e faccio le domande che nessuno al potere nemmeno considera né ammette. E come ho detto prima, ho votato per lei, ho creduto nel suo messaggio di speranza e di cambiamento. Signor Presidente io sono venuto da lei specificamente sperando in un cambiamento. Un cambiamento nella percezione del fatto che il nostro governo non abbia ancora reso se stesso aperto e responsabile verso il popolo. Queste sono le sue parole Signor Presidente, non le mie. Le vite di migliaia di persone sono state brutalmente spezzate e coloro che sono rimasti a soffrire il loro dolore infinito sono con me oggi, signor Presidente. Loro sono con me nello spirito e nella carne, e il messaggio che portiamo non sarà più messo a tacere dai mantra alimentati dai media che insistono su come dovrebbero sentirsi. Decidendo per loro, per otto lunghi anni, ciò che può essere pensato, cosa può essere detto, ciò che può essere richiesto.

PBO - E io apprezzo la sua passione, apprezzo la sua convinzione. A dispetto delle sue preoccupazioni, a dispetto di ciò che i suoi dati possano o non possano rivelare, quel che lei e le famiglie devono capire e accettare è che stiamo facendo tutto il possibile per proteggervi.

CS - Signor Presidente, mi rendo conto che abbiamo pochissimo tempo, perciò mi permetta di scorrere un elenco di punti che possa illuminare alcune ragioni per le quali noi non ci aggrappiamo al caldo abbraccio della protezione federale.

PBO - Siamo arrivati a questo punto. Spari pure.

CS – La prego di tenere presente, signor Presidente, che tutto ciò che sto per dire è documentato come un dato di fatto ed è parte di una documentazione di pubblico dominio. Le informazioni che sta tenendo in mano registrano e verificano ogni punto.

PBO - Ha cinque minuti. A lei la parola. Ha campo libero. Mi renda edotto.

CS – Grazie, signor Presidente. Okay, prima cosa; Sulla lista dei principali ricercati dell’FBI Osama Bin Laden non è accusato dei crimini dell’11 settembre. Quando ho chiamato l’FBI a chiedere loro il perché di questo, mi hanno risposto: «Non ci sono prove sufficienti per collegare Bin Laden alla scena del crimine». In seguito ho scoperto che non era mai stato nemmeno mai incriminato dal Dipartimento della Giustizia

CS - Numero 2; La traduttrice dell’FBI Sibel Edmonds, è stata licenziata e le è stato imposto il silenzio dal Dipartimento della Giustizia dopo aver rivelato che il governo sapeva già di piani per attaccare le città americane utilizzando aerei come bombe agli inizi dell’aprile 2001. Nel luglio del 2009, la signora Edmonds ha violato l’ordine federale che le imponeva il silenzio e ha pubblicamente rivelato che Osama Bin Laden, al-Qa’ida e i talebani lavoravano per e con la CIA fino al giorno dell’11 settembre.

CS - Numero 3; Quella che segue è una citazione del sindaco Giuliani, durante un’intervista sull’11/9 con Peter Jennings per ABC News. «Sono andato giù sul campo e abbiamo fissato il quartier generale al n. 75 di Barkley Street, che si trovava proprio lì, con il commissario della polizia, il commissario dei vigili del fuoco, il capo della gestione delle emergenze, ed eravamo operativi fuori di lì, quando ci fu detto che il World Trade Center stava per crollare. E crollò prima che si potesse davvero uscire dal palazzo, così siamo rimasti intrappolati in un edificio per 10-15 minuti, e finalmente abbiamo trovato un